STORIA DI UNA CATANESE
Una conversazione con Rossella Palmieri, autrice del blog “Le Delizie di Casa Mia” (http://ledeliziedicasamia.blogspot.it) Pubblicata sulla festa di Sant’Agata, Patrona di Catania 5 febbraio 2014 Introduzione È un’ironia che porto con me ogni giorno. Come molti americani, sogno l’Italia, la vita italiana, tutte le cose italiane. I miei amici italiani sognano l’America, la vita americana, tutte le cose americane. Tutti i due lati credono che il proprio paese sia un inferno e l’altro paese sia un paradiso. Queste due prospettive si sono giustapposte in modo potente ed inatteso durante questa conversazione. Rossella Palmieri abita ad Aci Bonaccorsi, nell’ombra di Monte Etna. Conduce una vita semplice che, comunque, sarebbe l’invidia di molti americani ricchi – in particolare il grandioso forno a legno che sta nella sua casa, nel suo angolo rustico di cucina. Un vero focolare domestico – la roba dalle novelle vittoriane! Almeno, appare così negli occhi di un cittadino americano come me. (Nota bene: La Festa di Sant’Agata è la festa religiosa terza più grande nel mondo, dopo la festa della Settimana Santa a Siviglia, Spagna, e quella del Corpus Christi a Cuzco, Perù. Dunque, non c’è esagerazione quando Rossella parla dei milioni di devoti.) ***
LC: Raccontaci un po’ di Sant’Agata – e dei tuoi nonni.
RP: Sant’Agata è la patrona della mia città, Catania. Morì martire giovanissima. Pensa che il suo velo fu usato per fermare una colata lavica che minacciava la città. Ogni anno attira a sè milioni di devoti col loro sacco bianco, con i loro pesanti ceri accesi in segno di devozione, che urlano all’unisono:
“Semu tutti divoti, tutti? Cittatini, cittatini! Evviva sant’Àjta!”
Pensa che mio nonno, per arrotondare il suo misero stipendio, da giovane faceva lo scaricatore di porto, e tutti i lavori pesanti per la sua stazza imponente, alto e forte. Ogni mattina s’alzava presto e andava al porto a vedere se c’era manovalanza per lui. Durante la festa della Patrona veniva scelto per portare le candelore.
LC: Candelore? Cose sono?
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THE STORY OF A WOMAN FROM CATANIA
A Conversation with Rossella Palmieri, author of the blog “Le Delizie di Casa Mia” (http://ledeliziedicasamia.blogspot.it) Published on the feast day of St. Agatha, Patron Saint of Catania 5 February 2014 Introduction It is an irony that I carry around with me every day. Like many Americans, I dream about Italy, about Italian life, about all things Italian. My Italian friends dream about America, about American life, about all things American. Both sides believe that their country is a hell and the other country is a paradise. These two perspectives were juxtaposed in a powerful and unexpected way during this conversation. Rossella Palmieri lives in Aci Bonaccorsi, in the shadow of Mt. Etna. She leads a simple life which, however, would be the envy of many rich Americans – in particular her grand brick oven, located in the unfinished corner of her kitchen. A true hearth and home – the stuff of Victorian novels! At least, it appears that way in the eyes of an American city-dweller like me. (Note well: The Feast of St. Agatha is the third largest religious festival in the world, after the Holy Week festival in Seville, Spain, and the Corpus Christi festival in Cuzco, Peru. Therefore, there is no exaggeration when Rossella speaks of the millions of participants.) ***
LC: Tell us a little about St. Agatha – and about your grandparents.
RP: St. Agatha is the patron saint of my city, Catania. She died a very young martyr. Her veil was used to stop a river of lava that was threatening the city. Every year she attracts millions of devoted followers clothed in white sackcloth, carrying their large, heavy candles lit as a sign of devotion, singing loudly in unison:
“Are we all devoted, all of us? Citizens, citizens! Long live St. Agatha!”
