domenica 31 marzo 2013

Casatiello!


E lu casatiello co’ li passe, e la nnoglia, addò càncaro so’ ghiute?
(Ed il casatiello con le uvette, e la salsiccia ripiena, dove cancro sono andati?)

“Tre surice dint’ a no mastrillo”
di Antonio Petito (1822-1876) 

CASATIELLO
Ricetta di Frank Fariello (MemorieDiAngelina.com)
Traduzione italiana di Leonardo Ciampa 

(Nota del traduttore: Memorie di Angelina è il miglior foodblog italoamericano. Sig. Frank Fariello è alla cucina italiana come Julia Child era per quella francese. Conosce tutte le ricette, le tecniche, e i concetti, e sa spiegarli ai cuoci americani. Mi tolgo il cappello davanti il sig. Fariello.)

Una delle mie più care memorie gastronimiche della mia gioventù era un pane che chiamavamo “Anzonga bread” (“pane di ‘anzogna’ [sugna, cioè strutto di maiale]”). I miei nonni lo compravano dal fornaio locale, nella zona italiana ove abitavano. Questi dì, purtroppo, non si vende più. I fornai italiani preferiscono vendere il “Prosciutto bread”; suppongo che lo credano di essere più fancy e vendibile. Peccato: non è per niente delizioso uguale.

Più tardi nella vita, mi sono reso conto che è un parente, forse non tanto alla lontana, del pane napoletano, preparato con lo strutto e i cicoli di maiale, chiamato Tortano con i cicoli. Apparteneva alla famiglia di pani, arricchiti dello strutto e a forma di anello, comune alla cucina napoletana.

Forse il più famoso ne è il Casatiello, preparato nel tempo pasquale, che si distingue dai suoi “fratelli” a cause delle uova, sovrapposte e guarnite con le croci di pasta. Il Casatiello si riempie con un assortimento di salumi e formaggi (la selezione particolare si varie da ricetta a ricetta) e si cuoce in forno finché dorato. Servito come antipasto del pranzo pasquale, gli avanzi sono anche più buoni, facendo parte del picnic del Lunedì di Pasqua.

Ingredients (per un Casatiello grande)
Per la pasta:
500g farina
100g strutto
1 cucchiaino lievito
sale e pepe
acqua, q.b.
100g parmigiano, frescamente grattugiato (facoltativo)
Per il ripieno:
250-500g salumi e formaggi misti (io salame, pancetta, provolone, ed Emmenthal*)
[* = Anche Jeanne Caròla Francesconi, decana della cucina napoletana, suggerisce lo svizzero qua. -- L.C.]
Per la guarnizione:
5 uova intere

Preparazione
Prendete il vostro mixer, montare la pagaia, e mescolate insieme la farina, strutto, sale e pepe (e il parmigiano se si utilizzi). Aggiuntete un filo d’acqua, poco a poco, sufficiente per ottenere un impasto umido, di solito circa 1/2 quanto la farina di volume. Cambiate la pagaia per il gancio, e lavorate la pasta alla più bassa velocità per circa 5 minuti. 

Trasferite la pasta umida dalla ciotola a una superficie ben infarinata. Con le mani ben infarinate, formate la pasta in una palla liscia e mettetela in una ciotola unta.
Coprite la ciotola con un canovaccio, e fate lievitare la pasta per almeno due ore, finché si raddoppia. (Se vogliate, potreste farla anche a più lungo.)
Mentre lievita la pasta, tagliate i salumi e i formaggi a cubetti, e mescolateli in una ciotola. Mettete aparte finché vi serve.
Dopo la pasta si lievita, battetela giù col pugno, e trasferitela a una supercie ben infarinata. Mettetene a parte una manata, per fare le croci eventualmente. Con le mani appiattite il resto della pasta a forma rettangolare, c. 1 cm di spessore. (Potreste usare un mattarello se vogliate, ma la pasta è abbastanza morbida che potete usare le mani senza problema.)
Spargete il ripieno uniformemente sopra la pasta.
Delicatamente arrotolate sù il rettangolo, tanto stretto come possibile, a forma di un torpedo lungo, poi curvatelo così:
Prendete il "torpedo curvato" e ponetelo in un grande stampo a ciambella. Portate insieme le due estremità e pizzicatele insieme. Coprite con un canovaccio e fatelo lievitare di nuovo, per due ore circa, finché si raddoppia di nuovo.
Annidate le uova sulla cima della pasta a distanze uguali. Prendete la manata di pasta che avevate messa a parte, e tagliatela a dieci strisce. Fate una croce sopra ciascun uovo.
Preriscaldate il forno a 180C. Ponete lo stampo nel forno e fatelo cuocere per circa un’ora, magari un po’ in più, finché la cima è ben dorata. (Verso la fine potreste elevare la temperatura a 200, se troviate che non si rosoli abbastanza.)
Togliete lo stampo dal forno, rimuovete il Casatiello, e fatelo riposare su una restrelliera. Servitelo tiepido o a temperatura ambiente.

martedì 26 marzo 2013

Fettuccine Modica (English version)


Like the previous recipe, this dish would work well for a simple Good Friday dinner.


Today I received a message from my dear cousin, Anthony (Warning! You’re about to hear a very Sicilian name.) Modica.

What a majestic name, Modica! Even if the family came from Mineo (province of Catania), in ages past they must have originated from the beautiful town of Modica.

Cousin Anthony wrote to me asking if I knew of a Sicilian dish comprised of linguine, orange (the rind, I assume), cinnamon, and breadcrumbs.

This question struck me as a coincidence.  In the previous post, only a couple of days ago, I posted a recipe that paired these two flavors, utilizing a jar, from Sciacca, of Sicilian sea salt infused with orange and cinnamon.  Meanwhile, spaghetti al pangrattato (spaghetti with breadcrumbs) is a renowned Southern Italian peasant dish.  And tonight I was already in the mood to open my little can of anchovies rolled with capers.

With immense pleasure, I have created this recipe, affectionately dedicated to the Modica family.

Ingredients

500 gr fettuccine (or linguine), Poiatti brand if possible
Sicilian sea salt
a little piece of a cinnamon stick
orange rind
Sicilian extra-virgin olive oil
homemade breadcrumbs
2 or 3 garlic cloves, chopped (NOT pressed)
55 gr anchovies rolled with capers (7 or 8)
fresh-ground black pepper

Preparation

Heat the oil in a large frying pan on medium heat.  Add the breadcrumbs and toast them till golden.  (It won't take very long.) Ten seconds before shutting off the heat, add the garlic.  Remove the pan from the heat, add the anchovies, capers, and pepper, and put the pan aside.

