LC: Allora, cominciamo con la domanda ovvia — una domanda che sempre interessa tanto ai miei lettori italoamericani: in quale paesino è nato? AV: Sono nato a Campobasso, capoluogo di regione del Molise. LC: Proprio a Campobasso o in un paesino lì vicino? AV: Sì, proprio Campobasso città, dove vivo tutt’ora. LC: Si faceva musica in famiglia? Che musica ascoltavano i Suoi? AV: No, non c’era una cultura musicale in famiglia: i miei erano molto spesso assenti per lavoro, e quando si ascoltava musica, utilizzando i vecchi mangiadischi, si trattava di musica leggera oppure il “liscio” durante le festicciole. Avevo però una nonna, che si prendeva cura di me e di altri tre nipotini, che, durante i lavori di casa o per addormentarci, canticchiava canzoni popolari...a me piaceva molto ascoltarla. LC: Qual’era la canzone preferita di Nonna — oppure, la canzone che più ricorda che lei cantava? AV: Mi ritornano in mente alcune canzoni in dialetto molisano o abruzzese come “Rosabella del Molise”, “Vola, vola” oppure un canto degli emigranti “Mamma mia, dammi cento lire...” LC: Quale fu il primo organo a canne che sentì? Che impressione fece? AV: Ho un ricordo vago del primo organo che ho sentito. Forse era il Vegezzi-Bossi della cattedrale di Campobasso, uno strumento degli anni ’50 ora in dissuso. Il mio primo vero ricordo è il concerto di inaugurazione per l’organo Mascioni della chiesa di S. Antonio di Padova (negli anni ’80), sempre a Campobasso. Lo strumento è elettrico, un bell’impianto fonico, bell’impasto di colori...l’acustica della chiesa purtroppo non è molto buona. Visto che la consolle è a vista, ricordo che mi colpì il fatto che l’organista, ed io non ero ancora studente, suonasse con i piedi...grande stupore e sorpresa. | LC : So, let's start with the obvious question — a question that always interests my Italian-American readers: In which town were you born?
AV : I was born in Campobasso, the capital of the region of Molise. LC : In Campobasso itself, or in a village nearby? AV : Yes, Campobasso city, where I still live. LC : Was there music in your family? What kind of music did your parents listen to? AV : No, there wasn’t a musical culture in my family. My parents were often away for work, and when one listened to music, using the old turntables, it was light music or “ballroom” during get-togethers. But I had a grandmother who took care of me and three other grandchildren. While doing housework or while putting us to bed, she hummed popular songs ... I loved listening to her very much. LC : What was your grandmother’s favorite song — or, the song that you best remember among those that she sang? AV : A few songs in the Molisano and Abruzzese dialects come to mind, such as “Rosabella del Molise,” “Vola, vola,” and a song of the emigrants, “Mamma mia, dammi cento lire...” LC : What was the first pipe organ that you heard? What impression did it make? AV : I have a vague memory of the first organ I heard. It may have been the Vegezzi-Bossi in Campobasso Cathedral, an instrument of the ’50s which no longer plays. My first real memory is inaugural concert for the Mascioni organ of St. Anthony of Padua Church (in the ’80s), also in Campobasso. The instrument has electro-pneumatic action, a good specification, a good palette of tone colors ... The acoustics of the church unfortunately aren’t very good. Since the console is visible to the audience, I remember being struck by the fact that the organist — and I was not yet a student — played with his feet ... great astonishment and surprise. |
L’organo Mascioni (1983) della Chiesa di Sant’Antonio di Padova, Campobasso. Photo: http://www.aiac.altervista.org |
LC: Chi è stato il Suo primo maestro di musica, e cosa si ricorda di quelle lezioni? AV: Ho iniziato a prendere le prime lezioni di strumento (su un organo elettonico) a 11 anni e il mio primo insegnante è stato un sacerdote, ricordo solo il nome, padre Bruno, che sapeva suonare molto bene anche il flauto a becco. È stato una persona molto paziente nonostante il suo allievo fosse un po’ discolo. Putroppo dopo circa un anno è partito come missionario in Ecuador ed io ho perso un grande punto di riferimento. Sono stato fermo un bel po’ prima di trovare un nuovo insegnante con cui ho preparato l’esame di ammissione al conservatorio della mia città. Ma qui inizia un’altra storia... LC: E ascoltiamo un po’ quell’altra storia! Quali brani suonò? Che tipo di organo era? (Spero non un elettronico!) AV: Cominciamo col dire che nei primi anni del corso di organo era previsto esclusivamente lo studio del pianoforte (per cui studiacchiavo dei brani organistici per conto mio senza avere la minima idea di cosa fosse la tecnica del pedale); poi, che il conservatorio di Campobasso era un’istituto giovane, aperto da pochissimi anni, per cui c’era un continuo avvicendarsi di insegnanti. Infatti nei primi cinque anni di studio ho sempre avuto un insegnante diverso. Ma uno tra questi è stato per me fondamentale. Dovevo frequentare il 3° anno e arrivò a Campobasso J. E. Goettsche (uno degli ultimi allievi di Fernando Germani ed organista titolare di S. Pietro in Vaticano fino a qualche anno fa). Si chiedeva come era possibile che io riuscissi a suonare l’organo senza avere un minimo di impostazione, per cui si cominciò proprio