giovedì 27 febbraio 2014

Dieci Cattedrali / Ten Cathedrals

Le 10 più belle facciate di duomo d’Italia.
Elencate alfabeticamente
  The 10 most beautiful cathedral façades in Italy.
Elencate alfabeticamente
Amalfi
Cremona
Firenze
Montefiascone
Orvieto
Palermo
Ragusa
Siena
Siracusa
Venezia
Photos: Wikipedia

martedì 25 febbraio 2014

Buon Compleanno, Enrico Caruso!!!

Nato 25 febbraio 1873, a Napoli.
Born February 25, 1873, in Naples.

Ecco tre incisioni, da tre epoche diverse della sua vita:
Here are three recordings, from three different periods of his life:

Una furtiva lagrima (L’elisir d’amore), Donizetti (1904)


La Danza, Rossini (1912)


Vaghissima sembianza, Donaudy (1920)


venerdì 21 febbraio 2014

Tripoline

Un pasto da intenditori che si può preparare in pochissimi minuti!

Ingredienti
500 gr tripoline
olio d’oliva extravergine (non troppo)
150 gr cipolline rosse, squartate
250 gr cremini, affettati
⅔ kg carne macinata (manzo-maiale-vitello)
sale marino
pepe nero, frescamente macinato
timo fresco 
250 ml pinot bianco
250 gr piselli surgelati
250 ml panna da montare
noce moscata, frescamente macinata
formaggio, frescamente grattugiato

Preparazione
Scaldate la padella; aggiungete l’olio (non troppo). Fate imbiondire le cipolline e i funghi. Quando sono biondi aggiungete la carne, sale, pepe e timo; mescolate costantamente.  Appena il colore roseo se ne va, sfumate col vino.  Fate cuocere per 2 minuti. Aggiungete i piselli. Appena il liquido torna ad ebollizione, spegnete la fiamma, aggiungete la panna e la noce moscata, mescolate bene, e buon appetito! Servite con formaggio grattugiato e, per bere, un bicchier di pinot bianco.

Vedete che occorrono pochissimi minuti per preparare questo piatto. Infatti, le tripoline ci vogliono soli 7 minuti da cuocere. 

  A gourmet meal that can be prepared in just a few minutes!

Ingredients
1 lb tripoline
extra-virgin olive oil (not too much)
5 oz. red pearl onions, quartered
½ lb. baby bellas, sliced
1¼ lb. ground meat (beef-pork-veal)
sea salt
freshly ground black pepper
fresh thyme
1 C pinot bianco
½ lb frozen peas
1 C heavy cream
freshly ground nutmeg
freshly grated cheese

Preparation
Heat the skillet; add the oil (not too much). Lightly brown the onions and mushrooms until golden.  Add the meat, salt, pepper, and thyme; stir constantly.  As soon as the pink color goes away, add the wine.  Cook for 2 minutes. Add the peas. As soon as the liquid returns to a boil, shut the heat, add the cream and nutmeg, stir well, and Buon Appetito!  Serve with grated cheese and, to drink, a glass of pinot bianco.

You can see that it takes very few minutes to make this dish.  In fact, the tripoline take only 7 minutes to cook.

Lenticchie con salamino piccante / Lentils with pepperoni

Adoro le lenticchie — tanto di più perché, a differenza dei fagioli secchi o i ceci secchi, che si devono bagnare per ore, se non giorni — alle lenticchie secche occorre solo una mezz’ora.

Come un guaglioncello ad Orient Heights (East Boston), conoscevo una meravigliosa donna che faceva, fra altre buone cose, le lenticchie. (Fu la prima volta che assaggiai le lenticchie che non uscirono da una scatola!) Lei disse che ci fossero due ingredienti che erano necessari quando preparate le lenticchie: salame, e una goccia di aceto.

Il mio salame preferito per questo tipo di piatto è il salamino piccante.  Un’ora per il brodo, una mezz’ora per le lenticchie — il pasto è pronto in 90 minuti. Oppure, fate il brodo in anticipo, e il tempo di cottura è soli 30 minuti.

Cuocere le lenticchie è come cuocere la pasta in due rispetti: (1) Le fate cuocere fino al dente (non molli); (2) Continueranno di assorbire acqua anche dopo le togliete dal fornello — ragione in più per cui dovete cuocerle al dente.

Ingredienti
500 gr lenticchie secche
2 cipolle
2 spicchi d’aglio
2 carote
2 gambi di sedano
175 gr salamino piccante, tagliato a 8 pezzi
sale
pepe nero
1 gran foglia (o 2 piccole foglie) d’alloro
prezzemolo fresco
una goccina di aceto di vino rosso
(Questa ricetta non richiede olio.)

Preparazione
Combinate tutti gli ingredienti tranne le lenticchie e l’aceto.  Fateli cuocere per un’ora in 2 litri di acqua (non troppo). Aggiungete le lenticchie, e fate cuocere per una mezz’ora.

È così semplice come sembra! L’unica parte difficilotta è controllare il livello del liquido. Il liquido deve coprire le lenticchie ma non inondarle. Se non ci sia abbastanza liquido, le lenticchie non cuocerebbero e potrebbero bruciare.

Quando le lenticchie saranno pronte, togliete la pentola dalla fiamma, aggiungete la goccina di aceto, mescolate bene, e buon appetito!


  I adore lentils – all the more so because, unlike dry beans or dry chickpeas, which need to soak for hours, if not days – dry lentils take only a half hour.

As a little boy in Orient Heights (East Boston), I knew a wonderful woman who made, among other good things, lentils. (It was the first time I tasted lentils that were not from a can!) She said that there were two ingredients that were necessary when preparing lentils: dry sausage, and a drop of vinegar. 

My favorite dry sausage for this kind of dish is pepperoni. One hour for the stock, one half hour for the lentils – the meal is ready in 90 minutes. Or, make the stock ahead of time, and the cooking time is only 30 minutes.

Cooking lentils is just like cooking pasta in two respects: (1) You cook them until they are al dente (not soft); (2) They continue to absorb water even after you take them off the stove – all the more reason that you must cook them al dente.

Ingredients
1 lb dry lentils
2 onions
2 cloves of garlic
2 carrots
2 stalks of celery
6 oz. of pepperoni, cut into eight pieces
salt
black pepper
1 large (or 2 small) bayleaves
fresh parsley
one small drop of red wine vinegar
(No oil is necessary in this recipe.)

Preparation
Combine all of the ingredients except the lentils and vinegar. Cook them for one hour in 2 quarts of water (not too much water). Add the lentils, and cook for a half hour.

It’s as simple as that! The only tricky part is monitoring the level of the liquid. The liquid should cover the lentils but not drown them. If there’s not enough liquid, the lentils won’t cook and may burn.

When the lentils are finished, take the pot away from the heat, add a small drop of vinegar, stir well, and Buon Appetito!
Non c’avevo sedano, dunque ho usato finocchio. Non c’avevo neanche prezzemolo. Potreste tagliare più piccoli gli ortaggi se desideriate.
I didn't have celery, so I used fennel. I also didn't have parsley. You may cut the vegetables smaller if you wish.
Un’ora dopo. Guardate tutto quel meraviglioso olio rosso che ha trasudato dal salamino piccante! (Ricordatevi che non abbiamo aggiunto olio.)
One hour later. Look at all that wonderful red oil that oozed from the pepperoni! (Remember that we didn't add any oil.)

Occhi di fata

LUIGI DENZA (1846-1922)
Nato a Castellammare di Stabia. Compositore di “Occhi di fata.”
Born in Castellammare di Stabia. Composer of “Occhi di fata.”
“Occhi di fata” è probabilmente la mia preferita canzone italiana. L’interprete è sicuramente il mio preferito cantante italiano, Beniamino Gigli.  “Occhi di fata” is probably my favorite Italian song. The performer is definitely my favorite Italian singer, Beniamino Gigli.