Boil a large pan of water.  Add the sea salt, orange rind, and cinnamon.  When it reaches a boil, add the fettuccine.  Before straining the pasta, remove 1 C of the cooking liquid (fragrant with the orange and cinnamon) and add it to the frying pan.  Strain the pasta and add it to the frying pan.  Drizzle with oil.  (When you cook, always use the minimum oil that is necessary, and add more oil at the end.  Uncooked oil is healthier and more delicious.)

Don't add grated cheese, which you shouldn't use with fish.

The subtle flavor of the cinnamon will give a wonderful earthy taste. (Remember that cinnamon is a tree bark.) With the bright citrus taste, it will make a fabulous pair of flavors.  The taste of the rolled anchovies will also be subtle, once it is spread throughout a whole pound of pasta.

Serve with Insolia, one of the most marvelous white wines in Sicily, and in all of Italy.

ADDENDUM (3 June 2020):
Today, quite by accident, I discovered the recipe that my dear cousin was talking about seven years ago: Pasta co’ meli, a dish consisting of spaghetti, toasted almonds, toasted breadcrumbs, honey, cinnamon, and orange rind. The dish comes from Butera, a town in central-southern Sicily. It is a traditional dish on the Feast of St. Joseph (March 19). All the recipes I found call for spaghetti, not linguine.

Fettuccine Modica (versione italiana)


Come la ricetta precedente, questo piatto andrebbe bene per una cena semplice del Venerdì Santo.



Oggi ho ricevuto un messaggio da mio caro cugino, Antonio (Attenzione! Si sta per sentire un nome sicilianissimo!) Modica.

Che grandioso nome, Modica! Anche se la famiglia proviene da Mineo (CT), anticamente questi mineoli furono indubbiamente modicani.

Cugino Antonio mi ha scritto per domandarmi se io conoscessi un piatto siciliano che si compone di linguine, arancia (la scorza, presumo), cannella, e pangrattato.

Questa domanda mi colpì come una coincidenza.  Nel post precedente, solo un paio di giorni fa, ho pubblicato una ricetta che abbinava questi due sapori, utilizzando un vaso sciacchitano di sale marino siciliano infuso d’arancia e di cannella.  Nel frattempo, gli spaghetti al pangrattato è un rinomato piatto povero meridionale.  E stasera ero già in vena di aprire la mia scatoluccia di acciughe rotolate con capperi. 

Con immenso piacere, ho creato questa ricetta, dedicata con affetto alla famiglia Modica.

Ingredienti

500 gr fettuccine (oppure linguine), la marca Poiatti se possibile
sale marino siciliano
un pezzettino di un bastoncino di cannella
scorza d’arancia
olio d’oliva extravergine siciliano
pangrattato casereccio
2 o 3 spicchi d’aglio, tagliati finemente
55 gr acciughe rotolate con capperi (7 o 8)
pepe nero frescamente macinato

Preparazione

Scaldate l’olio in una grande padella su media fiamma. Aggiungete il pangrattato e fatelo cucinare finché leggermente dorato. (Ci vorrà poco tempo.) Dieci secondi prima di spegnere, aggiungete l’aglio. Rimuovete la padella dalla fiamma.  Aggiungete le acciughe e capperi e qualche macinata di pepe. Mettete a parte.

Fate bollire una grande pentola d’acqua. Aggiungete il sale marino, scorza d’arancia, e cannella.  Quando raggiunge l’ebollizione, aggiungete le fettuccine.  Prima di scolare la pasta, rimuovete 1 tazza dell’acqua della pasta (fragrante dell’arancia e della cannella) e aggiungetela alla padella. Scolate la pasta e aggiungetela alla padella. Aggiungete un altro filo d’olio. (Quando cucinate, sempre usare il minimo d’olio necessario, e aggiungete più olio alla fine. L’olio non cotto è più sano e più delizioso.)

Non aggiungere il formaggio grattugiato, che non si mette col pesce.

Il gusto sottile della cannella darà un sapore meraviglioso di terra.  (Ricordatevi che la cannella è la corteccia di un albero.)  Col sapore chiaro di agrumi, farà un paio favoloso di gusti.  Anche il sapore delle acciughe rotolate sarà sottile, appena diffuso attraverso un mezzo chilo della pasta. 

Servite con Insolia, uno dei vini bianchi più meravigliosi della Sicilia, e di tutta l’Italia.

ADDENDUM (3 giugno 2020):
Oggi, proprio per caso, ho scoperto la ricetta di cui parlava mio caro cugino sette anni fa: Pasta co’ meli, un piatto composto da spaghetti, mandorle tostate, pangrattato tostato, miele, cannella e scorza d’arancia. Il piatto proviene da Butera, un comune della Sicilia centro-meridionale. È un piatto tradizionale per la festa di San Giuseppe (19 marzo). Tutte le ricette che ho trovato richiedono spaghetti, non linguine.

domenica 24 marzo 2013

Anelletti con tonno, capperi, e scorza di arancia


Un primo semplice per la cena di Venerdì Santo. 

Ingredienti

Poiatti Anelli d’Africa
500 gr Anelletti, alias Anelli d’Africa (io Poiatti)
sale marino siciliano (io Villa Reale, già insaporito di cannella e d’arancia)
un pezzettino di un bastoncino di cannella
scorza d’arancia (pezzo intero)
scorza d’arancia (grattugiato)
180 gr tonno italiano, in olio d’oliva, ben sciolto (io un patè di tonno e arancia, da Villa Reale)
125 mL capperi (io Villa Reale), sciacquati benissimo
olio d’oliva extravergine (io San Comaio, ma un olio siciliano ovviamente va bene!)
15 gr burro
pepe nero frescamente macinato

Preparazione

In una ciotola, agitate bene il tonno, l’olio della scatola oppure dell’olio nuovo, e la scorza grattugiata.  (Io usavo un patè, dalla ditta sciacchitana Villa Reale, di tonno ed arancia.)

Nella pentola, a 5 L circa di acqua, aggiungete il sale marino, cannella, e scorza d’arancia (io solo il sale già insaporito). Aggiungete gli anelli.  Quando l’acqua torna all’ebollizione, impostate il timer per 15 minuti. Mentre cuoce la pasta, abbiate gli altri ingredienti appresso.  Quando il timer si spegne, assaggiate un anello. (Il tempo di cottura per gli anelletti è 15/20 minuti.)