Imagine my grandfather as a youth, supplementing his meager salary by working as a longshoreman at the port, all the heavy lifting with his imposing stature, tall and strong. Every morning he rose early and went to the port to see if there was any work for him. During the Feast of St. Agatha he was chosen to carry the candeloras.
LC: Candeloras? What are they?
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RP: Le candelore – “i cannalori” in siciliano – sono strutture in legno, dal peso di 500/700 chili.
LC: 500 o 700 chili? RP: Sì! Sono opere in legno decorate in oro che ricordano i mestieri (macellaio, pescivendolo, panettiere, ecc. ecc.). Le candelore avanzano instancabili prima della Santa come un apripista, illuminate di fiori e di luci con a capo il capo (quasi sempre mio nonno) e 4 o 6 uomini. Vengono portate di spalla e di braccia ancora oggi così. Allora in cambio ricevevano carne, pesce, pane … insomma cibo per la famiglia. Nonno tornava a casa spesso con le piaghe sanguinanti alle spalle, e per giorni indossare anche una misera canotta diventava insopportabile. Ma si sa, la fame è fame, e lui non rifiutava mai. Così mia mamma e i suoi fratelli sempre orgogliosi del sacrificio del padre raccontavano a noi figli, e oggi ai loro nipoti, quanto fosse brava il loro papà. Io da piccola ricordo che ci faceva sedere sulla candelora e poi in segno di orgoglio insieme alla sua troupe faceva la classica ballata, da noi chiamata “annacata”. Noi battevamo le mani, e ci sentivamo fieri del nonno forzuto. Molte sue foto si trovano nel museo delle candelore – era molto noto. Veniva chiamato ’Ngnaziu Nasca. LC: Dove nacquero i nonni e i genitori? RP: I nonni materni e mia mamma sono nati di Catania proprio. I nonni paterni e il mio caro papà che non c’è più erano invece di un paesino alle pendici dell’Etna che si chiama Belpasso. Un giorno dal paese, col carretto siciliano e sette figli, i miei nonni paterni scesero in città [Catania] ed aprirono una “putìa” [bottega, negozio], dove il nonno paterno, sempre allegro, veniva chiamato Peppinu Banna. Cucinava degli ottimi legumi, e serviva il suo vino di casa. La nonna teneva i conti stando alla cassa. La cucina non era per lei. Comunque faceva bene la maglia. Mi ha fatto una coperta di lana grande che ancora oggi ho nel mio lettone. La nonna materna invece era una brava ricamatrice, ed amava cucinare il suo sugo. Non lo imita nessuno, manco le sue figlie. Lo dico sempre a mia mamma. Quel sugo è rimasto solo un caro ricordo. I parenti della nonna materna erano pescatori invece, e ancora i figli dei suoi cari fratelli, ormai tutti deceduti, hanno a che fare col pescato. Perché qualcuno di loro possiede dei pescherecci e rivende il pesce ai grandi mercati della zona. | RP: The candeloras – “i cannalori” in Sicilian – are wooden structures, weighing between 500 and 700 kilos.