OCCHI DI FATA
composta da Luigi Denza
cantata da Beniamino Gigli

O begl’occhi di fata,
o begl’occhi stranissimi e profondi ...
Voi m’avete rubata
la pace della prima gioventù.

Bella signora dai capelli biondi,
per la mia giovinezza che v’ho data
mi darete di più.

O sì, voi mi darete
dei vostri baci la febbre e l’ardore!
Voi pallida cadrete
tra le mie bracie aperte ...
Tra le mie bracie aperte
e sul mio cor.

Della mia gioventù
prendete il fiore.
Del mio giovine sangue
l’ardore prendete.
Ma datemi l’amor,
ma datemi l’amor!
   OCCHI DI FATA
composed by Luigi Denza
sung by Beniamino Gigli

O beautiful eyes like a fairy’s,
o beautiful eyes which are very strange and profound ...
You have stolen
the peace of my early youth.

Beautiful lady with the blond hair,
for my youth which I gave to you,
you will give me even more.

Oh yes, your kisses will give me
a fever and fill me with ardor!
Pale, you will fall
into my open arms ...
into my open arms
and on my heart.

You take the prime
of my youth.
You take the ardor
of my young blood.
But give me love,
but give me love!
English translation: L.C.



mercoledì 19 febbraio 2014

Pomodori San Marzano / San Marzano tomatoes


BASTA ADESSO!

Non ci sarà più di convincermi che i pomodori inscatolati con le sostanze chimiche siano una cosa ammissibile da mettere in bocca.  Da questo momento in poi, i pomodori di San Marzano DOP, senza le sostanze chimiche, saranno quel che mangerò.

Se viviate in America, la marca che dovete comprare è La Valle.  E se abitiate vicino a me (ovest di Boston), il luogo ove dovete comprarlo è Tutto Italiano di Wellesley

  ENOUGH!

Enough trying to convince myself that canned tomatoes with chemicals are an acceptable thing to put into my mouth.  From this moment on, tomatoes from San Marzano (DOP), without chemicals, are what I shall eat.

If you live in America, the brand you must buy is La Valle.  And if you live near me (west of Boston), the place to buy it is Tutto Italiano in Wellesley Square.
La Valle Food Company si trova Teterboro, New Jersey (vicinissimo a Manhattan). Fu fondata nel 1949 da un agricoltore della Valle del Sarno, Alfonso Selletti (nella foto sopra, il secondo da sinistra). Anche oggi, i pomodori vengono importati da quella meravigliosa valle. Il clima mediterraneo e il terreno vulcanico producono un pomodoro colmo di sapore, dolce come lo zucchero.  E quando guardate l’etichetta, vedete che non c’è il cloruro di calcio. Quando mettete una scatola di pomodori in pentola, cosa volete che i pomodori facciano? Volete che si disintegrino. E cosa fa il cloruro di calcio? Impedisce loro di disintegrarsi! Ma in America 99% dei pomodori inscatolati contengono quest’elemento chimico. Com’è possibile una tale stupidaggine?  L’inalazione del cloruro di calcio è dannosa per le vie respiratorie. L’esercito federale russo l’usava nella guerra cecena come mezzo di tortura. Nell’anno 2002, America del Nord consumava 1.530.421 megagrammi del cloruro di calcio.

Stasera ho preparato le penne (comprate a Tutto Italiano anche quelle) con i pomodori La Valle.  Non ho frullato i pomodori.  Non li ho nemmeno spezzati con il cucchiaio di legno.  Semplicemente si sono disciolti nella padella.  E il gusto?  Giurereste ch’io ne abbia aggiunto lo zucchero.

Pomodori inscatolati americani, siete ufficilamente andati via dalla mia vita!
  La Valle Food Company is located in Teterboro, New Jersey (very close to Manhattan). It was founded in 1949 by a farmer from the Valle del Sarno, named Alfonso Selletti (in the photo above, second from the left). Even today, the tomatoes are imported from this marvelous valley.  The Mediterranean climate and volcanic soil produce a tomato filled with flavor, sweet as sugar.  And when you look at the label, you see that there is no calcium chloride.  When you empty a can of tomatoes into the pan, what do you want the tomatoes to do?  You want them to fall apart nicely.  And what does calcium chloride do?  Prevents them from falling apart!  But in America 99% of canned tomatoes contain this chemical.  How is such a stupid thing possible?  The inhalation of calcium chloride is harmful to the respiratory airways.  The Russian national army used it in the Chechen war as a means of torture.  In the year 2002, North America consumed 1,687,000 tons of calcium chloride.

This evening I made penne (also purchased at Tutto Italiano) with La Valle tomatoes.  I didn't blend the tomatoes in the blender.  I didn't even break them with the wooden spoon.  They simply dissolved in the pan.  And the taste?  You would swear that I added sugar.

American canned tomatoes, you are officially gone from my life!

lunedì 17 febbraio 2014

Cavatelli di ricotta con carne macinata e santoreggia montana / Ricotta cavatelli with ground meat and winter savory

Oggi celebriamo il Giorno dei Presidenti. In questo giorno ricordiamoci le immortali parole di Giorgio Washington, che una volta disse al padre: “Uhé, Papà, scus’: se io non dica mai una bugia, come diventirò ’u President’, eh?”

Delle erbe nel mio orticello, mi sto sempre vantando in queste pagine della mia santoreggia montana, cui foglie “rimangono verdoni anche sotto un metro di neve!” Allora, oggi ne mostro la prova:
Today we celebrate Presidents' Day.  On this day, let us remember the immortal words of George Washington, who once said to his father, "But Daddy: if I never tell I lie, how am I gonna become President?"

Of the herbs in my garden, I'm always bragging in these pages about my winter savory, whose leaves "remain dark green even under 3 feet of snow!" Well, today I show you the proof:
Allora, dove si scava?
So, where to dig ...
Forse qua ...
Perhaps here ...
Ah, guarda!
Ah, look!
Fogliette verdoni e sane!
Healthy, dark green leaves!
Pochissime erbe ci sono disponibili in questa stagion dell’anno.  Comunque, quest’erba lo compensa! Il sapore metà timo, metà rosmarino, è perfetto colle carni!

Ingredienti
500 gr cavatelli di ricotta
olio d’oliva extravergine (non troppo)
½ cipolla, tritata
1 spicchio d’aglio, intero
500 gr carne macinata (manzo-maiale-vitello)
sale marino
pepe nero, frescamente macinato
un pizzico di peperoncino secco
2 rametti santoreggia montana, freschi
350 ml sugo domenicale (io il sugo dagli ossibuchi di manzo alla pizzaiola!)
abbondante formaggio, frescamente grattugiato

Preparazione
Scaldate l’olio (non troppo). Fate imbiondire la cipolla e l’aglio. Aggiungete la carne. Nota bene: quando il colore roseo se ne va, è pronta! Si può rosolarla un po’ di più al gusto vostro, ma se la stracuocerete diventerà secchissima e non appetitosa.

Quando è pronta, aggiungete il sugo, mescolate bene, aggiungete il formaggio, e buon appetito!

Very few herbs are available to us this time of year.  However, this herb makes up for it! The flavor, in between thyme and rosemary, is perfect with meats!

Ingredients
1 lb ricotta cavatelli
extra-virgin olive oil
½ onion, chopped
1 garlic clove, whole
1 lb ground meat (beef-pork-veal)
sea salt
black pepper, freshly ground
a pinch of crushed red pepper
2 twigs of winter savory, fresh
1½ C Sunday sauce (I used the sauce from the beef ossobuco pizzaiola!)
abundant cheese, freshly grated

Preparation
Heat the oil (not too much). Fry the onion and garlic until blonde (not brown).  Add the meat.  Note well: when the pink color is gone, it's ready!  You can brown it a little more to your taste, but if you overcook it will become very dry and unappetizing.