Quando è pronta la pasta, conservate 250 mL dell’acqua di cottura (che avrà i meravigliosi sapori dell’arancia e della cannella!). Scollate gli anelletti.  Subito aggiungete il burro alla pentola. Tornate la pasta alla pentola e aggiungete tutto il resto degli ingredienti. Mescolate bene, e buon appetito!

Nota bene: NON aggiungere altro sale. E non aggiungere il formaggio grattugiato, che non si usa col pesce.

mercoledì 20 marzo 2013

Oggi nella storia: Vesuvio & Gigli!

BUON COMPLEANNO, BENIAMINO GIGLI!

Figuratevi che sullo stesso giorno del 1890, nacquero il più grande tenore italiano dell’epoca e il più grande tenore wagneriano dell’epoca!  (Sì, nacque anche Lauritz Melchior il 20 marzo 1890.)


Il 20 marzo 1944 vide un’eruzione spettacolare del Vesuvio, durante la Seconda Guerra Mondiale. Norman Lewis, Sergente della Sicurezza del Campo per l’esercito britannico, la descrive per noi in Naples ’44: A World War II Diary Of Occupied Italy.
Al tempo del mio arrivo [22 marzo], la lava si stava inoltrando tranquillamente lungo la strada principale, e ad una cinquantina di metri dal margine di questo cumulo di scorie che lentamente avanzava, una folla di diverse centinaia di persone, in gran parte vestite di nero, pregava inginocchiata. Vessilli santi e immagini ecclesiastiche si tenevano in alto, e accoliti dondolavano gli incensieri e spruzzavano acqua benedetta in direzione delle scorie. Di tanto in tanto un cittadino, impazzito di dolore, prenderebbe uno dei vessilli e si precipiterebbe verso la parete di lava, scuotendoli con rabbia, come per parare gli spiriti maligni dell'eruzione. Lo spettacolo dell'eruzione era totalmente inaspettato. Mi era stato preparato per i fiumi di fuoco, ma non c'era il fuoco e nessun incendio ovunque — solo il soffocamento lento e ponderato della città sotto milioni di tonnellate di scorie. La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all'ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall'edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L'intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch'esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch'esso crollò.

Su tutte le statue che affrontavano la lava dominava in tutti i sensi, per dimensioni, per numero di persone che reggevano la piattaforma, quella dello stesso San Sebastiano[.]
E ora, un’eruzione di beltà. Beniamino Gigli canta “Donna non vidi mai” da Manon Lescaut di Giacomo Puccini (incisione dal 1926).


Donna non vidi mai, simile a questa!
A dirle: “Io t’amo,”
a nuova vita l’alma mia si desta.
“Manon Lescaut mi chiamo!”
Come queste parole profumate
mi vagan nello spirto
e ascose fibre vanno a carezzare.
O sussurro gentil,
deh! non cessare!

Today in history: Vesuvius & Gigli!

HAPPY BIRTHDAY, BENIAMINO GIGLI!

Imagine that on the very same day in 1890 were born the greatest Italian tenor of his time and the greatest Wagnerian tenor of his time! (Yes, Lauritz Melchior was also born on March 20, 1890.)


March 20, 1944, saw a spectacular eruption of Mt. Vesuvius, during the Second World War. Norman Lewis, a Field Security sergeant for the British army, describes it for us in Naples ’44: A World War II Diary Of Occupied Italy.
At the time of my arrival [March 22] the lava was pushing its way very quietly down the main street, and about fifty yards from the edge of this great, slowly-shifting slagheap, a crowd of several hundred people, mostly in black, knelt in prayer. Holy banners and church images were held aloft, and acolytes swung censers and sprinkled holy water in the direction of the cinders. Occasionally a grief-crazed citizen would grab one of the banners and dash towards the wall of lava, shaking it angrily as if to warn off the malignant spirits of the eruption. The spectacle of the eruption was totally unexpected. I had been prepared for rivers of fire, but there was no fire and no burning anywhere – only the slow, deliberate suffocation of the town under millions of tons of clinkers. The lava was moving at a rate of only a few yards an hour, and it had covered half the town to a depth of perhaps thirty feet. A complete, undamaged cupola of a church, severed from the submerged building, jogged slowly towards us on its bed of cinders. The whole process was strangely quiet. The black slagheap shook, trembled and jerked a little and cinders rattled down its slope. A house cautiously encircled and then overwhelmed, disappeared from sight intact, and a faint, distant grinding sound followed as the lava began its digestion. As I watched, a tall building housing what was clearly the town’s smart café took the pressure of the lava’s movement. For perhaps fifteen or twenty minutes it resisted, then the juddering, trembling spasm of the lava seemed to pass into its fabric, and it, too, began to tremble, before its walls bulged and it went down.

Dominant in every way, for sheer size, and the number of persons supporting the platform of the images confronting the eruption, was that of San Sebastiano himself[.]
And now, an eruption of beauty.  Beniamino Gigli sings "Donna non vidi mai" from Giacomo Puccini's Manon Lescaut (recorded in 1926).

Donna non vidi mai, simile a questa!
A dirle: “Io t’amo,”
a nuova vita l’alma mia si desta.
“Manon Lescaut mi chiamo!”
Come queste parole profumate
mi vagan nello spirto
e ascose fibre vanno a carezzare.
O sussurro gentil,
deh! non cessare!
A woman like this I have never seen!
Saying to her, "I love you,"
my soul awakens to a new life.
"My name is Manon Lescaut!"
How these fragrant words
wander in my soul
and caress hidden fibers.
O kind whisper,
ah, do not cease!

domenica 17 marzo 2013

Un momento di poesia siciliana / A moment of Sicilian poetry

LU SURCI E LU RIZZU
di Giovanni Meli (1740-1815)


Facìa friddu, ed un surci ’ngriddutizzu
mentri sta tra la tana’ ncrafucchiatu,
senti a la porta lamintari un rizzu
chi ci dumanna alloggiu, umiliatu:

“Jeu,” dici, “un vogghiu lettu, né capizzu;
mi contentu di un angulu, o di un latu.
O mi mettu a li pedi ’mpizzu ’mpizzu,
basta chi sia da l’aria riparatu.”

