La domenica, Nonna faceva il sugo. E in ogni sugo metteva le polpette, il carré delle costole di maiale, e un grosso pezzo di controfiletto. Qualche volta metteva pure le salsicce.
Il sugo natalizio e il sugo pasquale seguivano la stessa ricetta di ogni domenica, con una sola differenza: l’aggiunta delle braciole.
Non potevo capire perché tante ricette per le braciole napoletane erano quasi identiche a quella di mia nonna siciliana. Ne ho fatto un po’ di ricerca. E ho scoperto che l’invenzione delle braciole si attribuisca al Cav. Sig. Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. Il Duca fu l’autore di un libro culinario importantissimo, Cucina Teorico-Pratica. E il momento che ho visto l’anno di pubblicazione di questo volume — 1837 — ho capito subito. Cade nettamente dentro gli anni del Regno delle Due Sicilie (1816-1861), quando l’Italia meridionale era sotto il dominio borbone, quindi francese.
Questa stessa epoca generò la cucina dei monsù. La parola “monsù” (scritta anche “monzù”) è una deformazione di monsieur. Si riferisce ai cuochi di quest’epoca, come il buon Duca, ch’erano influenzati dalla cucina francese. E molte ricette dei monsù erano similissime nel Regno di Napoli e nel Regno di Sicilia. (Un buonissimo esempio è il sartù di riso.)
Chi sapeva che questa preparazione dei miei nonni campagnoli fosse un piatto così nobile!
Non potevo capire perché tante ricette per le braciole napoletane erano quasi identiche a quella di mia nonna siciliana. Ne ho fatto un po’ di ricerca. E ho scoperto che l’invenzione delle braciole si attribuisca al Cav. Sig. Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. Il Duca fu l’autore di un libro culinario importantissimo, Cucina Teorico-Pratica. E il momento che ho visto l’anno di pubblicazione di questo volume — 1837 — ho capito subito. Cade nettamente dentro gli anni del Regno delle Due Sicilie (1816-1861), quando l’Italia meridionale era sotto il dominio borbone, quindi francese.
Questa stessa epoca generò la cucina dei monsù. La parola “monsù” (scritta anche “monzù”) è una deformazione di monsieur. Si riferisce ai cuochi di quest’epoca, come il buon Duca, ch’erano influenzati dalla cucina francese. E molte ricette dei monsù erano similissime nel Regno di Napoli e nel Regno di Sicilia. (Un buonissimo esempio è il sartù di riso.)
Chi sapeva che questa preparazione dei miei nonni campagnoli fosse un piatto così nobile!
Nonna era una persona abitudinaria. Raramente esperimentava o improvvisava nella cucina; ripeteva le stesse ricette e procedure ogni anno. Le braciole non ne facevano eccezione. Nonna usava sempre bistecche sottili del controgirello. (Anche se siano sottili, si devono battere col batticarne e la carta cerata.)
Poi, il ripieno di Nonna era sempre:
Le bistecche prima d’esser battute. |
Poi, il ripieno di Nonna era sempre:
- fette di prosciutto (o prosciutto cotto)
- fette di salame o soppressata
- fette di provolone dolce
- prezzemolo fresco
- pecorino grattugiato (Nonna non usava mai il parmigiano. Il parmigiano non faceva parte della cucina degli agricoltori meridionali di una volta.)
- uova sode
- uvette (Certe ricette dicono di farle ammorbidire in anticipo in acqua.)
- pinoli (Io preferisco i pistacchi, che sono meno cari, più deliziosi, e più siciliani! Anche se i nostri siano californiani, sono eccellenti. Li potreste dimezzare se vogliate; ve ne servono solo 6 o 12.)
- del pangrattato (non figura nelle foto)*
- un’oliva nera conservata sott’olio (In frigo, Nonna aveva sempre un barattolo di queste olive spiegazzate. Ne metterebbe una in certi piatti, e.g., la pizza, o la calzone di spinaci e manzo macinato. Io direi di provare altre olive; le kalamata e le grandi olive verdi siciliane sarebbero perfette. Ma dico questo con esitazione, poiché quest’oliva nera sott’olio era per Nonna una specie di trademark.)