When it's ready, add the sauce, mix well, add the cheese, and Buon Appetito!
Poi, per bere: Non ero in vena di bere rosso.  Sì, c’è pomodoro, ma non troppo pomodoro.  E coi formaggi ... Avevo un Sauvignon Blanc.  E vi dico che la maggior parte dei Sauv non mi piaciono; ricordano le mele agrissime.  Dei Sauv californiani nella fascia di prezzo 10/15 dollari, Kendall-Jackson ne è il mio preferito.  Il profumo è floreale e fruttoso (ma non dolce).  Colle carni in questo piatto, era un bel partner! Dimostra il fatto che cogli abbinamenti dei vini, come cogli abbinamenti delle persone, non ce n’è formula.Then, to drink: I wasn't in the mood to drink red.  Yes, there's tomato, but not that much tomato.  And with the cheeses ... I had a Sauvignon Blanc.  And I'll tell you that I don't like most Sauvs; they taste like very sour apples.  Of the Californian Sauvs in the $10-15 price range, Kendall-Jackson is my favorite one. The bouquet is floral and frutty (but not sweet).  With the meats in this dish, it was a wonderful partner!  It demonstrates the fact that with wine pairings, as with people pairings, there is no formula.

sabato 15 febbraio 2014

Ossobuco di manzo alla pizzaiola / Beef ossobuco pizzaiola

Per la Festa di San Valentino, volevo fare qualcosa semplice ma speciale.  Per le ricorrenze speciali, mi piace fare un secondo saporito cui sugo fa un bellissimo accompagnamento alla pasta.  E per ovvi motivi pensavo al colore rosso!

Questa non è né un ossobuco autenticamente milanese né una pizzaiola autenticamente napoletana. (Notate, comunque, che la pizzaiola di Francesconi, decana della cucina partenopea, era una salsa semplice di pomodori — niente olive, capperi, acciughe, ecc.) Neache è una ricetta sicula, sebbene mia nonna siciliana aveva una meravigliosa preparazione per le bistecche. In una padella metteva sale — solo sale, senza né olio né burro né pepe né nient'altro. Dentro andava le bistecche, X minuti per lato (a seconda dello spessore), e voilà. Non so perché questa procedura funzioni così bene per il manzo e meno così per le altre carni.  Ma tanto è semplice, quanto è fantastica!

Poi, la scelta di una pasta ... Contemplavo qualcosa tipo lasagnette/mafalde/tripoline:
  For Valentine's Day I wanted to make something simple but special. For special occasions I like to make a tasty meat dish whose sauce makes a great accompaniment to pasta. And for obvious reasons, I was thinking of the color red!

This is neither an authentic Milanese ossobuco nor an authentic Neapolitan pizzaiola. (Note, however, that the pizzaiola of Francesconi, the dean of Neapolitan cooks, was a simple tomato sauce — no olives, capers, anchovies, etc.)  Nor is it a Sicilian recipe, though my Sicilian grandmother had a wonderful preparation for steaks.  In a frying pan she would put salt — only salt, no oil or butter or pepper or anything else. In went the steak, X minutes per side (depending on the thickness), and voilà. I don't know why this procedure works so beautifully for beef and less so for other meats. But it is as simple as it is fantastic!

Then, the choice of a pasta ... I contemplated something along the lines of lasagnette/mafalde/tripoline:
Ma alla fine ho scelto i miei beneamati fusilli col buco (sempre Divella):  But in the end I chose my beloved fusilli col buco (long, hollow fusilli), also the Divella brand:
Una breve digressione: Come si cuoce la pasta
Le migliori paste industriali sono Divella e Poiatti, ma sono difficili da trovare nei supermercati americani.  La migliore pasta da supermercato è De Cecco, anche se Delverde sia eccellente, e pure La Molisana.  La maggior parte delle altre marche sono orribili.  Barilla è orrenda.  Ronzoni e Prince sono indicibili.

500 grammi di pasta si cuoce in 4 o 5 litri di acqua salata —  non 1 o 2 litri.  La maggior parte degli americani non usano abbastanza acqua.  La pasta richiede più tempo da cuocere, e ovviamente si attacca.  Poi, perché si attacca, aggiungono olio. Questo rovina la pasta, rendendola untuosa. Peccato Primo.

Poi, quando la pasta è cotta, si scola.  Comunque, si deve rimuoverla subito dalla scolapasta, sennò comincerà ad attaccarsi. Poi entra Peccato Secondo: la gente sciacqua la pasta nell'acqua fredda, oppure la pone in una pentola di acqua ghiacciata. Anche questo rovina la pasta, rendendola gommosa. (Non potevo mai capire perché la gente è così tirchia con l'acqua calda nella pentola e così generosa con l'acqua fredda dal rubinetto!)

Come il carissimo Pasquale Carpino diceva, "La pasta non aspetta mai il sugo." Di solito i sughi beneficiano di riposare per un po'. La pasta si deve consumare subito.  Dunque, il segreto è regolarla in modo che la pasta si faccia nell'ultimo momento.

La pasta al dente è più deliziosa e più salutare: il corpo deve lavorare di più per scomporla.

Ecco le regole empiriche:

1. Usate una buona marca di pasta.

2. Fatela cuocere in 4 o 5 litri di acqua salata.

3. Cuocetela a fiamma alta, secondo il tempo di cottura scritta sulla confezione.

4. Scolate (non sciacquare), rimuovete subito dalla scolapasta, e trasferitela in una ciotola.  Allora, ecco un altro segreto: in questa ciotola, mescolate la pasta con un pochissimo del sugo che userete. 99% dei sughi contengono sia olio sia burro sia strutto sia qualcosa che l'impedirà di attaccarsi. Vedete la foto sotto:
  
A short digression: How to cook pasta
The best machine-made pastas are Divella and Poiatti, but they are hard to find in American supermarkets.  The best supermarket pasta is De Cecco, though Delverde is excellent, as is La Molisana. Most other brands are horrible.  Barilla is awful.  Ronzoni and Prince are unspeakable. 

A pound of pasta is cooked in 4 or 5 quarts of salted water — not 1 or 2 quarts.  Most Americans don't use enough water.  The pasta takes longer to cook, and of course it sticks.  Then, because it's sticking, they add oil to the water. This ruins the pasta, making it slimy. Sin #1.

Then, when the pasta is cooked, you strain it. However, then you have to remove the pasta from the strainer immediately, or it will start to stick. Then comes Sin #2: people rinse the pasta in cold water, or place it in a pot of ice water. This also ruins the pasta, making it gummy.  (I could never understand why people are so stingy with the hot water in the pot and so generous with the cold water from the faucet!)  

As dear Pasquale Carpino used to say, "The pasta never waits for the sauce."  Sauces usually benefit from sitting for a bit. Pasta must be eaten immediately.  Thus, the secret is to time it so that the pasta is made at the last moment.

Pasta that is al dente ("to the tooth") is not only more delicious, but it is healthier; the body has to work harder to break it down. 