LC: 500 or 700 kilos? [1102 to 1543 lbs.] RP: Yes! They are made of wood and decorated with gold, commemorating the people’s trades (butcher, fishmonger, baker, etc. etc.). The candeloras process tirelessly in front of the Saint like trailblazers, illuminated with flowers and light, led by a leader (almost always my grandfather) and 4 to 6 men. Even today they still carry the candeloras on their backs and arms. Then in return they receive meat, fish, bread … in other words, food for their family. Grandfather returned home often with bloody wounds on his back, and for days, even putting on a miserable T-shirt was unbearable. But you know, hunger is hunger, and he never refused. For this reason, my mother and her brothers were always proud of the sacrifice their father made, and they recounted to us children, and now to their grandchildren, how brave their father was. As a little girl, I remember his sitting on the candelora and then, as a sign of pride, together with his troupe, doing the classic dance, which we called “annacata.” We clapped our hands, and we were always proud of our big, strong grandfather. Many photos of him can be found in the museum of the candeloras – he was very well known. He was called ’Ngnaziu Nasca. LC: Where were your grandparents and parents born? RP: My maternal grandparents and my mother were born right in Catania. My paternal grandparents and my dear father, who is no longer with us, were instead born in a little town on the slopes of Mt. Etna called Belpasso. One day my paternal grandparents left their town in a traditional, Sicilian-style cart, with their seven children, and went down into the city [Catania]. There my paternal grandfather opened a “putìa” or store. Always cheerful, he was named Peppinu Banna. He cooked excellent legumes and served his own homemade wine. My grandmother handled the money and worked the cash register. Cooking was not her thing. However she was a good knitter. She made me a big wool bedcover that I still have today on my bed. My maternal grandmother, on the other hand, was a wonderful embroiderer, and she loved to cook her special sugo. No one else copied the recipe, not even her daughters. I always mention this to my mother. That sugo remains but a fond memory. My maternal grandmother’s dear brothers, now all deceased, were all fisherman, and their children are all into fishing. One of them owns fishing boats and sells the fish to the big markets in the area. |
Da Belpasso a Catania. 16,5 km, in un carretto ... From Belpasso to Catania. More than 10 miles, in a cart ... |
LC: In quale paese nascesti tu?
RP: Io sono nata di Catania città. Quando avevo 10 anni mia mamma ha deciso di trasferirsi in paese a Valverde. La città era cambiata; era diventata più caotica così come il quartiere dove abitavo. Pensa, sono la secondogenita di quattro figlie femmine. Mia mamma voleva per noi un paesino tranquillo più a misura d’uomo. I nostri paesi etnei per fortuna offrono tanto. Io da sposata mi sono trasferita ad Aci Bonaccorsi. Amo la vita tranquilla. La città mi mette ansia e mi stressa tanto. Diciamo che non rimpiango la città. LC: Anch’io sono così. Quando ero picciutteddu, New York era la mia città preferita del mondo. Oggi è la mia città MENO preferita del mondo. Boston è più calma ed ha moltissima cultura. Ma adesso che abito 35 km ovest di Boston, sto anche meglio! RP: Sì, è sempre così! | LC: In what town were you born? RP: I was born in Catania, in the city. When I was 10 my mother decided to move to the country, to Valverde. The city had changed; it had become more chaotic, including the area where we lived. Imagine, I am the secondborn of four daughters. My mother wanted a small, tranquil town for us, something more people-friendly. Fortunately, the towns near Mt. Etna have much to offer. When I got married I moved to Aci Bonaccorsi. I love the tranquil life. The city makes me nervous and stresses me out. Let’s just say that I don’t miss the city. LC: I am that way, too. When I was a little kid, New York was my favorite city in the world. Today it’s my LEAST favorite city in the world. Boston is calmer and has lots of culture. But now that I live more than 20 miles west of Boston, I’m even happier! RP: Yes, it’s always that way! |
Aci Bonaccorsi. Foto: Giada Privitera |
LC: Quando pensi dei cari nonni, cos’è la prima ricetta che ti viene in mente?
RP: Allora, parlo dei miei nonni materni – ho più ricordi di loro – il sugo della nonna e il pesce fresco del nonno. Lui amava il sugo di seppie. LC: E i tuoi genitori? Cose sono le ricette che saltano prima in mente quando li pensi? RP: Mio papà non cucinava molto. Ma la cosa che penso è il famoso Pesce al Cartoccio di mamma e tutti i sughi di pesce. LC: Già hai detto che preferisci il paese alla città. Come ti trovi ad Aci Bonaccorsi? Secondo la wikipedia siciliana,
“Jaci Bonaccossi è nu centru pasturali e avanta na pruduzzioni di li citrati e li racini. Nutàbbuli è la pruduzzioni di li tìpici tumazzi siciliani ca si pòtinu tastari duranti l’annuali ‘Sagra della Ricotta.’ Ogni annu nna li misi d’aprili e maiu cc’è puru nu spittàculu intirissanti di li chianti e di li ciuri.”