da lì: l’impostazione all’organo. Fu un anno molto intenso ed interessante (purtroppo anche lui andò via alla fine dell’anno scolastico) e il contatto con questo maestro mi fece un gran bene: in conservatorio avevamo un piccolo strumento meccanico, 2 manuali, 8 registri, di G. Pinchi (c’è tutt’ora ma si è costruito anche un organo più grande), ed ogni momento che il maestro aveva libero dalle lezioni veniva da lui sfruttato per studiare. Ho avuto la fortuna e il privilegio di poter rimanere in classe mentre studiava. Era l’anno (1985) in cui ricorreva il tricentenario della nascita di J.S. Bach e Goettsche eseguiva tutta l’opera omnia per organo in concerti con richieste da parte del pubblico. Io non lo sapevo, può quindi immaginare quale fosse la mia sorpresa quando, discutendo di composizione, chiedendo informazioni o commentando un brano in particolare, mi venisse subito eseguito o portato come esempio nella lezioni di composizione. Al termine delle lezioni, il maestro veniva ospitato nel convento adiacente la chiesa di S. Antonio di Padova, dove c’è l’organo Mascioni cui ho accennato prima. Anche qui, prima di cena, era prevista una sessione di studio, e anche qui, quando potevo, mi sono trattenuto ad ascoltare, osservare la sua tecnica, il suo gusto nelle registrazioni e le varie soluzioni e possibilità di registrazione per ogni singolo brano. È stata una grande scuola. Naturalmente, anche per l’allora associazione “Amici dell’organo” di Campobasso, eseguì un concerto con un programma bachiano a richiesta del pubblico: Fantasia e fuga in sol min. BWV 542, Triosonata IV, “Nun komm” BWV 659, il concerto in La minore da Vivaldi, Passacaglia, “Schmücke dich” BWV 654, e come bis una sua trascrizione del corale “Jesus bleibet meine freude” dalla Cantata 147 e poi la fantomatica Toccata e fuga in Re min. BWV 565. Chiesa strapiena, uditorio in delirio. A tutto questo va aggiunto un ultimo episodio, per me molto importante: in una delle ultime lezioni in conservatorio si iniziò a parlare di cosa volessi fare “da grande”. Quell’anno dovevo sostenere gli esami di maturità al liceo scientifico, per cui espressi l’idea di voler continuare poi con l’università, iscrivendomi ad Architettura, e parallelamente continuare con il conservatorio. Di tutta risposta il maestro mi disse: “Antonio!...o fai il musicista...o fai il palazzinaro!” Ho scelto la prima cosa e non me ne pento. LC: Ho letto che ha studiato in Olanda. Come mai la vita La condusse dall’Italia in Olanda? AV: Durante gli anni di studio in conservatorio avevo preso l’abitudine di frequentare dei corsi di perfezionamento (oggi si chiamerebbero masterclasses), uno all’anno, all’inizio come semplice uditore e poi, fattomi coraggio, come allievo attivo, tenuti da famosi organisti in rinnomate accademie: a Pistoia - Accademia di Musica Italiana per Organo - M. Radulescu, H. Vogel, M. Torrent Serra, M. Chapuis, a Cremona - D. Roth, E. Kooiman. Quest’ultimi corsi, quelli di Cremona, erano particolari perchè sponsorizzati da un industriale. Mi spiego: questo novello e moderno mecenate aveva finanziato prima il restauro dell’organo della cattedrale di Cremona (nel 1985) e poi pagato, per alcuni anni, i docenti dei corsi di perfezionamento, che si svolgevano in incontri di 2 o 3 giorni al mese, dall’autunno alla primavera seguente. Qualsiasi organista poteva partecipare (per gli allievi attivi c’era una severa selezione), l’unico onere a carico dei partecipanti era il costo del viaggio per raggiungere Cremona, il vitto e l’alloggio. Situazione grandiosa, per uno studente, impensabile oggi. L’anno prima del mio diploma italiano (1991) frequentai un corso estivo (una decina di giorni) presso la Musikhohschule di Lubecca tenuto da Martin Haselbock (vi fui indirizzato da Alberto Pavoni, il maestro che mi ha portato al diploma). Rimasi affascinato dalla situazione: organizzazione della scuola fantastica, diversi strumenti su cui studiare, e poi docenti eccellenti. Avevo già intenzione, una volta finiti gli studi italiani, di recarmi all’estero per approfondire la mia preparazione e quella situazione mi sembrò davvero allettante. Ne parlai con il maestro Haselbock, che intanto mi aveva sentito suonare al corso, che sembrò contento di questa mia scelta. C’era però l’obbligo di un esame di ammissione. Fresco di diploma, mi recai a Lubecca per sostenere questo fatidico esame di ammissione, e qui ebbi una sorpresa: l’esame consisteva nell’esecuzione di un programma organistico (ed io avevo il programma del mio diploma appena conseguito) e di un programma pianistico (di cui non ero a conoscenza), inoltre era necessaria la conoscenza della lingua tedesca (niente Inglese). Ah!!! bella fregatura ... mi fecero comunque suonare (e ci credo, avevo fatto un viaggio di 2000 Km!), apprezzarono l’esecuzione, ma mi dissero che sarei dovuto tornare l’anno seguente, colmando ciò che mancava nei requisiti di ammissione. Una nota positiva in questa vicenda è stata l’aver conosciuto Francesco Di Lernia, un bravo organista di Foggia, oggi direttore del conservatorio di questa città, che allora studiava con Haselbock: a lui devo tanto per i suggerimenti e le occasioni di crescita che mi ha procurato negli anni a venire. Comunque, per niente demoralizzato, ma piuttosto arrabbiato per ciò