Simply follow these rules of thumb:

1. Use a good brand of pasta.

2. Boil it in 4 or 5 quarts of salted water.

3. Cook it on high, according to the cooking time on the package.

4. Strain (do not rinse), remove from the colander immediately, and transfer it to a boil.  Now, here is another secret: in this bowl, stir the pasta with a tiny bit of the sauce that you will use. 99% of sauces contain either oil, butter, lard, or something that will keep the pasta from sticking.  See photo below:
 
Ingredienti

sale (preferibilmente quel marino)
1 kg stinco di manzo, tagliato trasversalmente
olio d'oliva extravergine
3 spicchi d'aglio, interi
1 cipolla, tritata
250 ml vino rosso
800 gr pomodori interi, frullati
pepe nero, frescamente macinato
peperoncino secco
prezzemolo fresco
origano fresco (io l'ho omesso)
basilico fresco

Preparazione

In una pentola secca, aggiungere sale (nient'altro). Fate rosolare gli ossibuchi per un paio di minuti per lato.  Rimuoveteli dalla pentola.  Aggiungete olio alla pentola, poi indorate l'aglio e la cipolla.  Diglassate con il vino rosso.  Aggiungete gli altri ingredienti tranne il basilico. Tornate la carne alla pentola. (Il liquido deve coprire la carne ma non inondarla. Se necessario aggiungete un po' di acqua, ma non vino.)

Coprite e fare cuocere lentamente per 90 minuti. (Voltate la carne dopo 45 minuti.)  Aggiungete il basilico solo alla fin fine.
  Ingredients

salt (preferably sea salt)
2.2 lb beef shins, cross-cut
extra-virgin olive oil
3 garlic cloves, whole
1 onion, chopped
1 C red wine
800 gr whole peeled tomatoes, puréed in the blender
freshly ground black pepper
crushed red pepper
fresh parsley
fresh oregano (I omitted it)
fresh basil

Preparation

In a dry pan, add salt (nothing else). Brown the meat for a couple of minutes on each side.  Remove from the pan.  Add oil to the pan, then lightly brown the garlic and oil.  Deglaze with the red wine. Add the other ingredients except the basil. Return the meat to the pan. (The liquid must cover the meat but not drown it.  If necessary add a little water, but not wine.)

Cover and cook slowly for 90 minutes. (Turn the meat over after 45 minutes.) Add the basil only at the very end.
(La foto dopo di aggiungere il vino non è uscita; c'era troppo vapore!)(The photo after adding the wine didn't come out; there was too much steam!)
Dopo di tornare gli ossibuchi alla pentola / After returning the meat to the pan
Dopo un'ora / After one hour

giovedì 13 febbraio 2014

Nu pianefforte 'e notte

Una poesia dal più grande poeta napoletano, musicata dal più grande tenore leccese, cantata dal compositore!
A poem by the greatest poet from Naples, set to music by the greatest tenor from Lecce, sung by the composer!

NU PIANEFFORTE E NOTTE
parole: Salvatore Di Giacomo
musica: Tito Schipa




Nu pianefforte ’e notte
sona, luntanamente,
e ’a museca se sente
per ll’aria suspirà.

È ll’una: dorme ’o vico
ncopp’ a sta nonna nonna
’e nu mutivo antico
’e tanto tiempo fa.

Dio, quante stelle ’ncielo!
Che luna! E c’aria doce!
Quanto na bella voce
vurria sentì cantà!

Ma sulitario e lento
more ’o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ’o vico
dint’a ll’oscurità.

L’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancòra. E resta,
ncantànnose, a penzà.
  


Un pianoforte di notte
suona lontanamente
e una musica si sente
per l’aria sospirar.

È l’una: dorme il vico
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fà.

Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! Che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentir cantar.

Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vico
nell’oscurità.

L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Indugia ancora. E resta,
incantandosi, a pensar.
  


At night, a piano
is playing far away,
and music is heard
sighing in the air.

That's the one: the alley is sleeping
to this lullaby
of an old theme
from so long ago.

God, how many stars are in the sky!
What a moon! How sweet is the air!
How I would like to hear
a beautiful voice sing it.

But lonely and slowly
dies the old theme;
the alley becomes gloomier
in the darkness.

Only my soul
remains at this window.
It still hangs around. And it remains,
bewitched, thinking.
English translation: L.C.

domenica 9 febbraio 2014

L'alba separa dalla luce l'ombra

allposters.com
La canzone "L'alba separa dalla luce l'ombra" — parole dell'immortale Gabriele D'Annunzio, musica dell'ugualmente immortale Francesco Paolo Tosti — è stata cantata da ogni grande tenore da Caruso e Gigli ai tenori odierni. Quest'incisione dal 1961, del tenore copparese, Daniele Barioni, è una delle più belle. (Grazie all'amico Charlie Handelman per introdurmi a questa squisita registrazione.)The song "L'alba separa dalla luce l'ombra" — words by the immortal Gabriele D'Annunzio, music by the equally immortal Francesco Paolo Tosti — has been sung by every great tenor from Caruso and Gigli to the tenors of today.  This 1961 recording by Daniele Barioni, the fine tenor from Copparo (Ferrara), is one of the most beautiful. (Thanks to my friend Charlie Handelman for introducing me to this exquisite recording.)

L'ALBA SEPARA DALLA LUCE L'OMBRA
Musica di F. Paolo Tosti (1846-1916)
Parole di Gabriele D'Annnzio (1863-1938)


L'alba sepàra dalla luce l'ombra,
E la mia voluttà dal mio desire.
O dolce stelle, è l'ora di morire.
Un più divino amor dal ciel vi sgombra.

Pupille ardenti, O voi senza ritorno
Stelle tristi, spegnetevi incorrotte!
Morir debbo. Veder non voglio il giorno,
Per amor del mio sogno e della notte.

Chiudimi, O Notte, nel tuo sen materno,
Mentre la terra pallida s'irrora.
Ma che dal sangue mio nasca l'aurora
E dal sogno mio breve il sole eterno!
The dawn separates the shade from the light,
And my sensual pleasure from my desire,
O sweet stars, the hour of death is now at hand:
A love more divine sweeps you from the skies.

Ardent pupils, O you who'll never return,
sad stars, extinguish yourself incorrupted!
I must die. I do not want to see the day,
For love of my own dream and of the night.

Envelop me, O Night, in your maternal breast,
While the pale earth bedews itself;
But may the dawn be born from my blood
And from my brief dream the eternal sun!
English translation: L.C.

Un momento di poesia pugliese / A moment of Apulian poetry

Bisceglie
Wikipedia
Ce nan dòrme pénze

Déce ne provèrbie vescegghiase
“U léitte se chiame ròse
ci nan dòrme repòse”,
ma stè ci nan pigghie sòunne
e pénze a le déibbete,
a ci sta lendane,
a la megghière du alte,
o còlpe c'òva fò la dè appéirse,
o collèghe reffiane,
a le terènne,
a chire ca te vòlene tenè sòtte a le péide,
a la chemmare,
o téimbe,
a la chennènne chè l'aspétte,
a la dé ca òve assé da ngalère,
a la penziòne ca nan avaste,
a la fatéghe ca nan tròve,
a la fertìune ca nan arréve maie,
a la spèrenze de guaré,
a la vendétte,
a quènne òva scettò u velène
ci l'à fatte male,
ò govèrne ca chènge e chènge, e fòce sémbe la stessa senate.
Picche sò chire ca pénzene a fa béne,
o munne mbòce, tranguille e serène,
e spisse dìcene: “quann'òva ésse?”
   Chi non dorme pensa

Dice un proverbio biscegliese
“Il letto si chiama rosa
chi non dorme riposa”,
ma c'è chi non prende sonno
e pensa ai debiti,
a chi sta lontano,
alla moglie dell'altro,
al colpo che deve fare il giorno dopo,
al collega ruffiano,
ai tiranni,
a quelli che ti vogliono tenere sotto ai piedi,
all'amante,
al tempo,
alla condanna che l'attende,
al giorno che deve uscire dalla galera,
alla pensione che non basta,
al lavoro che non trova,
alla fortuna che non arriva mai,
alla speranza di guarire,
alla vendetta,
a quando possa crepare
chi gli ha fatto del male,
al governo che cambia e cambia, e fa sempre la stessa suonata.
Pochi sono quelli che pensano a fare del bene,
al mondo in pace, tranquillo e sereno,
e spesso dicono: “Quando sarà?”
   Those who cannot sleep, think