RP: Ahahah! Non è che sia una paesana DOC. Ma ti posso dire che le feste sono molto sentite dai paesani. Fanno un festival di fuochi d’artificio conosciuto durante la ricorrenza in agosto del loro patrono, Santo Stefano. È un paese dove ci stanno anche dei pastori; ogni tanto le vie del paese vengono percorse da qualche gregge di caprette o di pecorelle. Ma non mi ricordo ci sia questa sagra della ricotta. Però i formaggi sono ben visti qui. LC: Allora, ho richiesto tre ricette, in onore dei nonni, dei genitori, e della Patrona. Che cos’hai per noi? RP: La pasta al forno della nonna, il sugo col pesce della mamma, e il tipico torrone con le mandorle pralinate tipiche della festa di S. Agata. LC: Prima d’immergerci in queste tre bellissime ricette: di recente hai pubblicato una foto delle “cartocciate,” che hai detto tua mamma faceva, e anche la nonna. So che dentro si mette “quel che si trova nel frigo.” Ma per l’impasto? | LC: When you think of your dear grandparents, what is the first recipe that comes to mind?
RP: OK, well I’ll speak of my maternal grandparents – I have more memories of them – my grandmother’s sugo and my grandfather’s fresh fish. He loved cuttlefish sauce. LC: And your parents? What are the recipes that first leap to mind when you think of them? RP: My father didn’t cook a lot. But the thing that I think of is my mother’s famous Pesce al Cartoccio [fish wrapped in baking paper, then aluminum foil] and all of the fish sauces. LC: You already said that you prefer the country to the city. How do you like Aci Bonaccorsi? According to the Sicilian Wikipedia:
“Aci Bonaccorsi is a pastoral center and boasts a production of citrus fruit and wine gripes. Notable is the production of typical Sicilian cheeses that can be tasted during the annual ‘Ricotta Festival.’ Every year in the months of April and May, there is also an interesting wine show and a flower show.”
RP: Hahaha! I’m not exactly a genuine native of the town. But I can tell you that the feasts are very beloved by the townsfolk. They have a well-known fireworks festival that takes place in August during the celebration of their patron saint, St. Stephen. The town also has shepherds; every so often a herd of nanny goats or ewes will cross the street. I’m not familiar with the ricotta festival, but the cheeses here are highly regarded. LC: So, I requested three recipes, in honor of your grandparents, your parents, and your Patron Saint. What do you have for us? RP: The baked pasta of my grandmother, the fish sauce of my mother, and the almond praline torrone traditional to the Feast of St. Agatha. LC: Before immersing ourselves in these three beautiful recipes: recently you published a photo of “cartocciate,” which you said your mother and your grandmother both made. I know that inside you put “whatever’s in the fridge.” But for the dough? |
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RP: Ci vuole 600 gr di pasta per pane, fatta con sola semola di grano duro siciliana. Questa volta le ho riempite con cipolle, pomodoro, olive e prosciutto cotto, e tanto formaggio. Vanno fritte.