che era successo, me ne tornai a casa ed iniziai a studiare il tedesco e a riprendere lo studio del pianoforte. Ma quando si dice “il caso” ... Un giorno entrai in una cabina telefonica per chiamare un amico e vi trovai incastrata nel lettore una scheda telefonica da £ 10.000. Non potendo portarla via, decisi di consumare tutto il credito seduta stante. Dopo le prime telefonate, tutte urbane, il credito era praticamente intatto. Ci voleva una telefonata interurbana o internazionale. Allora mi venne in mente un altro giovane organista di Foggia, che avevo conosciuto durante il corso di Lubecca, e che stava studiando in Olanda: Matteo Imbruno (questo sì che è, oggi, un organista famoso) e lo chiamai. Era praticamente impossibile trovarlo in casa ma, “per caso,” io lo trovai. Cominciammo a chiacchierare e, tra una cosa e l’altra, gli raccontai cosa mi era successo a Lubecca. Lui mi propose allora di andare a studiare a Rotterdam con il suo insegnante, Bernard Winsemius, ed avrebbe provveduto lui a creare un contatto. Ci lasciammo quando la scheda era ormai esaurita, concordando un appuntamento telefonico per la settimana seguente. Quando richiamai, Matteo aveva fissato con Winsemius un appuntamento, per un’audizione, da lì a due mesi. Per il giorno stabilito mi recai a Rotterdam, feci l’audizione e fu lo stesso Winsemius a curare tutto l’aspetto burocratico della mia iscrizione al conservatorio di Rotterdam. Wow!!! avevo raggiunto un’altro piccolo traguardo. LC : Com’è stato studiare in Olanda? AV: L’esperienza olandese è stata bellissima. Le lezioni erano tenute su strumenti storici (di varie epoche) in diverse chiese della città o di cittadine vicine... per cui, di volta in volta, si decideva il repertorio da studiare in base allo strumento che avremmo avuto a disposizione (di solito le lezioni erano organizzate in cicli di 4 settimane sullo stesso organo). Ho vissuto a Breda, una cittadina a dimensione d’uomo vicino Rotterdam, in modo da non avere grandi problemi negli spostamenti per studiare. Avevo trovato 2 o 3 chiese ed una cappella in un istituto di suore che mi avevano messo a disposizione, gratuitamente, i loro strumenti per alcune ore alla settimana per cui, ogni mattina, mi mettevo in bicicletta, buono o cattivo tempo, e raggiungevo il luogo prestabilito. Terminato il mio tempo in una chiesa, se programmato, ne raggiungevo un’altra e così via. Avevo in camera un pianoforte che utilizzavo quando non avevo un organo su cui esercitarmi. Con l’approssimarsi della bella stagione, iniziava il periodo in cui poter suonare ma soprattutto ascoltare concerti. In Olanda, soprattutto nelle grandi città (Amsterdam in primis), era un fiorire di concerti d’ogni genere, ma soprattutto d’organo. C’è un’ampia scelta per l’ascolto... LC: Ha mai sentito l’organo di Haarlem? AV: Sicuramente si riferisce all’organo Müller della chiesa di St. Bavo, uno degli organi più famosi al mondo e forse uno dei più grandi, se non il più grande, del periodo barocco. Sì, sono stato a San Bavo, l’organo è bellissimo, imponente, ma mi aspettavo qualcosa di più dal punto di vista delle sonorità (non me ne vogliano quelli di Haarlem). Per me è un po’ difficile da spiegare ma ci provo: l’impatto visivo, la senzazione di grandezza, possenza e magnificenza che ho provato quando sono entrato per la prima volta nella chiesa ed ho visto l’organo è stata di gran lunga superiore a ciò che ho provato quando l’ho ascoltato. Ma, intendiamoci, rimane sempre uno strumento meraviglioso. LC: Qual’è “il miglior organo d’Olanda,” secondo Lei? AV: Be’, non posso proprio rispondere: ci sono tantissimi e bellissimi organi in Olanda, ogn’uno con caratteristiche che lo rendono unico e preferibile ad un altro (ascoltandoli o suonandoli si cambierebbe idea in continuazione), potrei farne un elenco, ma una cosa del genere si può trovare facilmente su qualche sito internet specializzato. LC: Sicuramente l’organo di San Bavo non è “il miglior organo olandese.” Non ha il miglior suono. Troppe modifiche nei restauri. Anche se visivamente è molto impressionante, ci sono tante facciate impressionanti in Olanda. ’S-Hertogenbosch, per esempio. Come tutte le cose in questo mondo, la più famosa non è la migliore. AV: Concordo in pieno... ‘s-Hertogenbosch è davvero particolare come facciata. Ma per la maggior parte degli organisti olandesi, o almeno quelli di una certa levatura, e tra questi cito il compianto Leonhardt (già organista della Nieuwe Kerk di Amsterdam), l’organo olandese più importante resta il Vater/Müller della Oude Kerk di Amsterdam. Lo considerava uno strumento importante sia perchè fonicamente è praticamente integro, sia per il luogo in cui è collocato, la chiesa antica di Amsterdam, oggi monumento nazionale, e per gli organisti che in quella chiesa hanno suonato, uno su tutti J. P. Sweelinck – LC: ... che suonò là per 44 anni. AV: Sì. L’organo Vater-Müller, già all’epoca della sua costruzione - 1726 - venne ritenuto dalla commissione esaminatrice “ottimo ed eccellente”, ed oggi lo è perchè, nonostante un ammodernamento fatto da Witte nel 1870, è praticamente integro nella parte fonica. Tra le altre cose va sottolineato il fatto che al di sopra dello strumento campeggia il vecchio sigillo della città di Amsterdam con la cocca e lo stemma della città