In Bisceglie there is a proverb:
“The bed is named Rosa.
He who does not sleep, rests.”
But there are those who cannot sleep.
They think about the debts,
about those who are far away,
about the wife of another,
about the hit they must make the next day,
about the fellow pimp,
about the tyrants,
about the ones they want to keep under their feet,
about their lover,
about time,
about the condemnation that awaits,
about the day that they get out of jail,
about the pension that is not enough,
about the work they cannot find,
about the fortune that never comes,
about the hope for a cure,
about revenge,
about when those who have done evil will die,
about the government that changes and changes, and always plays the same sonata.
Few are those who think about doing good,
about a world in peace, quiet and serene,
and often they say, “When will it be?”
English translation: L.C.
Francesco Palazzo (1920-2000)

martedì 4 febbraio 2014

Storia di una catanese / The story of a woman from Catania


STORIA DI UNA CATANESE
Una conversazione con Rossella Palmieri,
autrice del blog “Le Delizie di Casa Mia” (http://ledeliziedicasamia.blogspot.it)

Pubblicata sulla festa di Sant’Agata,
Patrona di Catania
5 febbraio 2014

Introduzione
È un’ironia che porto con me ogni giorno. Come molti americani, sogno l’Italia, la vita italiana, tutte le cose italiane. I miei amici italiani sognano l’America, la vita americana, tutte le cose americane. Tutti i due lati credono che il proprio paese sia un inferno e l’altro paese sia un paradiso. Queste due prospettive si sono giustapposte in modo potente ed inatteso durante questa conversazione.

Rossella Palmieri abita ad Aci Bonaccorsi, nell’ombra di Monte Etna. Conduce una vita semplice che, comunque, sarebbe l’invidia di molti americani ricchi – in particolare il grandioso forno a legno che sta nella sua casa, nel suo angolo rustico di cucina. Un vero focolare domestico – la roba dalle novelle vittoriane! Almeno, appare così negli occhi di un cittadino americano come me.

(Nota bene: La Festa di Sant’Agata è la festa religiosa terza più grande nel mondo, dopo la festa della Settimana Santa a Siviglia, Spagna, e quella del Corpus Christi a Cuzco, Perù. Dunque, non c’è esagerazione quando Rossella parla dei milioni di devoti.)

***

LC: Raccontaci un po’ di Sant’Agata  e dei tuoi nonni.

RP: Sant’Agata è la patrona della mia città, Catania. Morì martire giovanissima. Pensa che il suo velo fu usato per fermare una colata lavica che minacciava la città. Ogni anno attira a sè milioni di devoti col loro sacco bianco, con i loro pesanti ceri accesi in segno di devozione, che urlano all’unisono:

“Semu tutti divoti, tutti?
Cittatini, cittatini!
Evviva sant’Àjta!”

Pensa che mio nonno, per arrotondare il suo misero stipendio, da giovane faceva lo scaricatore di porto, e tutti i lavori pesanti per la sua stazza imponente, alto e forte. Ogni mattina s’alzava presto e andava al porto a vedere se c’era manovalanza per lui. Durante la festa della Patrona veniva scelto per portare le candelore.

LC: Candelore? Cose sono?
  
THE STORY OF A WOMAN FROM CATANIA
A Conversation with Rossella Palmieri,
author of the blog “Le Delizie di Casa Mia” (http://ledeliziedicasamia.blogspot.it)

Published on the feast day of St. Agatha,
Patron Saint of Catania
5 February 2014

Introduction
It is an irony that I carry around with me every day. Like many Americans, I dream about Italy, about Italian life, about all things Italian. My Italian friends dream about America, about American life, about all things American. Both sides believe that their country is a hell and the other country is a paradise. These two perspectives were juxtaposed in a powerful and unexpected way during this conversation.

Rossella Palmieri lives in Aci Bonaccorsi, in the shadow of Mt. Etna. She leads a simple life which, however, would be the envy of many rich Americans – in particular her grand brick oven, located in the unfinished corner of her kitchen. A true hearth and home – the stuff of Victorian novels! At least, it appears that way in the eyes of an American city-dweller like me.

(Note well: The Feast of St. Agatha is the third largest religious festival in the world, after the Holy Week festival in Seville, Spain, and the Corpus Christi festival in Cuzco, Peru. Therefore, there is no exaggeration when Rossella speaks of the millions of participants.)

***

LC: Tell us a little about St. Agatha – and about your grandparents.

RP: St. Agatha is the patron saint of my city, Catania. She died a very young martyr. Her veil was used to stop a river of lava that was threatening the city. Every year she attracts millions of devoted followers clothed in white sackcloth, carrying their large, heavy candles lit as a sign of devotion, singing loudly in unison:

“Are we all devoted, all of us?
Citizens, citizens!
Long live St. Agatha!”

Imagine my grandfather as a youth, supplementing his meager salary by working as a longshoreman at the port, all the heavy lifting with his imposing stature, tall and strong. Every morning he rose early and went to the port to see if there was any work for him. During the Feast of St. Agatha he was chosen to carry the candeloras.

LC: Candeloras? What are they?
delcampe.net
lapulceeiltopo.it
wikipedia.org
viaggivacanze.info
RP: Le candelore – “i cannalori” in siciliano – sono strutture in legno, dal peso di 500/700 chili.

LC: 500 o 700 chili?

RP: Sì! Sono opere in legno decorate in oro che ricordano i mestieri (macellaio, pescivendolo, panettiere, ecc. ecc.).  Le candelore avanzano instancabili prima della Santa come un apripista, illuminate di fiori e di luci con a capo il capo (quasi sempre mio nonno) e 4 o 6 uomini.  Vengono portate di spalla e di braccia ancora oggi così. Allora in cambio ricevevano carne, pesce, pane … insomma cibo per la famiglia.  Nonno tornava a casa spesso con le piaghe sanguinanti alle spalle, e per giorni indossare anche una misera canotta diventava insopportabile.  Ma si sa, la fame è fame, e lui non rifiutava mai. Così mia mamma e i suoi fratelli sempre orgogliosi del sacrificio del padre raccontavano a noi figli, e oggi ai loro nipoti, quanto fosse brava il loro papà.

Io da piccola ricordo che ci faceva sedere sulla candelora e poi in segno di orgoglio insieme alla sua troupe faceva la classica ballata, da noi chiamata “annacata”.  Noi battevamo le mani, e ci sentivamo fieri del nonno forzuto. Molte sue foto si trovano nel museo delle candelore – era molto noto. Veniva chiamato ’Ngnaziu Nasca.

LC: Dove nacquero i nonni e i genitori?

RP: I nonni materni e mia mamma sono nati di Catania proprio. I nonni paterni e il mio caro papà che non c’è più erano invece di un paesino alle pendici dell’Etna che si chiama Belpasso. Un giorno dal paese, col carretto siciliano e sette figli, i miei nonni paterni scesero in città [Catania] ed aprirono una “putìa” [bottega, negozio], dove il nonno paterno, sempre allegro, veniva chiamato Peppinu Banna.  Cucinava degli ottimi legumi, e serviva il suo vino di casa.  La nonna teneva i conti stando alla cassa. La cucina non era per lei. Comunque faceva bene la maglia.  Mi ha fatto una coperta di lana grande che ancora oggi ho nel mio lettone.