LC: Ah, fritte, non cotte nel forno. Qua sono popolarissime i “calzoni,” con la pasta per pizza e cotte nel forno. Il segreto sarebbe trovare quella semola di grano duro siciliana ...Questa semola ha un sapore molto distinto. È strepitosa. A Messina ho mangiato una fetta – be’, molte fette! – di questo pane di semola siciliana. Anche la pasta Poiatti, mentre cuoce, emette quest’odore distinto. Chissà dove si trova qua – anche se nella Canadà hanno del miglior grano duro nel mondo. Loro hanno anche un buonissimo grano tenero, la “farina manitoba” (Manitoba essendo una provincia canadese). Ma nessuna di queste farine hanno quel gusto distintissimo che ha la semola siciliana. RP: Be’, indubbiamente avete anche voi delle cose tradizionali vostre. LC: Ma ecco l’ironia di tutto questo. Eccomi qua, negli Stati Uniti, nazione presumibilmente “ricca.” La farina giusta non abbiamo. I pomodori giusti non abbiamo. Dei formaggi non possiamo parlare. In Europa le vacche e le pecore mangiano l’erba bio, il fieno bio, tutto bio. Quindi il latte esce bio. Qua, cosa mangiano gli animali? Che tipo di latte esce? Quante sostanze chimiche si mettono dentro? Ma l’ironia principale è questa: Qua, per comprare una chitarra per fare gli spaghetti, la gente “upper middle class” va in un negozio chic e spende $40. Per comprare un’apparecchio per fare appendere gli spaghetti (gli avi usavano le sedie!), si spende $30. Prosciutto vero, $15-20 per 450 gr. Guanciale, $20-25 per 450 gr. Ma i nostri bisnonni analfabeti che non avevano due lire mangiavano questa roba! Mangiavano la pasta e il pane integrali perché la farina bianca non esisteva. Mangiavano i frutti e le verdure bio perché le sostanze chimiche non esistevano. Qua, per vivere questa vita in America – per TROVARE i prodotti bio, per TROVARE l’evo che contiene solo olive – devi spendere un sacco di soldi, per vivere la vita che vivevano i miserabili d’una volta. Questo, secondo te, significa il PROGRESSO? Mio nonno mi diceva che nei vecchi tempi i cani mangiavano il prosciutto. Suggerirei, dunque, che almeno in certi rispetti, i cani siciliani di una volta mangiavano meglio della gente americana di oggi. RP: Sul punto di vista nutrizionale e culinario, hai pienamente ragione. Noi abbiamo tante belle e buone materie prime che Madre Natura ci offre: clima, mare, monti, vulcano, sole, ecc. ecc. Ma non abbiamo lavoro. Non abbiamo più sogni da realizzare. Ti alzi al mattino e devi solo pagare tasse, che arricchiscono sempre gli stessi. Ne siamo stufi. Obama l’altra sera [nello “State of the Union Address”] ha alzato il salario minimo. Qui non c’è più un salario. Siamo alla soglia di povertà. Ti alzi al mattino e non sai come devi campà. Ecco cosa intendo quando dico che, a volte, vorrei andare via dalla mia terra. Ma come dici tu, se mi fermo in aperta campagna trovo arance, trovo verdura e tutto bio. Ma solo questo non basta più a noi siciliani. Non voglio disperare, e spero che le cose cambino e che la mia terra emerga da questo buio. LC: Grazie, Rusidda, per avere questa meravigliosa conversazione con me! RP: Grazie a te, Leonardo! Ti ringrazio di cuore, che con i tuoi post, i tuoi racconti di vita, hai parlato anche di me e della mia sicilianità in cucina. E una dedica particolare la dono a chi mi ha dato radici forti per fare della mia cucina un trionfo di sapori veri e genuini, come sono io nella vita: la mia famiglia.
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PASTA AL FORNO DELLA NONNA | RP: You need 600 grams of bread dough, made with only semola di grano duro siciliana [Sicilian durum wheat flour]. This time I filled them with onions, tomatoes, olives, and ham, and lots of cheese. Then they’re fried.