con le tre croci di Sant’Andrea. L’organo Vater-Muller sostituì quello suonato da Sweelinck (morto nel 1621) perchè era considerato troppo vecchio. LC: Allora, cosa successe poi? Ci racconti del Suo ritorno dall’Olanda in Italia. AV: Nel giugno 1996 conseguo il diploma d’organo al conservatorio di Rotterdam e, altro caso fortunato, in autunno vengono bandite in Italia delle graduatorie nazionali per l’insegnamento nei conservatori. Partecipo a questo concorso per titoli e risulto idoneo per l’insegnamento di “Organo complementare” (una disciplina prevista nel corso di studi dei Compositori e dei Clavicembalisti) e Organo principale. E qui comincia la mia “Odissea” comune a molti insegnanti italiani, non solo dei conservatori (non so se riuscirò a farLe capire quanto possa essere complicato insegnare in Italia per un docente “precario”). Una premessa: Campobasso è una città non molto grande del Sud Italia, capoluogo di regione, il Molise, la più piccola regione del Sud. Scherzando direi che è “il Nord del Sud”, collocata al centro dell’Appennino e mal collegata con le due principali direttrici autostradali e ferroviarie del Tirreno e dell’Adriatico. A marzo 1997 mi viene proposto un incarico di 4 ore settimanali (una cattedra completa è di 12 ore) presso il conservatorio di Vibo Valentia in Calabria (quasi 500 km da casa) per Organo complementare. Accetto con entusiasmo, anche perchè è il mio primo incarico, la mia prima esperienza in una “Istituzione così importante”: il conservatorio. Il direttore mi concede la possibilità di scendere a Vibo Valentia (dico “scendo” perchè Vibo è più a sud di Campobasso, è quasi all’estremo sud della costa tirrenica, la punta dello stivale) ogni 15 giorni, facendo 8 ore di lezione (con un pernottamento forzato perchè non si potevano dare più di 6 ore di lezione al giorno, ma così almeno riuscivo a contenere le spese e a non rimetterci). Il primo viaggio, allucinante, lo faccio in treno. Poi a Vibo incontro un ragazzo e collega di Foggia che insegna clavicembalo, ma che ha cattedra completa, e che viaggia in auto. Ci accordiamo per viaggiare insieme per ridurre le spese per cui, da Campobasso, con la mia auto, mi reco a Foggia e con Marco, questo è il suo nome, proseguiamo, con la sua auto, per Vibo (in totale, per me, 560 km solo andata, e non sulle autostrade americane, ma lunghi tratti di strada statale). Verso la fine di marzo vengo contattato dal conservatorio di Lecce (estremo sud della costa adriatica, il tacco dello stivale) che mi propone un contratto di 4 ore, sempre per Organo complementare, ma più lungo di quello stipulato con Vibo. Ho l’obbligo però di recarmi in conservatorio ogni settimana. (Che casino!!! Una giungla è meno intricata) Posso accettare il contratto come completamento di cattedra (avrei così maggior punteggio di servizio e un po’ più di soldi in tasca) e, da folle, lo accetto. A questo punto come organizzare la cosa? Ogni 15 giorni il lunedì parto da Campobasso, vado a Foggia, con Marco arriviamo a Vibo, lezioni lunedì e martedì, poi partenza per Bari (che è nel nostro tragitto) dove mi fermo, mercoledì mattina partenza per Lecce in treno, lezioni e poi ripartenza in treno per Foggia, a Foggia ho la mia auto con cui rientro a Campobasso. La settimana dopo, mercoledì, scendo a Lecce in treno, rientrando in giornata (Campobasso-Lecce A/R sono 10 ore di viaggio per insegnarne 4, è davvero pazzesco, follia pura ...). Per fortuna è durato solo 4 mesi e mezzo. LC: Adesso Lei insegna a Benevento. AV: Sì, insegno Organo al conservatorio di Benevento da 5 anni (ma non sono un docente di ruolo, sono un supplente) e in precedenza ho girato l’Italia cambiando sede ogni anno (quindi tutto a discapito della continuità didattica). LC: Cosa ci dice degli organi nella zona di Benevento? Qual è l’organo che si usa per i concerti “importanti”? Su quali organi provano i Suoi allievi? AV: In conservatorio facciamo lezione su un organo meccanico di F. Zanin con 12 registri. Poi, nella Cattedrale di Benevento c’è un Mascioni elettrico, 3 tastiere, da pochissimo restaurato e modificato (tutto l’organo era posto in una cantoria nell’abside della chiesa, ed ora il solo positivo è stato portato a livello terra a fianco dell’altare — tutto il resto è rimasto su. Intervento discutibile? Forse, ma non ho ancora avuto modo di andare a fare un sopralluogo — tra l’altro non è ancora stato fatto un concerto o dei concerti d’inaugurazione). Sempre a Benevento, nel Santuario della Madonna delle Grazie, abbiamo 2 organi Mascioni, entrambi elettrici. Il più piccolo (2 tastiere e 14 registri, con derivazioni) è posto alle spalle dell’altare maggiore come organo del coro. Il secondo è uno strumento grande (3 manuali, 52 registri) posto nell’abside della chiesa con consolle al lato dell’altare maggiore. Questo è lo strumento che il conservatorio ha sfruttato per svolgere la maggior parte dell’attività concertistica, in attesa della disponibilità dell’organo della Cattedrale (se mai ci sarà). Inoltre nei dintorni di Benevento ci sono diversi strumenti antichi (più o meno grandi) di scuola napoletana, non tutti in buone condizioni, che vengono sfruttati per concerti. Si organizzano infatti delle rassegne organistiche itineranti per valorizzare questi organi e contemporaneamente far fare