* = Addendum (settembre 2016): Il mese scorso esaminai un fascicolo di vecchie ricette ingiallite. Trovai un foglietto di carta su cui avevo annotato la ricetta di mia nonna delle braciole. Avevo completamente dimenticato che io e lei l’avessimo mai discusso. Come c’era da aspettarsi, c’era più dettaglio del fissare delle braciole che c’era della loro cottura! (Lei era sarta!) Per fortuna, in questo post (che scrissi a memoria), ne ricordai tutto, tranne un solo ingrediente: lei aggiungeva un po’ di pangrattato. Certamente un tocco siciliano. Tuttavia, se l’aggiungiate, siate sicuri d’inumidirlo con un po’ di olio, di latte, di acqua … oppure una goccia di vino!
Qua confesserò di aver trovato qualche volta le braciole di Nonna un
pochissimo secche. Ho visto una ricetta che suggeriva di spalmare un po’ di strutto oppure olio d’oliva sopra la carne. Mi è venuta l’idea di fare un impasto. Ho spesso lo strutto casereccio in frigo, ma oggi no. E avevo poco prezzemolo in giardino ma abbastanza timo. Timo essendo un meraviglioso complemento al manzo, ho scelto quello. Dunque, nel robot ho messo olio, timo, pecorino, pepe nero, e ho aggiunto uno spicchio d’aglio. Un tal impasto fa miracoli in molti tipi d’involtino di carne.
Poi, ho fatto un piccolo sbaglio. Ho deciso di aggiungere pure i pistacchi al robot. L’impasto era fantastico e interessantissimo. Ma alla fine, quando mangiavo le braciole finite, non mi potevo affondare i denti nei pistacchi, che facciano un contrasto importante alle uvette dolci.
Allora, come si legano le braciole? Nella memoria mia, Nonna usava solo gli spilli d’acciaio. Comunque, mia mamma dice che prima, Nonna usasse lo spago da cucina. Non so perché cangiò metodo.
Poi, Nonna faceva rosolare le braciole. Nella padella più grande che aveva, metteva olio d’oliva, cipolla affettata, sale e pepe. (Non mettereste aglio se già ci stia nelle braciole.) A turno, lei faceva rosolare in questa padella non solo le braciole, ma tutte le carni che andavano nel sugo. Il grosso pezzo di controfiletto ... il carré delle costole di maiale ... le salsicce se le usasse (ma a volte le metteva crude direttamente nel sugo) ... e le famose polpette ...
Poi, come si diglassa questa padella, con tutti i sapori del Paradiso?
Nonna non metteva mai nè vino nè brodo nel sugo. Lei, per diglassare questa padella, metteva una scatola di 170 gr. di concentrato di pomodoro e due scatolate di acqua (c. 350 mL). Questo sughetto saporito andava nella grande pentola che già conteneva il resto del sugo.
Nonna non metteva mai nè vino nè brodo nel sugo. Lei, per diglassare questa padella, metteva una scatola di 170 gr. di concentrato di pomodoro e due scatolate di acqua (c. 350 mL). Questo sughetto saporito andava nella grande pentola che già conteneva il resto del sugo.
(Una piccola digressione sulle polpette. Mettere l’aglio o non mettere l’aglio? Se mettiate l’aglio crudo, sarebbe troppo forte. Senza nessun aglio, ci manca una piccola qualcosa. Cosa facevano i miei nonni? Quante volte sono stato testimone a questa procedura. Loro conservavano le fette di vecchio pane nel forno freddo. Dopo un paio di giorni diventavano ben rafferme. Nonno prendeva uno spicchio d’aglio nelle sue dita e strusciava l’aglio contro il pane duro. Poi, metteva questo pane aromatico nella grattugia palmare — tipo che si usa oggi per il parmigiano, eccetto che in quei tempi le grattugie fossero di acciaio. Così, faceva il pangrattato casereccio che poi si usava nelle polpette. Figuratevi il profumo!)