Lu surci era bon cori, e spissu tocca
A li bon cori agghiùttiri cutugna;
su’ assai l’ingrati, chi scuva la ciocca!

Trasi lu rizzu, e tantu si cc’incugna
Chi pri li spini lu surci tarocca,
e dispiratu da la tana scugna:

e di cchiù lu rampugna
l’usurpaturi, e jia gridannu ancora:
“Cui punciri si senti nèscia fora”.

Dalla raccolta “Favuli Morali”
      THE MOUSE AND THE HEDGEHOG
by Giovanni Meli (1740-1815)

It was cold, and a mouse, freezing,

while crouching in his lair, 
heard a hedgehog, complaining at the door, 
humbly asking for lodging.

“I want neither a bed nor a cushion,” he said;
“I would be content with a corner,  or an edge,
 or I’ll just stay on my tiptoes —
 so long as I am sheltered from the cold air outside.” 

The mouse had a good heart, and often 
he who has a good heart has to swallow quinces (bitter pills); 
many are the ungrateful that the hen hatches!

The hedgehog enters, and he approaches him.
Because of his spikes, the mouse bursts out in tears.
Desperate, he is chased out of the den.

And what’s more, the usurper 
rebukes him, shouting, 
“Whoever feels the sting, get out!” 

From the collection “Favuli Morali.”

Momumento a Giovanni Meli, al Palazzo Pretorio (Piazza Pretorio, vicino ai Quattro Canti), Palermo.
Giovanni Meli monument, at the Pretorio Palace (located in Piazza Pretorio, near the Quattro Canti), Palermo.
Photo: Wikipedia


mercoledì 13 marzo 2013

European Sea Bass in Parchment

(Per la versione italiana di questo post, cliccate qua: http://losfiziogoloso.blogspot.com/2011/03/branzino-al-cartoccio.html)

Of the many Italian foodblogs that I read regularly, one of my favorites is the wonderfully titled Lo Sfizio Goloso ("The Gluttonous Whim") by Serena Comacchio.  This is a wonderful recipe, and it fills a void on Pensieri Meridionali, which at present contains very few seafood recipes.

Note that it is much easier to replicate a meat recipe than a fish recipe.  Invariably, sea creatures that are common in America are rare in Europe, and vice versa.  (Would you believe, for instance, that scallops are very rare in Italy?)
European sea bass (Latin Dicentrarchus labrax, Northern Italian branzino, Southern Italian spigola)
Photo: Wikipedia
The European sea bass (called branzino in Northern Italy, spigola in Southern Italy) does not exist in America.  On the Atlantic coast there is the Black sea bass (Centropristis striata), on the Pacific coast the White sea bass (Atractoscion nobilis).  Note, however, that these are different families of bass.


Branzino (Spigola) al Cartoccio
European Sea Bass in Parchment

I adore this recipe, which my mother passed onto me.  It was written in a little, old notebook with yellowed pages ... the typical personal cookbook that you save for years with much care and a little  jealousy.  

What do you say, shall we try it together?

Ingredients for 2 people:
  • 2 sea bass
  • 1 medium-size tomato
  • 1 lemon
  • extra-virgin olive oil
  • white wine
  • garlic
  • rosemary
  • bay leaves
  • oregano
  • salt
Preparation

Heat the oven to 350°.

Clean the fish, taking out the entrails (or, have the fish vendor do it for you and save time), and run water over the inside of the belly, to get rid of any residue.  

Open the belly of the fish and put a little salt, rosemary, bay leaves, and one garlic clove, halved (one half per fish).   

Grease two pieces of parchment paper with the olive oil, and carefully place the fish on top (one piece of paper per fish). Drizzle with a little olive oil, and add a pinch of salt.


Thinly slice the lemon and tomato, and arrange the slices over the fish.  (You decide the quantity.)  Put another bit of rosemary and some oregano, and pour white wine on top. 



Carefully seal the parchment paper, as in the photo, and bake the fish for 15-20 minutes. 


When the fish have finished cooking, take them out of the oven, bone them, and serve, perhaps accompanied by mashed potatoes or a mixed salad. 

Buon appetito!

lunedì 11 marzo 2013

Olli "Napoli": the Ultimate Salame

Photo: www.olli.com
Today, I made an extraordinary culinary discovery: a salame, made here in the US, that not only surpasses any other domestic salame that I've tried, but rivals the salami imported from Italy. 

That may seem like a large claim, but there are two reasons why it is credible:

(1) The company uses 160-year-old recipes and techniques of its founder, Oliviero "Olli" Colmignoli.

(2) Understand that any cold cuts that are allowed to enter the US must, alas, contain a certain amount of chemicals. Otherwise, the FDA would not allow them into this country.  Italian companies like Beretta, wonderful as they are, cannot export as pure a product as Olli offers.

Olli seeks to use the best available pigs in America. They are humanely raised. They are vegetarian. They are antibiotic-free. And the meat is slow-cured at very low temperatures which never exceed 72º F.

The word that came to mind when I first bit into this "Napoli" salame was balance.  The subtle smokiness (the salame is applewood-smoked), the wine (Sangiovese), the peppercorns, and the fennel are an ideal quartet of flavors.  There is no such thing as "perfect"; but this salame comes dangerously close.

Could I take issue with the name "Napoli"?  Sure.  Apple trees are not plentiful in warm Naples, where salami are smoked with chestnut wood, sometimes with the addition of hay for extra flavor.  If Neapolitans added wine to their salami, it certainly would not have been a Tuscan Sangiovese. And it is curious that the company recommends pairing Napoli not with Caciocavallo or Scamorza, but Taleggio, a famous soft cheese from the Alps!

But the name is the only criticism that could fairly be made of this outrageously delicious salame. There are good products, and there are products that improve the quality of your gastronomical life. Olli's salami fall in the latter category.

Olli™ Salumeria
Mechanicsville, Virginia
1-877-OLLI-YES

domenica 10 marzo 2013

Pork chops with juniper sauce


Photo: Wikipedia (all other photos by L.C.)
Juniper.  I had never cooked with this prized berry.  Curiosity was mounting.

I saw a classic episode of Columbo, “Murder Under Glass” (1978), with the incomparable Peter Falk and two great costars, Louis Jourdan (“Three Coins in the Fountain”) and Michael V. Gazzo (“The Godfather”).  Jourdan plays a famous food critic, who tastes a dish by an accomplished Italian chef (played by Gazzo).  Jourdan lists the ingredients — including juniper.