esperienza ai migliori allievi. Da due anni io organizzo una rassegna itinerante su organi storici (e non solo) dell’avellinese —“OrganIrpini” — in cui, oltre a proporre concerti per solo organo, coinvolgo diverse altre classi di strumento del conservatorio ( Ottoni, Canto, Archi, ecc.). La gestione di queste iniziative non è facile per vari motivi, ma ci si mette tanto entusiasmo. LC: Quali sono le Sue speranze per il futuro, per Lei personalmente e per i Suoi allievi? AV: Non è facile rispondere... Per quanto mi riguarda spero di continuare a lavorare ed insegnare a Benevento, che è la sede più vicina a casa (ma non è una questione di pigrizia), in modo da arrivare ad ottenere qualche risultato: ho trovato una classe di giovani allievi alle prime armi e qualcuno di questi, dopo 5 anni di lavoro, ha dimostrato delle potenzialità che vorrei continuare a sviluppare e concretizzare. (Sappiamo quanto è lunga la formazione di un musicista.) Portare avanti e migliorare i vari progetti di produzione artistica avviati in e con il conservatorio dove attualmente lavoro (cosa che non ho potuto fare altrove per i continui spostamenti) in modo da aumentare l’interesse e l’amore per questo strumento (l’Organo). Ed in fine (se il fisico me lo consente) riprendere in maniera più intensa la mia attività concertistica (che è andata un po’ scemando anche per i lunghi viaggi settimanali – una media di 1000-1400 km a settimana per 8 mesi, per 12 anni, è davvero dura). Ai miei allievi, specialmente quelli più dotati, auguro tutto il bene possibile. Intanto che possano fare un’esperienza di studio all’estero, anche se i tempi sono economicamente molto difficili. E poi di poter fare la cosa che più gli piace: suonare...insegnare... I tempi sono duri, molto è cambiato da quando io ho iniziato a lavorare, ma la convinzione, l’impegno costante, la tenacia alla fine pagano. |
LC : Who was your first music teacher, and what do you remember from those lessons? AV : I started taking my first lessons on an electronic organ, at age 11. My first teacher was a priest; I remember only that his name was Fr. Bruno. He also knew how to play the recorder very well. He was a very patient person despite his student who was a little bratty. Unfortunately, after about a year he left to be a missionary in Ecuador, and I lost a great point of reference. It was still quite a while before I found a new teacher with whom I prepared the entrance exam at the conservatory of my city. But that’s another story ... LC : And let’s hear some of that other story! What pieces did you play? What kind of organ was it? (I hope not an electronic!) AV : Let’s start by saying that in the early years of one’s organ training, it was expected that one would study only the piano. (On my own I trudged my way through organ pieces, without having the slightest idea about pedal technique.) Then, because the Campobasso Conservatory was a young institution, open only a few years prior, there was a continuous succession of teachers. In fact, in the first five years of study I always had a different teacher. But one of them was crucial for me. I had to attend the 3rd year, J. E. Goettsche came to Campobasso. (He was one of the last students of Fernando Germani and titular organist of the Vatican until a few years ago.) He wondered how I managed to play the organ without even a minimum of technique. So we started from the very beginning: how to sit at the instrument. It was a very intense and interesting year (unfortunately, he left at the end of the school year), and contact with this teacher had another great advantage: in the conservatory we had a small mechanical-action organ, 2 manuals and 8 stops, by G. Pinchi (it’s still there, but they have since built a larger organ), and every time that he was free from the lessons, I tapped him for more study. I had the good fortune and privilege to be able to remain in the classroom while he practiced. It was the year (1985) in which we celebrated the tercentenary of the birth of J. S. Bach, and Goettsche played the complete works of Bach in concert, with requests from the public. I did not know, therefore you can imagine my surprise when, while discussing composition, asking questions or commenting on a particular piece, I was immediately called into service in composition classes. At the end of the class, the maestro was housed in the convent adjacent to the church of S. Anthony of Padua, where there is the aforementioned Mascioni organ. Even here, before dinner a practice session was scheduled, and even here, when I could, I hung around to listen and observe his technique, his taste in registration [choosing stops], and the various solutions and the possibilities of the registration of every single piece. It was a great education. Of course, for the “Friends of the Organ” Association in Campobasso, he once again performed an all-Bach concert with requests from the public: the Fantasy and Fugue in G minor (BWV 542), the fourth Trio Sonata, “Nun komm” (BWV 659), the Concerto in A minor after Vivaldi, the Passacaglia, “Schmücke dich” (BWV 654), and as an encore a transcription of “Jesu, Joy of Man’s Desiring” from Cantata 147 and then the infamous Toccata and Fugue in D minor (BWV 565). The church was packed; the audience was in a