In totale il sugo di Nonna cuoceva per parecchie ore. Le polpette rosolate ci andavano solo 30 minuti prima della fine. Ciascuna delle altre carni avevano i loro propri tempi di cottura. Le braciole Nonna metteva un’ora prima della fine. (E a proposito, Nonna metteva il basilico solo 5 minuti prima della fine!)
A questo punto, mi devo discostare dalla cucina di Nonna, che non faceva mai le braciole separatamente da un gran sugo.
Voi sicuramente avrete opportunità di fare solo le braciole, senza un sugone. Infatti, le originali braciole ottocentesche erano così, con il loro proprio sughetto.
Voi sicuramente avrete opportunità di fare solo le braciole, senza un sugone. Infatti, le originali braciole ottocentesche erano così, con il loro proprio sughetto.
Dopo di far rosolare le braciole, diglassate la padella. Io ho usato la semplice acqua. Vino rosso sarebbe delizioso, specialmente se usiate Nero d’Avola oppure Lacryma Christi del Vesuvio. Per carità non usare Chianti o un altro vino che si scontra con la cucina meridionale. (Ironicamente, due vini dell’estremo Nord si concordano benissimo con la salsa rossa: l’audace Barbera e il mite Dolcetta d’Alba.)
Se non usiate vino, potreste usare il brodo casereccio di manzo o di maiale. Ma l’acqua funziona benissimo. E le braciole già contengono un assortimento complesso di sapori. Non esitare di usare la semplice acqua, come ho fatto io.
Alla padella diglassata, mettete i pomodori pelati che in anticipo avete già passato nel frullatore. (Non usare nè i pomodori già passati nè il concentrato.) Aggiungete un po’ di sale e pepe, ma non aggiungere mai lo zucchero al sugo. Nonna usava qualche uvetta e un pezzo di carota. Fareste bene aggiungendo un terzo ingrediente: qualche pomodoro secco al sole. (Non li ho mai visti nella cucina di Nonna, ma lei parlava nostalgicamente nei pomodori secchi al sole, che ricoprivano un ruolo importante della cucina di mamma sua. Mica potevano permettersi molta carne! Ecco uno dei vantaggi di aver sposato mio nonno macellaio!)
Fate cucinare lentamente il sughetto per un’ora. Durante la cottura, potete aggiungere un po’ d’acqua quando necessario. Ma non si aggiunge mai il vino o il brodo dopo il diglassare iniziale. Non volete sopraffare il gusto dei pomodori.
Io non ho rimosso mai le braciole dalla padella, perfino durante il diglassare; le ho fatte cucinare una mezz’ora al lato. Per una cottura più corta, potete far rosolare le braciole, rimuoverle dalla padella, diglassare la padella, far cuocere il sughetto per 30 minuti, poi tornarci le braciole e farle cuocere 15 minuti al lato. Il tempo totale di cottura rimane 60 minuti.
Come alcune ricette dei monsù (e.g., l’Agglassato), il sughetto fa un accompagnamento fenomenale alla pasta. Così, potete preparare il primo e il secondo simultaneamente. Ho fatto così io, scegliendo come pasta le campanelle. Secondo me, è la pasta perfetta per questo sughetto; non vi posso dare una ragione logica perché.
Questa ricetta è apparsa precedentemente come parte de Le Ricette delle Nonne.
Ottimo piatto Leonardo, anche io uso sempre il concentrato di pomodoro per legare, tra virgolette i sapori e soprattutto per creare la bagna per la scarpetta :-) Chi può resistere alla tentazione di ripulire il piatto con del buon pane nella salsa rossa?!!... Complimenti ed un abbraccio
RispondiEliminaGrazie di cuore, Cinzia.
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