It turns out that in fact I did already know the flavor of juniper — the principal ingredient in gin! (The word “gin” comes from ginièvre, the French word for juniper.)

That notwithstanding, I was dying to cook something with juniper.  Today was the day!

Ingredients

1 lb (c. 3) pork chops, center cut
corn starch
butter
extra-virgin olive oil
1 C red wine
1 C blood orange juice (or normal orange juice)
blood orange peel (or normal orange peel)
1 small onion, sliced
2 garlic cloves, halved
freshly-ground black pepper
salt
juniper berries (Coarsely crush them with a mortar and pestle, or put the berries in a little plastic bag and beat them with a mallet.)

Preparation

There are a few variables in this basic recipe.  You can use pork chops with or without the bone. For the grill you can use thick chops, for the frying pan thinner ones.  If they are boneless, you can pound the chops, or butterfly them and then pound them.

In a large bowl, combine all the ingredients except the first three.  This will be the marinade.  Place the cutlets in the bowl.  Marinate them in the fridge — a few hours if the chops are thin, many hours if thick. (My chops had been in the freezer; I defrosted and marinated them at the same time!)

Remove the chops from the marinade.  If you do them on the grill, do them in the normal way.  If you fry them: In a frying pan, heat the oil (not too much — there's already some in the marinade).  Add some butter.  Fry the chops — if butterflied, 2 minutes per side; if normal, 5 minutes per side. (I pounded them but didn't butterfly them.) Remove the chops from the pan.  Without lowering the flame, add the marinade to the pan.  Reduce it a little.  Lower the flame, put the chops back into the pan, cover, and on very low heat let the flavors blend for several minutes.

Remove the chops from the pan.  In a blender, or with a hand blender, purée the sauce with some corn starch. And buon appetito!

 
 

Costolette di maiale al ginepro

Foto: Wikipedia (Tutte le altre foto sono di L.C.)
Ginepro. Non avevo mai cucinato con questa pregiata bacca. La curiosità se ne accumulava.

Ho visto una puntata classica di Columbo, “Murder Under Glass” (1978), coll’incomparabile Peter Falk e i grandissimi coprotagonisti Louis Jourdan (“Tre Soldi Nella Fontana”) e Michael V. Gazzo (“Il Padrino”).  Jourdan recita la parte di un famoso critico gastronomico, che assaggia un piatto di un bravo cuoco italiano (recitato da Gazzo). Jourdan ne elenca gli ingredienti — incluso il ginepro.

Risulta che infatti conoscevo già il sapore del ginepro — il gusto principale del gin!  (La parola gin viene dalla francese ginièvre, ginepro.)

Ciononostante, morivo dalla voglia di cucinare qualcosa con il ginepro.  Oggi ne è stato il giorno!

Ingredienti

⅓ kg (1 lb) costolette di maiale (c. 3), dal centro della lonza
amido di mais
burro
olio d’oliva extravergine
1 bicchier di vino rosso
1 bicchier di succo d’arancia rossa (oppure d’arancia normale)
scorza d’arancia rossa (oppure d’arancia normale)
1 cipolla piccola, tagliata
2 spicchi d’aglio, dimezzati
pepe nero, frescamente macinato
sale
bacche di ginepro (Schiacciatele grossolanamente con pestello e mortaio, oppure mettete le bacche in un sacchettino di plastica e battetele con una mazzuola.)

Preparazione

Ci sono dei fattori variabili in questa ricetta base. Potete usare le costolette con l’osso o senza l’osso. Per la griglia potete usare le costolette spesse, per la padella quelle più sottili.  Se siano senza l’osso, potiate battere le costolette, oppure aprirle a ventaglio e poi batterle.

In una grande ciotola, combinate tutti gli ingredienti tranne i primi tre.  Questa sarà la marinatura.  Ponete le costolette nella ciotola.  Fatele marinare nel frigo — alcune ore se le costolette siano sottili, molte ore se siano spesse.  (Le costolette mie erano state nel freezer; le ho fatte scongelare e marinare allo stesso tempo!)

Rimuovete le costolette dalla marinatura.  Se le facciate sulla griglia, le fareste nella maniera normale.  Se le facciate soffriggere:  In una padella fate scaldare dell’olio (non troppo — già ce ne sta nella marinatura). Aggiungete del burro.  Fate soffriggere le costolette — se aperte a ventaglio, 2 minuti al lato; se normale, 5 minuti al lato.  (Io le ho battute senza aprirle.)  Rimuovete le costolette dalla padella.  Senza abbassare la fiamma, aggiungete la marinatura alla padella.  Riducetela un po’.  Abbassate la fiamma, tornate le costolette nella padella, coprite, e a fiamma bassa fate amalgamare tutti i sapori per qualche minuto.

Rimuovete le costolette dalla padella.  In un fruttatore oppure con un minipimer, fate frullare il sugo con dell’amido di mais. E buon appetito!
 
 

giovedì 7 marzo 2013

Today in history ...

Today marks the 350th anniversary of the birth of the Bolognese composer and violinist, Tomaso Antonio Vitali. His most famous work is the Chaconne in G minor. Here is a stupendous interpretation of it by the legendary Jascha Heifetz, accompanied by the great American organist Richard Ellsasser (recorded August 4, 1950, at Bridges Hall, Pomona College, Claremont, CA.)

Oggi nella storia ...

Oggi segna il 350esimo anniversario della nascita del compositore e violinista bolognese, Tomaso Antonio Vitali.  La sua opera più famosa è la Ciacona in Sol Minore.  Ne ascolterete una stupenda interpretazione dal leggendario Jascha Heifetz, accompagnato dal grande organista americano Richard Ellsasser (inciso 4 agosto 1950 a Bridges Hall, Pomona College, Claremont, CA).

lunedì 4 marzo 2013

Corso intensivo dell'aceto casereccio

Dal sole all’uva

S’inizia col processo miracoloso della fotosintesi. Il sole crea lo zucchero dentro la frutta e le verdure. Il più forte il sole (e.g. nella Sicilia), la quantità più alta dello zucchero. (Perciò i vini siciliani sono così forti.)

Dall’uva al vino

Per millenni, la gente credeva che la fermentazione accadesse quando lo zucchero si decomponeva. Pasteur fu la prima persona a dire che lo zucchero non si decompone; c’entra un secondo elemento: il lievito.