frenzy. To all this I must recount one last episode, a very important one to me. In one of the last lessons at the conservatory, I began to talk about what I wanted to do when I “grew up.” That year I had to take the final exams at the liceo scientifico [high school], so I expressed the idea of wanting to continue on at the university, enrolling in Architecture, and continuing simultaneously at the conservatory. In response the maestro said to me, “Antonio! You’re either going to be a musician or a palazzinaro [a derogatory term for a real estate speculator]!” I chose the first one and do not regret it. LC : I read that you studied in the Netherlands. How did life lead you from Italy to Holland? AV : During my years of study at the conservatory, I had got into the habit of attending the courses (today we would call masterclasses), one per year, at first as just an auditor and then, having become braver, as an actual participant. The masterclasses were held by famous organists from renowned institutions: at the Italian Organ Music Academy in Pistoia, M. Radulescu, H. Vogel, M. Torrent Serra, M. Chapuis; in Cremona, D. Roth, E. Kooiman. The latter classes, those in Cremona, were special because they were sponsored by an industrialist. Let me explain: this new, modern patron had financed first the restoration of the organ at Cremona Cathedral (1985) and then defrayed the salaries, for several years, of the masterclass teachers, which were held in sessions of 2 or 3 days per month, from autumn to the following spring. Any organist could attend. (For the students who actually played, there was a rigorous selection process.). The only cost to the auditors was the travel cost to Cremona, room and board. It was a fabulous situation, unthinkable for a student today. The year before my graduation in Italy (1991), I attended a summer course (ten days) at the Musikhohschule in Lübeck held by Martin Haselböck. (I was sent to the class by Alberto Pavoni, the teacher under which I received my diploma.) I was fascinated by the situation: the fantastic organization of the school, several instruments on which to practice, and then the excellent teachers. I had already wanted, once I finished school in Italy, to go abroad to further my education, and the situation seemed really appealing. I spoke with maestro Haselböck, who meanwhile had heard me play in class, and he seemed happy with this choice of mine. But there was a certain requirement for the entrance examination. Fresh from graduation, I went to Lübeck to take this fateful entrance exam, and here there was a great surprise in store for me: the examination consisted of the performance of an organ recital (and I had the program which I had just played for my diploma) and a piano recital (of which I was not aware). Furthermore, it was also a requirement to know German (no English). Ah!!! Talk about a real bummer! I did however play (imagine, after a journey of 2,000 km!). They appreciated my performanced, but I was told that I had to come back the following year, to fulfill all the missing requirements of admission. A positive note in this affair was to have met Francesco Di Lernia, a wonderful organist from Foggia, now director of the conservatory of that city, who was then studying with Haselböck. I owe him so much for the suggestions and opportunities for growth that he provided me over the years to come. However, I was not at all demoralized, but instead rather angry, about what had happened. I went back home and started to learn German and to resume my piano studies. But when you talk about “chance” ... One day I went into a phone booth to call a friend and found embedded in the reader a phone card for 10,000 Lire [worth about $7 in 1991]. Not being able to take it away, I decided to use all of the credit on the spot. After the first call, all local areas, the credit was virtually intact. It took a long-distance or international call. Then I remembered another young organist of Foggia, whom I had met during the course of Lübeck, and he was studying in the Netherlands: Matteo Imbruno (yes, the Matteo Imbruno, today a famous organist). I called him. It was virtually impossible to find him at home but, “by chance,” I reached him. We began to talk, and one thing led to another. I told him what had happened to me in Lübeck. He then suggested I go study in Rotterdam with his teacher, Bernard Winsemius, and he would make contact with him for me. We hung up when the credit ran out, making a telephone appointment for the following week. When I called , Matteo had set an appointment with Winsemius for an audition two months later. For the appointed day I went to Rotterdam, I did the audition and it was Winsemius himself who took care of all the bureaucratic aspects of my enrollment at the Rotterdam Conservatory. Wow! I had reached another small milestone. LC : What was it like to study in Holland? AV : My experience in Holland was wonderful. The classes were held on historical instruments (of various eras) in various churches of the city or nearby towns ... so that, from time to time, we decided to study the repertoire depending on the instrument that we had available. (Usually the lectures were organized in cycles of 4 weeks on the same organ.) I lived in Breda, near