La nonna materna invece era una brava ricamatrice, ed amava cucinare il suo sugo. Non lo imita nessuno, manco le sue figlie. Lo dico sempre a mia mamma. Quel sugo è rimasto solo un caro ricordo. I parenti della nonna materna erano pescatori invece, e ancora i figli dei suoi cari fratelli, ormai tutti deceduti, hanno a che fare col pescato. Perché qualcuno di loro possiede dei pescherecci e rivende il pesce ai grandi mercati della zona.
  RP: The candeloras – “i cannalori” in Sicilian – are wooden structures, weighing between 500 and 700 kilos.

LC: 500 or 700 kilos? [1102 to 1543 lbs.]

RP: Yes! They are made of wood and decorated with gold, commemorating the people’s trades (butcher, fishmonger, baker, etc. etc.).  The candeloras process tirelessly in front of the Saint like trailblazers, illuminated with flowers and light, led by a leader (almost always my grandfather) and 4 to 6 men.  Even today they still carry the candeloras on their backs and arms. Then in return they receive meat, fish, bread … in other words, food for their family. Grandfather returned home often with bloody wounds on his back, and for days, even putting on a miserable T-shirt was unbearable.  But you know, hunger is hunger, and he never refused. For this reason, my mother and her brothers were always proud of the sacrifice their father made, and they recounted to us children, and now to their grandchildren, how brave their father was.

As a little girl, I remember his sitting on the candelora and then, as a sign of pride, together with his troupe, doing the classic dance, which we called “annacata.” We clapped our hands, and we were always proud of our big, strong grandfather. Many photos of him can be found in the museum of the candeloras – he was very well known. He was called ’Ngnaziu Nasca.

LC: Where were your grandparents and parents born?

RP: My maternal grandparents and my mother were born right in Catania. My paternal grandparents and my dear father, who is no longer with us, were instead born in a little town on the slopes of Mt. Etna called Belpasso. One day my paternal grandparents left their town in a traditional, Sicilian-style cart, with their seven children, and went down into the city [Catania]. There my paternal grandfather opened a “putìa” or store. Always cheerful, he was named Peppinu Banna. He cooked excellent legumes and served his own homemade wine. My grandmother handled the money and worked the cash register. Cooking was not her thing. However she was a good knitter.  She made me a big wool bedcover that I still have today on my bed.

My maternal grandmother, on the other hand, was a wonderful embroiderer, and she loved to cook her special sugo. No one else copied the recipe, not even her daughters. I always mention this to my mother. That sugo remains but a fond memory. My maternal grandmother’s dear brothers, now all deceased, were all fisherman, and their children are all into fishing. One of them owns fishing boats and sells the fish to the big markets in the area.
Da Belpasso a Catania. 16,5 km, in un carretto ...
From Belpasso to Catania. More than 10 miles, in a cart ...
LC: In quale paese nascesti tu?

RP: Io sono nata di Catania città. Quando avevo 10 anni mia mamma ha deciso di trasferirsi in paese a Valverde. La città era cambiata; era diventata più caotica così come il quartiere dove abitavo. Pensa, sono la secondogenita di quattro figlie femmine. Mia mamma voleva per noi un paesino tranquillo più a misura d’uomo.

I nostri paesi etnei per fortuna offrono tanto. Io da sposata mi sono trasferita ad Aci Bonaccorsi. Amo la vita tranquilla. La città mi mette ansia e mi stressa tanto. Diciamo che non rimpiango la città.

LC: Anch’io sono così. Quando ero picciutteddu, New York era la mia città preferita del mondo. Oggi è la mia città MENO preferita del mondo. Boston è più calma ed ha moltissima cultura. Ma adesso che abito 35 km ovest di Boston, sto anche meglio!

RP: Sì, è sempre così!
  LC: In what town were you born?

RP: I was born in Catania, in the city. When I was 10 my mother decided to move to the country, to Valverde. The city had changed; it had become more chaotic, including the area where we lived. Imagine, I am the secondborn of four daughters. My mother wanted a small, tranquil town for us, something more people-friendly.

Fortunately, the towns near Mt. Etna have much to offer. When I got married I moved to Aci Bonaccorsi. I love the tranquil life. The city makes me nervous and stresses me out. Let’s just say that I don’t miss the city.

LC: I am that way, too. When I was a little kid, New York was my favorite city in the world. Today it’s my LEAST favorite city in the world. Boston is calmer and has lots of culture. But now that I live more than 20 miles west of Boston, I’m even happier!

RP: Yes, it’s always that way!
Aci Bonaccorsi.
Foto: Giada Privitera
LC: Quando pensi dei cari nonni, cos’è la prima ricetta che ti viene in mente?

RP: Allora, parlo dei miei nonni materni – ho più ricordi di loro – il sugo della nonna e il pesce fresco del nonno. Lui amava il sugo di seppie.

LC: E i tuoi genitori? Cose sono le ricette che saltano prima in mente quando li pensi?

RP: Mio papà non cucinava molto. Ma la cosa che penso è il famoso Pesce al Cartoccio di mamma e tutti i sughi di pesce.

LC: Già hai detto che preferisci il paese alla città. Come ti trovi ad Aci Bonaccorsi? Secondo la wikipedia siciliana,

“Jaci Bonaccossi è nu centru pasturali e avanta na pruduzzioni di li citrati e li racini. Nutàbbuli è la pruduzzioni di li tìpici tumazzi siciliani ca si pòtinu tastari duranti l’annuali ‘Sagra della Ricotta.’ Ogni annu nna li misi d’aprili e maiu cc’è puru nu spittàculu intirissanti di li chianti e di li ciuri.”

RP: Ahahah! Non è che sia una paesana DOC. Ma ti posso dire che le feste sono molto sentite dai paesani. Fanno un festival di fuochi d’artificio conosciuto durante la ricorrenza in agosto del loro patrono, Santo Stefano. È un paese dove ci stanno anche dei pastori; ogni tanto le vie del paese vengono percorse da qualche gregge di caprette o di pecorelle. Ma non mi ricordo ci sia questa sagra della ricotta. Però i formaggi sono ben visti qui.

LC: Allora, ho richiesto tre ricette, in onore dei nonni, dei genitori, e della Patrona. Che cos’hai per noi?

RP: La pasta al forno della nonna, il sugo col pesce della mamma, e il tipico torrone con le mandorle pralinate tipiche della festa di S. Agata.

LC: Prima d’immergerci in queste tre bellissime ricette: di recente hai pubblicato una foto delle “cartocciate,” che hai detto tua mamma faceva, e anche la nonna. So che dentro si mette “quel che si trova nel frigo.” Ma per l’impasto?
  LC: When you think of your dear grandparents, what is the first recipe that comes to mind?

RP: OK, well I’ll speak of my maternal grandparents – I have more memories of them – my grandmother’s sugo and my grandfather’s fresh fish. He loved cuttlefish sauce.

LC: And your parents? What are the recipes that first leap to mind when you think of them?

RP: My father didn’t cook a lot. But the thing that I think of is my mother’s famous Pesce al Cartoccio [fish wrapped in baking paper, then aluminum foil] and all of the fish sauces.

LC: You already said that you prefer the country to the city. How do you like Aci Bonaccorsi? According to the Sicilian Wikipedia:

“Aci Bonaccorsi is a pastoral center and boasts a production of citrus fruit and wine gripes. Notable is the production of typical Sicilian cheeses that can be tasted during the annual ‘Ricotta Festival.’ Every year in the months of April and May, there is also an interesting wine show and a flower show.”

RP: Hahaha! I’m not exactly a genuine native of the town. But I can tell you that the feasts are very beloved by the townsfolk. They have a well-known fireworks festival that takes place in August during the celebration of their patron saint, St. Stephen. The town also has shepherds; every so often a herd of nanny goats or ewes will cross the street. I’m not familiar with the ricotta festival, but the cheeses here are highly regarded.

LC: So, I requested three recipes, in honor of your grandparents, your parents, and your Patron Saint. What do you have for us?