Nelle giuste condizioni climatiche, vivono i batteri e i funghi “buoni” — ragione per cui tutti gli altoatesini fanno lo Speck nella cantina, e nessuno muore. È anche la ragione per cui i nostri antenati bevevano vino senza morire. Il lievito vive già sulle bucce dell’uva. Ecco perché le bucce di uva, mele, mirtilli, ecc. sono torbide: quella torbidità è lievito! (Tuttavia, i vinificatori non farebbero mai affidamento su quel lievito; lavano bene l’uva e aggiungono un lievito specifico di cui si fidano.)

Il lievito si unisce allo zucchero. (Questo zucchero ha un nome sporco, malvagio, orribile: carboidrati!) Quest’unione fra il lievito e i carb produce due cose: l’anidride carbonica e l’etanolo (l’alcool potabile). Voilà, la fermentazione!

Una cosa molto interessante: Nella panificazione, il CO2 fa lievitare l’impasto, e l’alcool evapora nel forno. Nella vinificazione, il risultato è l’inverso: l’alcool rimane, e il CO2 scappa. Se invece si vuole impedire la fuoriuscita del CO2 e mantenerla nel vino, si ottiene ... lo spumante! (Figuratevi: una bottiglia di champagne da 750 mL a 20ºC contiene 49.000.000 di bollicine!)

Dal vino all’aceto

Facciamo grandi sforzi per proteggere il vino dall’ossigeno. C’è una buonissima ragione per questo.

Sopra ho spiegato il miracoloso processo chimico per passare dallo zucchero e il lievito al vino. Per passare dal vino all’aceto è un altro miracolo. Nell’aria che respiriamo, ci sono già batteri e funghi. Non dovete cercarli — loro vi trovano! Per esempio, la muffa: lasciate un frutto sul banco da cucina, e la muffa la trova. È la stessa cosa con molti “buoni” batteri.

Un genere di questi batteri si chiama l’Acetobacter. Tutte le specie di Acetobacter possiedono la capacità di trasformare etanolo in acido acetico in presenza di ossigeno. In altre parole: esponete il vino all’aria, e i buoni batteri trasformano l’alcool in aceto.

L’aceto casereccio

Fare l’aceto in casa è molto semplice.

Quando aprite una bottiglia di vino e ne bevete la maggior parte, ma ne rimane un po’, versate il vino avanzato in una bottiglia di aceto di vino dello stesso colore. Continuate a farlo. Alla fine, il vino diventerà aceto.

Ma quanto tempo ci vuole? A secondo del rapporto fra aceto e vino, ci vogliono molti mesi per ottenere l’aceto. Come si può accelerare il processo?

L’ossigeno, che nel vino non volevate, nell’aceto volete. Potete tenere allentato il tappo. Potete eliminare il tappo e coprite la bottiglia con un pezzo di stamigna e un elastico. Potete far entrare anche più ossigeno usando un contenitore a bocca larga. Il contenitore può essere di vetro, di acciaio inox, o di ceramica — ma non di plastica. Coprite l’apertura con la stamigna e un elastico, oppure con un canovaccio sottile. (Ovviamente, la copertura serve a tenere a bada i moscerini della frutta.) Mettete il contenitore in un luogo buio (ma non freddo; il calore accelera il processo).

Aggiungere più aceto al vino ovviamente accelera il processo.

Potete accelerare considerevolmente il processo aggiungendo uno “starter” batterico che si chiama “madre di aceto.” Questa lievito madre funziona nello stesso modo del lievito naturale nella preparazione del pane a lievitazione naturale: combinate la farina e l’acqua, aggiungete la madre, aspettate qualche giorno, l’impasto lievita, poi ne conservate un pezzettino, che diventa la madre per il prossimo impasto. Potete continuare questo processo per anni, anche per decenni. Con l’aceto il concetto è lo stesso (anche se il lievito è un fungo, e il madre di aceto è un batterio).

Se dopo un po’ di tempo vedete la formazione di uno strato grigiastro o rosaceo in alto, è normale. Questo strato è la “madre,” la cellulosa prodotta dai batteri. Non appena tutto l’alcool si trasformerà in acido acetico, i batteri avranno completato il loro lavoro. Potete filtrare l’aceto con un filtro da caffè (non sbiancato). Ma se invece conserviate intenzionalmente la madre, potreste usarla come lo starter per il prossimo aceto, continuando il processo per molti anni.

Non perdere il coraggio!

Se tutta questa parlata di batteri e funghi vi faccia debole di cuore, non temere! Potete semplicemente aggiungere il vino avanzato all’aceto dello stesso colore e il gioco è fatto. Non sarà abbastanza acido per l’insalata, ma per cucina sarà ottimo!  

   From the sun to the grape

It begins with the miraculous process of photosynthesis.  The sun creates sugar inside fruits and vegetables.  The stronger the sun (e.g., in Sicily), the higher the quantity of sugar.  (That's why Sicilian wines are so strong.)

From the grape to wine

For millennia, people thought that fermentation occurred when sugar decomposed.  Pasteur was the first person to say that sugar does not decompose; there is a second element involved: yeast.

Under the right climatic conditions, "good" bacteria and fungi live — which is the reason why all the people in Alto Adige make Speck in their basment, and no one dies.  It's also the reason that our ancestors drank wine without dying.  Yeast already lives on the skins of grapes. That's why the skins of grapes, apples, blueberries, etc. are cloudy: that cloudiness is yeast!  (However, winemakers would never rely upon that yeast; they wash the grapes well and add a specific yeast that they trust.)

The yeast unites with the sugar.  (This sugar has a dirty, evil, horrible name: carbohydrates!)  This union between the yeast and the carbs produces two things: carbon dioxide and ethanol (the drinkable alcohol).  Voilà, fermentation!

This is very interesting: In breakmaking, the CO2 makes the dough rise, and the alcohol evaporates in the oven.  In winemaking, the result is the opposite: the alcohol remains, and the CO2 escapes. If instead you want to prevent the escape of the CO2 and keep it in the wine, you end up with ... sparkling wine!  (Just imagine: a 750 mL bottle of champagne at 68ºF contains 49,000,000 bubbles!)

From wine to vinegar

We go to great pains to protect wine from oxygen.  There is a very good reason for this.