LC: Oh, they’re fried, not baked. Here “calzones” are very popular. They are made with pizza dough and baked in the oven. The secret would be to find that Sicilian durum wheat flour ... This flour has a very distinct flavor. It’s sensational. In Messina I ate a slice – OK, many slices! – of this Sicilian semolina bread. Even Poiatti pasta, while it’s cooking, emits this distinct aroma. Who knows where you’d find it here – even though in Canada they have some of the best durum wheat in the world. They have a very good soft wheat called “farina manitoba” (named after the province in Canada). But none of these flours have that very distinct taste of Sicilian semolina. RP: Well, I’m sure you have your own traditional things. LC: But here is the irony of all this. Here I am, in the United States, a presumably “rich” country. We don’t have the right flour. We don’t have the right tomatoes. Best not to talk about the cheeses. In Europe the cows and ewes eat organic grass, organic hay, organic everything. Therefore the milk comes out organic. Here, what do the animals eat? What type of milk comes out? How many chemicals do they put inside? But the main irony is this: Here, to buy a chitarra to make spaghetti, the “upper middle class” go into a high-end store and spend $40. To buy a gadget to hang the spaghetti (our ancestors used chairs!), you spend $30. Real prosciutto, $15-20 a pound. Guanciale, $20-25 a pound. But our illiterate ancestors who didn’t have two cents ate this stuff! They ate whole-wheat pasta and whole-wheat bread because white flour didn’t exist. They ate organic fruits and vegetables because chemicals didn’t exist. Here, to live this life in America – to FIND organic products, to FIND extra-virgin olive oil that contains only olives – you have to spend a pile of money, to live the life that dirt-poor people used to live. This, in your opinion, is PROGRESS? My grandfather used to tell me that in the olden days they used to give prosciutto to the dogs. I would suggest, then, that at least in certain respects, Sicilian dogs in the olden days ate better than American people do today. RP: From a nutritional and culinary point of view, you are absolutely right. We have many good and beautiful natural resources which Mother Nature provides us: climate, sea, mountains, volcano, sun, etc. etc. But we don’t have work. We no longer have dreams to have come true. You wake up in the morning and all you do is pay taxes, which always make the same people rich. The other night Obama [in the State of the Union Address] raised the minimum wage. Here there is no longer a wage. We are on the threshold of poverty. You wake up in the morning, and you don’t know how you’re going to live. That is what I mean when I say that, at times, I would like to leave my country. But like you say, if I go into the open country I find oranges, I find vegetables, and they’re all organic. But this alone is no longer enough to us Sicilians. I don’t want to despair, and I hope that things change and that my country emerges from this darkness. LC: Thank you, Rusidda, for having this wonderful conversation with me! RP: Thank you, Leonardo! A heartfelt thanks to you, who, in your posts and your life stories, you have even spoken about me and my Sicilianity in the kitchen. And, in particular I would like to dedicate this to those who gave me the strong roots with which to make my cooking a triumph of true and genuine flavors, and to make me true and genuine as a person: my family.
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NONNA’S BAKED PASTA |
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Questa è una pasta che spesso faceva mia nonna materna e che a noi piaceva tanto. Lei la chiamava “pasta al forno alla mozzarella”. Io a volte sostituisco la provola ragusana, ma il procedimento è fatto uguale uguale: un sugo al pomodoro, con tanti capperi, acciughe, prezzemolo...