RP: The baked pasta of my grandmother, the fish sauce of my mother, and the almond praline torrone traditional to the Feast of St. Agatha.

LC: Before immersing ourselves in these three beautiful recipes: recently you published a photo of “cartocciate,” which you said your mother and your grandmother both made. I know that inside you put “whatever’s in the fridge.” But for the dough?
ledeliziedicasamia.blogspot.com
RP: Ci vuole 600 gr di pasta per pane, fatta con sola semola di grano duro siciliana. Questa volta le ho riempite con cipolle, pomodoro, olive e prosciutto cotto, e tanto formaggio. Vanno fritte.

LC: Ah, fritte, non cotte nel forno. Qua sono popolarissime i “calzoni,” con la pasta per pizza e cotte nel forno. Il segreto sarebbe trovare quella semola di grano duro siciliana ...Questa semola ha un sapore molto distinto. È strepitosa. A Messina ho mangiato una fetta – be’, molte fette! – di questo pane di semola siciliana. Anche la pasta Poiatti, mentre cuoce, emette quest’odore distinto. Chissà dove si trova qua – anche se nella Canadà hanno del miglior grano duro nel mondo. Loro hanno anche un buonissimo grano tenero, la “farina manitoba” (Manitoba essendo una provincia canadese). Ma nessuna di queste farine hanno quel gusto distintissimo che ha la semola siciliana.

RP: Be’, indubbiamente avete anche voi delle cose tradizionali vostre.

LC: Ma ecco l’ironia di tutto questo. Eccomi qua, negli Stati Uniti, nazione presumibilmente “ricca.” La farina giusta non abbiamo. I pomodori giusti non abbiamo. Dei formaggi non possiamo parlare. In Europa le vacche e le pecore mangiano l’erba bio, il fieno bio, tutto bio. Quindi il latte esce bio. Qua, cosa mangiano gli animali? Che tipo di latte esce? Quante sostanze chimiche si mettono dentro?

Ma l’ironia principale è questa:  Qua, per comprare una chitarra per fare gli spaghetti, la gente “upper middle class” va in un negozio chic e spende $40. Per comprare un’apparecchio per fare appendere gli spaghetti (gli avi usavano le sedie!), si spende $30. Prosciutto vero, $15-20 per 450 gr. Guanciale, $20-25 per 450 gr. Ma i nostri bisnonni analfabeti che non avevano due lire mangiavano questa roba! Mangiavano la pasta e il pane integrali perché la farina bianca non esisteva. Mangiavano i frutti e le verdure bio perché le sostanze chimiche non esistevano. Qua, per vivere questa vita in America – per TROVARE i prodotti bio, per TROVARE l’evo che contiene solo olive – devi spendere un sacco di soldi, per vivere la vita che vivevano i miserabili d’una volta. Questo, secondo te, significa il PROGRESSO? Mio nonno mi diceva che nei vecchi tempi i cani mangiavano il prosciutto. Suggerirei, dunque, che almeno in certi rispetti, i cani siciliani di una volta mangiavano meglio della gente americana di oggi.

RP: Sul punto di vista nutrizionale e culinario, hai pienamente ragione. Noi abbiamo tante belle e buone materie prime che Madre Natura ci offre: clima, mare, monti, vulcano, sole, ecc. ecc. Ma non abbiamo lavoro. Non abbiamo più sogni da realizzare. Ti alzi al mattino e devi solo pagare tasse, che arricchiscono sempre gli stessi. Ne siamo stufi. Obama l’altra sera [nello “State of the Union Address”] ha alzato il salario minimo. Qui non c’è più un salario. Siamo alla soglia di povertà. Ti alzi al mattino e non sai come devi campà. Ecco cosa intendo quando dico che, a volte, vorrei andare via dalla mia terra. Ma come dici tu, se mi fermo in aperta campagna trovo arance, trovo verdura e tutto bio. Ma solo questo non basta più a noi siciliani. Non voglio disperare, e spero che le cose cambino e che la mia terra emerga da questo buio.

LC: Grazie, Rusidda, per avere questa meravigliosa conversazione con me!

RP: Grazie a te, Leonardo! Ti ringrazio di cuore, che con i tuoi post, i tuoi racconti di vita, hai parlato anche di me e della mia sicilianità in cucina. E una dedica particolare la dono a chi mi ha dato radici forti per fare della mia cucina un trionfo di sapori veri e genuini, come sono io nella vita: la mia famiglia.


***


PASTA AL FORNO DELLA NONNA
  RP: You need 600 grams of bread dough, made with only semola di grano duro siciliana [Sicilian durum wheat flour]. This time I filled them with onions, tomatoes, olives, and ham, and lots of cheese. Then they’re fried.

LC: Oh, they’re fried, not baked. Here “calzones” are very popular. They are made with pizza dough and baked in the oven. The secret would be to find that Sicilian durum wheat flour ... This flour has a very distinct flavor. It’s sensational. In Messina I ate a slice – OK, many slices! – of this Sicilian semolina bread. Even Poiatti pasta, while it’s cooking, emits this distinct aroma. Who knows where you’d find it here – even though in Canada they have some of the best durum wheat in the world. They have a very good soft wheat called “farina manitoba” (named after the province in Canada). But none of these flours have that very distinct taste of Sicilian semolina.

RP: Well, I’m sure you have your own traditional things.

LC: But here is the irony of all this. Here I am, in the United States, a presumably “rich” country. We don’t have the right flour. We don’t have the right tomatoes. Best not to talk about the cheeses. In Europe the cows and ewes eat organic grass, organic hay, organic everything. Therefore the milk comes out organic. Here, what do the animals eat? What type of milk comes out? How many chemicals do they put inside?

But the main irony is this: Here, to buy a chitarra to make spaghetti, the “upper middle class” go into a high-end store and spend $40. To buy a gadget to hang the spaghetti (our ancestors used chairs!), you spend $30. Real prosciutto, $15-20 a pound. Guanciale, $20-25 a pound. But our illiterate ancestors who didn’t have two cents ate this stuff! They ate whole-wheat pasta and whole-wheat bread because white flour didn’t exist. They ate organic fruits and vegetables because chemicals didn’t exist. Here, to live this life in America – to FIND organic products, to FIND extra-virgin olive oil that contains only olives – you have to spend a pile of money, to live the life that dirt-poor people used to live. This, in your opinion, is PROGRESS? My grandfather used to tell me that in the olden days they used to give prosciutto to the dogs. I would suggest, then, that at least in certain respects, Sicilian dogs in the olden days ate better than American people do today.

RP: From a nutritional and culinary point of view, you are absolutely right. We have many good and beautiful natural resources which Mother Nature provides us: climate, sea, mountains, volcano, sun, etc. etc. But we don’t have work. We no longer have dreams to have come true. You wake up in the morning and all you do is pay taxes, which always make the same people rich. The other night Obama [in the State of the Union Address] raised the minimum wage. Here there is no longer a wage. We are on the threshold of poverty. You wake up in the morning, and you don’t know how you’re going to live. That is what I mean when I say that, at times, I would like to leave my country. But like you say, if I go into the open country I find oranges, I find vegetables, and they’re all organic. But this alone is no longer enough to us Sicilians. I don’t want to despair, and I hope that things change and that my country emerges from this darkness.

LC: Thank you, Rusidda, for having this wonderful conversation with me!

RP: Thank you, Leonardo! A heartfelt thanks to you, who, in your posts and your life stories, you have even spoken about me and my Sicilianity in the kitchen. And, in particular I would like to dedicate this to those who gave me the strong roots with which to make my cooking a triumph of true and genuine flavors, and to make me true and genuine as a person: my family.