Rotterdam. It was a smaller-scale town, so that I wouldn’t have major problems moving between practice locations. I found 2 or 3 churches and a chapel in an convent, all of whom made their instruments available to me for a few hours a week, free of charge. Every morning , I got on my bicycle, rain or shine, and I reached the predefined location. After my scheduled time in a particular church, I would continue on to my scheduled time in the next church, and so on. In my room I had a piano, which I used when I didn’t have an organ to practice on. With the approach of summer began the period of playing but, more importantly, attending concerts. In Holland, above all in the big cities (Amsterdam above all), there was an explosion of concerts of every genre, above all organ concerts. There was a wide selection for listening ... LC : Have you ever heard the organ in Haarlem? AV : Certainly you’re referring to the Müller organ of St. Bavo’s Church, one of the most famous organs in the world and perhaps one of the largest, if not the largest, of the Baroque period. Yes, I was in St. Bavo Cathedral, the organ is beautiful, impressive, but I was expecting something more from the point of view of sonority. (The Haarlem organs are not completely to my liking.) For me it is a bit hard to explain, but I’ll try. The visual impact, the feeling of grandeur, majesty and magnificence that I felt when I entered for the first time in the church and saw the organ was far superior to what I felt when I listened to it. But, mind you, it is still a wonderful instrument. LC : What is “the best organ of the Netherlands,” in your opinion? AV : Well, I just can not answer: there are many beautiful organs in the Netherlands, each one with unique features that make it preferable to another. (Listening to or playing them will change your mind all the time). I could make a list, but you could easily find such a thing on some specialized website. LC : Surely the St. Bavo organ is not “the best Dutch organ.” It does not have the best sound. Too many modifications during the various restorations. Even if visually it is very impressive, there are so many impressive organ façades in Holland. ’S-Hertogenbosch, for example. Like all things in this world, the most famous is not the best. AV : I agree in full ... ’S- Hertogenbosch has a very special façade. But for the majority of Dutch organists, or at least those of a certain stature, and among these I quote the late Leonhardt (formerly organist of the Nieuwe Kerk in Amsterdam), the most important Dutch organ remains the Vater/Müller of the Oude Kerk Amsterdam. He considered it an important instrument because tonally it is virtually intact, because the place in which it is placed, the old church of Amsterdam, is now a national monument, and because of all the great organists who played in that church, above all J. P. Sweelinck — LC : – who played there for 44 years. AV : Yes. The Vater-Müller organ, even at the time of its construction — 1726 — was considered by the examining committee “good and excellent,” and today it still is because, despite a modernization made by Witte in 1870, it is tonally practically complete in the audio. Among other things, it should be emphasized that high above the instrument dominates the old seal of the city of Amsterdam with the cog ship and the coat of arms with the three crosses of St. Andrew. The Vater-Müller organ replaced the one played by Sweelinck (who died in 1621) because it was considered “too old.” LC : So, what happened then? Tell us about your return from Holland to Italy. AV : In June, 1996, I obtained a diploma in organ at Rotterdam Conservatory, and, another stroke of luck, in autumn the national rankings for teaching in conservatories was banned in Italy. I participated in this competition based on qualifications and I was deemed fit for the teaching of “complementary organ” (organ study required by composers and harpsichordists) and of organ as the principal course of study. And here begins my “Odyssey” common to many Italian teachers, not just the ones at conservatories. (I do not know if I can convey to you how complicated it can be in Italy for a non-tenured teacher.) Let me preface this by saying that Campobasso is a not-very-large city in Southern Italy, capital of Molise which is the smallest region in the South. Jokingly I would say that it is “the North of the South,” located at the center of the Apennines and poorly connected with the two main motorways and railways of the Tyrrhenian and Adriatic. In March, 1997, I was offered a position for 4 hours a week (a full professorship is 12 hours) at the conservatory in Vibo Valentia in Calabria (nearly 500 miles from home) for Complementary Organ. I accepted with enthusiasm, because it was my first job, my first experience in a “very important institution”: the conservatory. The director gave me the opportunity to go down in Vibo Valentia (I say “go down” because Vibo is to the south of Campobasso, almost the extreme south of the Tyrrhenian coast, the toe of the boot) every 15 days, teaching 8 hours of lessons (with a forced overnight because you could not give more than 6 hours of lessons per day, but at least I was able to cover my costs and not lose money) . The first trip – I must have been