Ingredienti per 6 persone: 500 gr pasta (io penne rigate) 1 litro di passata di pomodoro una bella manciata di capperi un bel ciuffo di prezzemolo, tritato 1 spicchio di aglio 5 filetti di acciughe olio evo pangrattato formaggio grattugiato, q.b mozzarella a volontà Preparazione: Preparate il sugo, facendo sciogliere in una casseruola le acciughe con un bel filo d’olio evo e facendo dorare l’aglio, che poi va eliminato. Aggiungete quindi la vostra passata di pomodoro, i capperi e, solo quasi a fine cottura, del prezzemolo tritato. Lessate le penne al dente, scolatele ed mescolate con il sugo. Prendete una pirofila, ungetela di olio e spolverate di pangrattato, versate un primo strato di pasta, farcite con del prezzemolo tritato e tanta mozzarella, finite con l’ultimo strato di pasta, ancora trito di prezzemolo, altra mozzarella e cospargete di pangrattato, formaggio grattugiato a piacere e altro prezzemolo tritato. Cuocete in forno per 10 minutini circa, se occorre fate gratinare e servite! CASERECCE AL RAGÙ DI MASCULINI (ALICI) | This is a pasta dish that my maternal grandmother made often and that we enjoyed very much. She called it “pasta al forno alla mozzarella”. I sometimes substitute provola ragusana [a young provolone from Ragusa], but the procedure is exactly the same: tomato sauce, lots of capers, anchovies, parsley ... Ingredients for 6 people: 1 lb pasta (I used penne rigate) 1 liter of tomato purée a good handful of capers a good tuft of parsley, chopped 1 clove garlic 5 anchovy filets extra-virgin olive oil breadcrumbs grated cheese to taste a good amount of mozzarella Preparation: In a pan, heat the olive oil and sauté the anchovies till they break apart and the garlic until it is golden. Discard the garlic clove. Then add the tomato purée, the capers and, almost at the end, some chopped parsley. Boil the penne al dente, strain them, and mix them with the sauce. Take an oven pan, oil it, sprinkle it with breadcrumbs, and pour half of the pasta. Add a layer of chopped parsley and lots of mozzarella. Add a layer of the rest of the pasta. Add more parsley and mozzarella. Sprinkle with breadcrumbs, grated cheese to taste, and more parsley. Cook in the oven for around 10 minutes. If you’d like, brown the top (au gratin), and serve! CASERECCE WITH ANCHOVY SAUCE |
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Ecco un primo piatto che fa parte della tradizione di famiglia. La faceva mia nonna materna, poi mia mamma e adesso noi figlie. Piace tanto anche ai piccoli. Il ragù di “masculini” per noi siciliani, di “alici” per tutti.
Semplice e molto gustoso nel suo insieme, vuole come tutti i buoni ragù una cottura a fiamma dolce. Ingredienti per 4 persone: 400 gr di alici fresche, diliscate e ben pulite 1 tubetto di 130 gr di doppio concentrato di pomodoro piselli (io surgelati home made) q.b 1 cipollina fresca olio evo vino (io quello di casa) 320 gr pasta (io le casarecce) Preparazione: In una casseruola fare dorare la cipollina con un bel filo di olio evo. Aggiungete le alici, sfumate con del vino ed aggiungete il concentrato. Aggiungete quindi un po’ di acqua calda e fate cuocere. Appena inizia il bollore aggiungete i piselli e a metà cottura aggiustate di sale. Fate cuocere a fiamma dolcissima. Appena sarà ben ristretto è pronto; quindi scolate la pasta ben al dente e mantecatela al vostro ragù. TORRONE ALLE MANDORLE PRALINATE | Here is a first course that is part of our family’s tradition. My maternal grandmother made it, then my mother, and now we daughters make it. Even the young ones like it. To us Sicilians it is ragù di “masculini”; to everyone else it is ragù di “alici.”
A simple and very tasty ensemble, this anchovy sauce, like all ragùs, requires slow cooking on low heat. Ingredients for 4 people: 400 gr fresh anchovies, deboned and cleaned well 1 tube (130 gr) of tomato paste peas (I made homemade frozen peas) 1 small fresh onion extra-virgin olive oil wine (I use homemade) ¾ lb pasta (I use casarecce) Preparation: In a pan, heat some olive oil and sauté the small onion until golden. Add the anchovies, then some wine, then the tomato paste. Then add a little warm water and cook. As soon as it reaches the boiling point add the peas. Halfway through cooking, adjust the salt. Cook on a very low flame. As soon as the sauce has reduced to a good thickness, it is ready. Then strain the pasta when it is al dente and add it to your ragù. TORRONE WITH SUGAR-COATED ALMONDS |
ledeliziedicasamia.blogspot.com Translator’s note: this is a hard torrone, not the soft nougat that is most often encountered in America. |
In tutta la famiglia sono l’unica che fa il torrone e le mandorle pralinate. E non me lo ha insegnato nessuno. Vado a naso. Non ho termometri per misurare il caramello. Lascio fare al mio naso, ai miei occhi, alle mie mani ...