***

NONNA’S BAKED PASTA
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Questa è una pasta che spesso faceva mia nonna materna e che a noi piaceva tanto. Lei la chiamava “pasta al forno alla mozzarella”. Io a volte sostituisco la provola ragusana, ma il procedimento è fatto uguale uguale: un sugo al pomodoro, con tanti capperi, acciughe, prezzemolo...

Ingredienti per 6 persone:

500 gr pasta (io penne rigate)
1 litro di passata di pomodoro
una bella manciata di capperi
un bel ciuffo di prezzemolo, tritato
1 spicchio di aglio
5 filetti di acciughe
olio evo
pangrattato
formaggio grattugiato, q.b
mozzarella a volontà

Preparazione:

Preparate il sugo, facendo sciogliere in una casseruola le acciughe con un bel filo d’olio evo e facendo dorare l’aglio, che poi va eliminato. Aggiungete quindi la vostra passata di pomodoro, i capperi e, solo quasi a fine cottura, del prezzemolo tritato. Lessate le penne al dente, scolatele ed mescolate con il sugo. Prendete una pirofila, ungetela di olio e spolverate di pangrattato, versate un primo strato di pasta, farcite con del prezzemolo tritato e tanta mozzarella, finite con l’ultimo strato di pasta, ancora trito di prezzemolo, altra mozzarella e cospargete di pangrattato, formaggio grattugiato a piacere e altro prezzemolo tritato. Cuocete in forno per 10 minutini circa, se occorre fate gratinare e servite!

CASERECCE AL RAGÙ DI MASCULINI (ALICI)
  This is a pasta dish that my maternal grandmother made often and that we enjoyed very much. She called it “pasta al forno alla mozzarella”. I sometimes substitute provola ragusana [a young provolone from Ragusa], but the procedure is exactly the same: tomato sauce, lots of capers, anchovies, parsley ...

Ingredients for 6 people:

1 lb pasta (I used penne rigate)
1 liter of tomato purée
a good handful of capers
a good tuft of parsley, chopped
1 clove garlic
5 anchovy filets
extra-virgin olive oil
breadcrumbs
grated cheese to taste
a good amount of mozzarella

Preparation:

In a pan, heat the olive oil and sauté the anchovies till they break apart and the garlic until it is golden. Discard the garlic clove. Then add the tomato purée, the capers and, almost at the end, some chopped parsley. Boil the penne al dente, strain them, and mix them with the sauce. Take an oven pan, oil it, sprinkle it with breadcrumbs, and pour half of the pasta. Add a layer of chopped parsley and lots of mozzarella. Add a layer of the rest of the pasta. Add more parsley and mozzarella. Sprinkle with breadcrumbs, grated cheese to taste, and more parsley. Cook in the oven for around 10 minutes. If you’d like, brown the top (au gratin), and serve!


CASERECCE WITH ANCHOVY SAUCE
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Ecco un primo piatto che fa parte della tradizione di famiglia. La faceva mia nonna materna, poi mia mamma e adesso noi figlie. Piace tanto anche ai piccoli. Il ragù di “masculini” per noi siciliani, di “alici” per tutti.

Semplice e molto gustoso nel suo insieme, vuole come tutti i buoni ragù una cottura a fiamma dolce.

Ingredienti per 4 persone:

400 gr di alici fresche, diliscate e ben pulite
1 tubetto di 130 gr di doppio concentrato di pomodoro
piselli (io surgelati home made) q.b
1 cipollina fresca
olio evo
vino (io quello di casa)
320 gr pasta (io le casarecce)

Preparazione:

In una casseruola fare dorare la cipollina con un bel filo di olio evo. Aggiungete le alici, sfumate con del vino ed aggiungete il concentrato. Aggiungete quindi un po’ di acqua calda e fate cuocere. Appena inizia il bollore aggiungete i piselli e a metà cottura aggiustate di sale. Fate cuocere a fiamma dolcissima. Appena sarà ben ristretto è pronto; quindi scolate la pasta ben al dente e mantecatela al vostro ragù.


TORRONE ALLE MANDORLE PRALINATE
  Here is a first course that is part of our family’s tradition. My maternal grandmother made it, then my mother, and now we daughters make it. Even the young ones like it. To us Sicilians it is ragù di “masculini”; to everyone else it is ragù di “alici.”

A simple and very tasty ensemble, this anchovy sauce, like all ragùs, requires slow cooking on low heat.

Ingredients for 4 people:

400 gr fresh anchovies, deboned and cleaned well
1 tube (130 gr) of tomato paste
peas (I made homemade frozen peas)
1 small fresh onion
extra-virgin olive oil
wine (I use homemade)
¾ lb pasta (I use casarecce)

Preparation:

In a pan, heat some olive oil and sauté the small onion until golden. Add the anchovies, then some wine, then the tomato paste. Then add a little warm water and cook. As soon as it reaches the boiling point add the peas. Halfway through cooking, adjust the salt. Cook on a very low flame. As soon as the sauce has reduced to a good thickness, it is ready. Then strain the pasta when it is al dente and add it to your ragù.

TORRONE WITH SUGAR-COATED ALMONDS
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Translator’s note: this is a hard torrone, not the soft nougat that is most often encountered in America.
In tutta la famiglia sono l’unica che fa il torrone e le mandorle pralinate. E non me lo ha insegnato nessuno. Vado a naso. Non ho termometri per misurare il caramello. Lascio fare al mio naso, ai miei occhi, alle mie mani ...

Preparando questa ricetta, io sono tornata indietro negli anni, nella mia adolescenza quando in occasione della festa della Santa Patrona camminavamo per le strade con in mano un bel cartoccio di mandorle caramellate o con un bel pezzo di torrone intero ...

Ingredienti:

300 gr di mandorle
300 gr di zucchero
cannella in polvere (facoltativo)

Preparazione:

I maestri del torrone preparano questo in una pentola in rame che gira continuamente, tipo betoniera del cemento. Basta usare una pentola ai bordi alti.

Fate scaldare la pentola vuota (senz’acqua, senza niente). Aggiungete lo zucchero e fatelo sciogliere. Poi aggiungete le mandorle e lasciatele tostare bene. Poi versatele su un foglio di carta oleata (per chi non ha un piano di marmo o di pietra lavica ... Deve essere un piano freddo, naturale ma levigato. Io in cucina ad esempio ho un piano di pietra lavica levigata. Lì faccio i miei impasti!). Formate e lasciate raffreddare il torrrone. Usate delle palette oleate bene per evitare che il torrone bollente si attacchi ovunque ed evitate così di ustionarvi.

La cannella non è un ingrediente nella ricetta tradizionale. Mi piace aggiungerla per profumare ancor di più le mandorle.
  I am the only person in the whole family who makes torrone and sugar-coated almonds. And no one taught me. I go by nose. I don’t have thermometers to measure the temperature of the caramel. I leave it to my nose, my eyes, my hands ...

Preparing this recipe took me back in time, to my adolescence when on the occasion of the feast of our Patron Saint we walked down the streets with a nice parchment-paper sack of caramel almonds and with a nice piece of whole torrone ...

Ingredients:

300 gr almonds
300 gr sugar
ground cinnamon (optional)

Preparation:

The torrone masters prepare this in a copper pan that turns continuously, like a cement mixer. You can simply use a pot with high sides.

Heat the empty pot (no water, nothing in the pan). Add the sugar and let it melt. Then add the almonds and let them roast well. Then pour the mixture onto a sheet of baking paper (for those who do not have a board of marble or of lava stone ... It must be a cold board, natural but polished. For example, in my kitchen I have a board of polished lava stone. It’s what I use to make my dough!). Form the torrone and let it cool. Use some well-oiled spatulas to prevent the hot torrone from sticking everywhere and to avoid burning yourself.

The cinnamon is not an ingredient in the traditional recipe. I like to add it to give the almonds even more flavor.