Above I explained the miraculous chemical process of going from sugar and yeast to wine.  To go from wine to vinegar is another miracle.  In the air that we breath, there are already bacteria and fungi.  You don't have to search for them — they find you!  For example, mold: leave a fruit on the counter, and the mold finds it.  It's the same thing with many "good" bacteria.

A genus of these bacteria is called Acetobacter.  All of the species of Acetobacter have the capacity of transforming ethanol to acetic acid in the presence of oxygen.  In other words: expose wine to air, and good bacteria turn the alcohol into vinegar.

Homemade vinegar

To make homemade vinegar is very simple. 

When you open a bottle of wine and you drink most of it, but there's a little left over, pour the leftover wine into a bottle of wine vinegar of the same color.  Keep doing that. Eventually, the wine will become vinegar.

But how long does it take?  Depending on the ratio of vinegar and wine, it takes many months to obtain vinegar.  How can one accelerate the process?

Oxygen, which in wine you didn't want, in vinegar you do want.  You can keep the cap loose.  You can eliminate the cap and cover the bottle with a piece of cheesecloth and an elastic.  You can let in even more oxygen if you use a wide-mouthed container – either glass, stainless steel, or ceramic, but not plastic.  Cover the opening with cheesecloth and an elastic, or with a thin dishtowel.  (Obviously, the covering is to keep fruit flies away.)  Put the container in a dark place (but not a cold one; warmth accelerates the process).

Adding more vinegar to the wine obviously accelerates the process.

You can accelerate the process considerably if you add a bacterial starter which is called "vinegar  starter" or "mother of vinegar." This starter works in the same way as sourdough yeast: you combine the flour and water, wait a few days, the sourdough rises, then you save a little piece of it, which becomes the starter for the subsequent dough.  You can continue this process for years, even decades.  With vinegar the concept is the same (even if yeast is a fungus and vinegar starter is a bacteria). 

If after some time you see the formation of a greyish or pinkish layer on top, that is normal.  That layer is the "mother," the cellulose that the bacteria produce.  As soon as all the alcohol changes into acetic acid, the bacteria will have completed their job.  You can filter the vinegar with an unbleached coffee filter.  But if instead you want to intentionally save the mother, you can use it as a starter for the next vinegar, continuing the process for many years. 

Don't lose courage!

If all of this talk of bacteria and fungi is making you faint-hearted, fear not!  You can simply add leftover wine to vinegar of the same color, and you're done.  It will not be acidic enough for salad, but for cooking it will be excellent!

Crash course in homemade vinegar

This page has been moved here:

sabato 2 marzo 2013

Fennel & potato soup


This is one of my favorite soups!  The taste is heavenly!  (My readers already know that fennel is the vegetable that I love most in the whole world.  Imagine how much the flavor is enhanced when you add the butter and the homemade stock.)

Warning: With canned broth or bouillon cubes, this soup would be a calamity.  I urge you to make a homemade one.

Ingredients

4 large bulbs fennel
2 medium onions, cut
1 large (or 2 small) potatoes, peeled and cut in pieces
1 cup HOMEMADE turkey or chicken stock (have a little extra on hand)
½ pint (c. 250 mL) heavy cream
extra-virgin olive oil
1-2 TB butter
black pepper, freshly ground
nutmeg, freshly ground

Preparation

Take the fennel.  Remove the cores, and remove the stalks, but save a few of the fronds.  Cut the bulbs in little pieces.

Heat a Dutch oven (or a normal pan).  Add the oil.  Then add the butter.  Fry the onion, potatoes, and fennel, about 5 minutes, stirring well so that everything fries uniformly.  Add the stock and half the pepper.  Cover and simmer very slowly for a half hour.

Shut the heat.  Let it cool off enough that you can transfer it to the blender.  (Or, use a handblender.)  Purée it.  Return it to the pan.  Add the cream, the rest of the pepper, and the nutmeg, and reheat it on a very low flame.  Arrange the decorative fronds on top.

Note: When you reheat the leftovers the next day, you will possibly need to add a little stock.

Zuppa di finocchio e patate


Questa è una delle mie zuppe preferite!  Il gusto è paradisiaco!  (Già i miei lettori e lettrici sanno che il finocchio è l’ortaggio che amo più nel mondo intero.  Figuratevi quanto il sapore s’aumenta quando aggiungete il burro e il brodo casereccio.)

Avvertenza: Col brodo inscatolato o dal dado, questa zuppa sarebbe una calamità.  Vi sollecito a farne uno casereccio. 

Ingredienti

4 grandi finocchi
2 cipolle medie, tagliate
1 grande (o 2 piccole) patate, pelate e tagliate a pezzetti
250 mL brodo CASERECCIO di tacchino o di pollo (abbiatene a disposizione qualche dL in più)
250 mL panna da montare (panna grassa)
olio d’oliva extravergine
15-30 g burro
pepe nero, frescamente macinato
noce moscata, frescamente macinata

Preparazione
 
Prendete i finocchi.  Togliete i torsoli, e togliete i gambi, ma conservate alcuna fronda.  Tagliate i grumoli a pezzettini.

Scaldate una casseruola a ghisa (oppure una pentola normale). Aggiungete dell’olio. Poi aggiungete del burro. Fate soffriggere le cipolle, le patate, e i grumoli di finocchio, 5 minuti circa, mescolandoli bene, cosicché tutto si soffrigga uniformemente.  Aggiungete il brodo e una metà del pepe.  Copritela, e fatela bollire lentissimamente per una mezz’ora.

Spegnetela. Fatela raffreddare abbastanza che si possa trasferirla al frullatore.  (Oppure, usate un minipimer.)  Frullatela.  Ritornatela alla casseruola.  Aggiungete la panna, il resto del pepe, e la noce moscata, e riscaldatela a bassissima fiamma.  Disponete le fronde decorative.

Nota bene: Quando ne riscalderete gli avanzi il prossimo giorno, possibilmente avrete bisogno di aggiungerci un po’ di brodo. 

venerdì 1 marzo 2013

Oggi nella storia ...

Il 1º marzo: un giorno di molti anniversari!

Su questo giorno nel 1896, almeno tre avvenimenti importanti acaddero. Ad Atene, nacque il grande direttore d’orchestra, Dimitri Mitropoulos. A Parigi, Henri Becquerel scoprì fortuitamente la radioattività.  E ad Adua, Etiopia, ebbe luogo la battaglia culminante e decisiva della guerra di Abissinia.  (Abissinia era l’antico nome dell’odierna Etiopia.)  Le forze italiane, comandate dal tenente generale Oreste Baratieri, subirono una pesante sconfitta, che arrestò per molti anni le loro ambizioni coloniali sul corno d’Africa. L’esercito abissino del negus Menelik II difese con successo e definitivamente la propria indipendenza.