Preparando questa ricetta, io sono tornata indietro negli anni, nella mia adolescenza quando in occasione della festa della Santa Patrona camminavamo per le strade con in mano un bel cartoccio di mandorle caramellate o con un bel pezzo di torrone intero ... Ingredienti: 300 gr di mandorle 300 gr di zucchero cannella in polvere (facoltativo) Preparazione: I maestri del torrone preparano questo in una pentola in rame che gira continuamente, tipo betoniera del cemento. Basta usare una pentola ai bordi alti. Fate scaldare la pentola vuota (senz’acqua, senza niente). Aggiungete lo zucchero e fatelo sciogliere. Poi aggiungete le mandorle e lasciatele tostare bene. Poi versatele su un foglio di carta oleata (per chi non ha un piano di marmo o di pietra lavica ... Deve essere un piano freddo, naturale ma levigato. Io in cucina ad esempio ho un piano di pietra lavica levigata. Lì faccio i miei impasti!). Formate e lasciate raffreddare il torrrone. Usate delle palette oleate bene per evitare che il torrone bollente si attacchi ovunque ed evitate così di ustionarvi. La cannella non è un ingrediente nella ricetta tradizionale. Mi piace aggiungerla per profumare ancor di più le mandorle. | I am the only person in the whole family who makes torrone and sugar-coated almonds. And no one taught me. I go by nose. I don’t have thermometers to measure the temperature of the caramel. I leave it to my nose, my eyes, my hands ... Preparing this recipe took me back in time, to my adolescence when on the occasion of the feast of our Patron Saint we walked down the streets with a nice parchment-paper sack of caramel almonds and with a nice piece of whole torrone ... Ingredients: 300 gr almonds 300 gr sugar ground cinnamon (optional) Preparation: The torrone masters prepare this in a copper pan that turns continuously, like a cement mixer. You can simply use a pot with high sides. Heat the empty pot (no water, nothing in the pan). Add the sugar and let it melt. Then add the almonds and let them roast well. Then pour the mixture onto a sheet of baking paper (for those who do not have a board of marble or of lava stone ... It must be a cold board, natural but polished. For example, in my kitchen I have a board of polished lava stone. It’s what I use to make my dough!). Form the torrone and let it cool. Use some well-oiled spatulas to prevent the hot torrone from sticking everywhere and to avoid burning yourself. The cinnamon is not an ingredient in the traditional recipe. I like to add it to give the almonds even more flavor. |
Grazie Leonardo per aver ancora una volta dedicato alla mia terra ,alle nostre tradizioni e a me nel tuo diario personale..
RispondiEliminaGrazie a TE per condividere queste preziose cose con noi.
EliminaComplimenti per questo post meraviglioso!L'ho letto tutto d'un fiato!! sapevo di avere un'amica Grande, ma posso dire sopratutto che ho una Grande amica!!! <3
RispondiElimina<3 grazie amica..
EliminaGrazie, Federica.
EliminaVeramente un bel post... complimenti ad entrambi!
RispondiEliminagrazie Mela
EliminaGrazie!
Eliminaquest'intervista mi ha fatto pensare a cose lontane,quasi un tuffo nei tempi antichi e a racconti che mi faceva mio nonno!bravissimo Leonardo e fantastica Rossella,sono felice di essere vostra amica!!
RispondiEliminacon affetto
Ketti
Carissima Kettiuzza, l'affetto è 100% reciproco. Ed anch'io mi sono trasferito ad un altro tempo a causa dei favolosi racconti di Rusidda. L'onore è 100% mio. Grazie per le tue dolcissime parole. Grazie a mia nonna mineola per essere la persona più influenziale della mia vita. E grazie a Sant'Agata!
EliminaBellissima intervista, complimenti a tutti e due!!
RispondiEliminaGrazie, Any!
EliminaBellissima intervista, un tuffo nel tempo oserei dire! Bravissimi tutti e due :)
RispondiEliminaGrazie, Bea!
EliminaGrazie per aver voluto condividere con noi questa intervista che ci fa rivivere le belle tradizioni dei nostri paesi.
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