hallucinating – I did by train. Then in Vibo I met a guy, a colleague from Foggia, who taught harpsichord, but had full professorship, and was traveling by car. We agreed to travel together to reduce the costs. From Campobasso, with my car, I went to Foggia, and with Marco (that was his name) , we continued with his car to Vibo (in total, for me, 560 km one way, and not on American highways, but long stretches of state roads). Towards the end of March, I was contacted by the conservatory in Lecce (the extreme south of the Adriatic coast, the heel of the boot), which offered me a contract of 4 hours, again for Complementary Organ, but for a longer time period that was stipulated in Vibo. I had an obligation, however, to go into the conservatory every week. (What a mess! A jungle is less tangled.) I could accept the contract as the Chair (meaning more work, but not much more money in my pocket). Crazily, I accept it. At this point, how do I organize all this? Every 15 days, Monday I leave from Campobasso, go to Foggia, with Marco arrive at Vibo, lessons on Monday and Tuesday, then leave for Bari (which is in our way) where I stop, Wednesday morning departure for Lecce by train, lessons, and then depart again by train to Foggia, in Foggia I have my car with which to return Campobasso. The next week, Wednesday, I go down to Lecce by train, arriving during the day (Campobasso-Lecce round-trip is 10 hours of travel to teach 4 hours, truly crazy, pure madness) ... Luckily, it lasted only 4½ months. LC : Now you teach in Benevento. AV : Yes, I have taught organ at Benevento Conservatory for 5 years (but I’m not a tenured professor, only an adjunct), and I have previously toured Italy changing location every year (to the detriment of the continuity of teaching [in one location]). LC : What can you tell us about the organs in the Benevento area? What is the organ that is used for “important” concerts? On what organs do your students practice? AV : At the conservatory we have lessons on a mechanical-action organ by F. Zanin with 12 stops. Then, in Benevento Cathedral there is a Mascioni with electro-pneumatic action, 3 keyboards, recently restored and modifiedT whole organ was placed in a balcony in the apse of the church, and now the only Positiv was brought to ground level at the side the altar — everything else is left upstairs. A questionable intervention? Perhaps, but I have not yet had the opportunity to visit it — among other things they have not yet had a concert or held any inaugural concerts) . Also in Benevento, in the Sanctuary of the Madonna delle Grazie, we have two Mascioni organs, both with electro-pneumatic action. The smallest (2 keyboards and 14 stops, with unification) is placed behind the high altar as the choir organ. The second is a large organ (3 manuals, 52 stops) in the apse with the church console to the side of the main altar. This is the organ that the conservatory has used for most of its concerts, pending the availability of the Cathedral organ (if it ever occurs). Also, in the vicinity of Benevento there are several ancient instruments of the Neapolitan School (some large, some small), not all in good condition, which are utilized for concerts. In fact we organize series’ of organ concerts to publicize these organs and to provide experience for the best students. For two years I have organized a tour of historic organs (and some modern ones) in the Avellino area —“OrganIrpini” — in which, in addition to offering solo organ concerts, I involve several other departments from the Conservatory (Brass, Voice, Strings, etc.). The management of these initiatives is not easy for several reasons, but I devote a lot of enthusiasm to them. LC : What are your hopes for the future, for you personally and for your students? AV : It’s not an easy question to answer ... As for me, I hope to continue to work and teach in Benevento, which is the location closer to my home (but it is not a matter of laziness), so that I can get to get some results: I have found a class of young students, absolute beginners, and after 5 years of work, they have shown potential that I will continue to develop and implement. (We know how long the training of a musician is.) To move forward and improve the various projects of artistic production started in the conservatory and where I currently work (which I could not do because of the constant traveling), in order to increase the interest and love for this instrument (the organ). And in the end (if my physical health allows it) to return to a more intense concertizing schedule (which has faded a little due to my long, weekly journeys – an average of 1000-1400 miles per week for 8 months, for 12 years, is truly hard). For my students , especially the more gifted ones, I wish you all of the best things possible. Meanwhile, may they have the experience of studying abroad, even if the times are economically very difficult. And then to be able to do the thing I love most: to play ... to teach ...Times are tough, a lot has changed since I started working, but conviction, constant work, and perseverance in the end pay off. |
L’organo Vater/Müller (1724-6) dell’Oude Kerk, Amsterdam. Photo: Flickr.com. Some rights reserved |
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