Un mio prozio di Montefalcione (AV), Raffaele Ciampa, morì nel 1896 nella Guerra d’Abissinia.  Purtroppo, ulteriori informazioni sono difficili da trovare. I reduci della Prima Guerra Mondiale, e delle guerre sussequenti, sono facilmente ricercabili — ad esempio, un altro prozio montefalcionese, Angelo Ciampa (1892-1917):


Dei nati del primo marzo, ho un debole per il poeta romano, Marziale (nato nel 40 a.C.). Lui fu fra i primi scrittore di raccontarci la leggenda delle Lacryma Christi del Vesuvio.  Lui ci dice del famoso vulcano: “Haec iuga quam Nysae colles plus Bacchus amavit.” (“Bacco amò queste colline più delle native colline di Nisa.”)

Altri nati del primo marzo (molti artisti e musicisti, mi pare!):

  • 1445  Sandro Botticelli, pittore italiano
  • 1616  Maurizio Cazzati, compositore italiano
  • 1656  Maria Caterina d’Este, principessa italiana
  • 1691 Domenico Vandelli, scienziato, cartografo e matematico italiano
  • 1779 Giuseppe Diotti, pittore italiano
  • 1817 Giovanni Dupré, scultore italiano
  • 1825 Giuseppe Ghedina, pittore italiano
  • 1834 Tito Chelazzi, pittore italiano
  • 1841 Romualdo Marenco, compositore italiano
  • 1849 Ugo Dainelli, matematico italiano
  • 1855 Adolfo Apolloni, scultore italiano
  • 1863 Alberto Favara, etnomusicologo e compositore siciliano
  • 1868 Adolfo Wildt, scultore italiano
  • 1869 Pietro Canonica, scultore e compositore italiano
  • 1898 Umberto Lilloni, pittore italiano
  • 1901 Guido Frette, architetto italiano
  • 1904 Glenn Miller, trombonista, direttore d’orchestra e compositore statunitense
  • 1912 Giuseppe Anedda, mandolinista italiano
  • (lo stesso giorno) Josepoh Reinhardt, chitarrista belga e fratello di Django Reinhardt
  • 1913 Max Tosi, poeta italiano
  • 1914 Dario Galli, poeta italiano
  • 1924 Lucine Amara, soprano statunitense
  • (lo stesso giorno) Elena Cernei, mezzosoprano romeno
  • 1927 Harry Belafonte, musicista e attore statunitense
  • 1930 Giuseppe Miotello, pittore italiano

Today in history ...

March 1st: a day of many anniversaries!

On March 1st, 1896, at least three significant occurences things occurred in the world. In Athens, the great conductor Dimitri Mitropoulos was born. In Paris, Henri Becquerel accidentally discovered radioactivity. And in Adwa, Ethiopia, was fought the decisive battle in the Abyssinian war. (Abyssinia is the ancient name of Ethiopia.) The Italian forces, commanded by Lieutenant General Oreste Baratieri, suffered a heavy defeat, halting for many years Italy's ambition to colonize the horn of Africa. The Abyssinian army of negus Menelik II successfully and definitively defended their nation's independence.

One of my great-uncles from Montefalcione (Avellino), Raffaele Ciampa, died in 1896 in the Abyssinian War. Unfortunately, further information is difficult to find. The veterans of World War I and subsequent wars are easily searchable — for example, another great-uncle from Montefalcione, Angelo Ciampa (1892-1917):


Of the March 1st births, I have a soft spot in my heart for the Roman poet Martial (a.k.a. Marcus Valerius Martialis), born in 40 AD. He was one of the first writers to recount to us about the legend of Lacryma Christi del Vesuvio.  Of the famous volcano he tells us: “Haec iuga quam Nysae colles plus Bacchus amavit.” (“Bacchus loved these hills more than his native hills of Nysa.”)

Other March 1st births (many artists and musicians, it seems to me!):

  • 1445 Sandro Botticelli, Italian painter
  • 1616 Maurizio Cazzati, Italian composer
  • 1656 Maria Caterina d’Este, Italian princess
  • 1691 Domenico Vandelli, Italian scientist, cartographer, and mathematician
  • 1779 Giuseppe Diotti, Italian painter
  • 1817 Giovanni Dupré, Italian sculptor
  • 1825 Giuseppe Ghedina, Italian painter
  • 1834 Tito Chelazzi, Italian painter
  • 1841 Romualdo Marenco, Italian composer
  • 1849 Ugo Dainelli, Italian mathematician
  • 1855 Adolfo Apolloni, Italian sculptor
  • 1863 Alberto Favara, Sicilian composer and ethnomusicologist
  • 1868 Adolfo Wildt, Italian sculptor
  • 1869 Pietro Canonica, Italian composer and sculptor
  • 1898 Umberto Lilloni, Italian painter
  • 1901 Guido Frette, Italian architect
  • 1904 Glenn Miller, American big band leader, trombonist, and composer
  • 1912 Giuseppe Anedda, Italian mandolinist
  • (the same day) Josepoh Reinhardt, Belgian guitarist and brother of Django Reinhardt
  • 1913 Max Tosi, Italian poet
  • 1914 Dario Galli, Italian poet
  • 1924 Lucine Amara, American soprano
  • (the same day) Elena Cernei, Romanian mezzo-soprano
  • 1927 Harry Belafonte, American musician and actor
  • 1930 Giuseppe Miotello, Italian painter

Salad with white balsamic


This is one of my favorite salads. You can't imagine the wonderful fragrance and taste of the orange blossom honey balsamic!

  • Romaine lettuce
  • radicchio
  • Belgian endive
  • fennel
  • white raisins
  • pistachios
  • extra-virgin olive oil
  • white balsamic vinegar infused with orange blossom honey
  • salt & pepper

Insalata al balsamico bianco


Questa è una delle mie insalate preferite. Non potete immaginare la fragranza e il sapore del balsamico bianco al miele di zàgara!

  • lattuga romana
  • radicchio
  • indivia belga
  • finocchio
  • uve secche bianche
  • pistacchi
  • olio d’oliva extravergine
  • infuso di balsamico bianco al miele di zàgara
  • sale & pepe