Tre cartoline antiche dalla mia collezione personale. Three old postcards from my personal collection. |
Io nacqui nel 1971. Un “momento di mezzo” nella cronologia della cultura italoamericana. Caruso era deceduto da 50 anni, Gigli da 14, Schipa da 5. Ma nacqui un anno prima del lancio dell’abominevole film Il Padrino. Quel film rivoltante è una sintesi di ogni stereotipo italoamericano. Quel che è peggio, è una glorificazione di quegli stereotipi. Invece di denunciare quel film, gli italoamericani ne volevano di più. Un genere è nato. Un italiano a cui piace guardare questi film è come un ebreo a cui piace leggere Mein Kampf. Ho delle belle memorie della Piccola Italia di New York, ma la seguente memoria non la definerei bella. Una sera, un amico di un amico mi disse, “Devi andare a un tale bar. Suonano Dean Martin; ci sono foto di Marlon Brando e Al Pacino sul muro; l’aria è piena di fumo; il locale è così italiano!” Ho delle memorie infinitamente più dolci — memorie del “momento di mezzo” — che vorrei condividere con voi adesso. Sono appena vecchio abbastanza per ricordarmi i resti della tradizione di fare musica in casa, una usanza che morì dopo gli anni 70. Poteva essere un compleanno o un’altra festa. Il pranzo era finita. Apparirebbe una fisarmonica, una chitarra, o tutte e due. E c’era qualche canzone. Il repertorio era piccolo. Torna a Surriento, Uhé Marì, Volare, Mala Femmena — sempre quelle quattro. Se ci fossero soltanto quattro canzoni, sarebbero quelle quattro. Si cantavano nella lingua originale. Anche se io non parlassi nemmeno una parola d’italiano prima dell’età di 16, mi ricordo ancora certi “suoni.” Per esempio, in Surriento, nella frase, “guarda gua’ chistu ciardino,” io udivo “gua’ chistu ciar-” come “guachi stuciar.” A un ragazzo che parlava solo inglese in casa, era una lingua davvero strana. Oltre quelle quattro canzoni, ognuno conosceva ’O sole mio, Funiculì funiculà, C’è la luna, Vieni sul mar, e Santa Lucia. Conoscevano in inglese brani come Dicitencello vuje (“Just say I love her”), Mattinata (“You’re breaking my heart”) e il Valzer di Musetta (“Don’t you know”). Ma nessuno sapeva suonare brani di quella complessità. Comunque, due brani strumentali che ognuno conosceva erano Tra veglia e sonno e la famosa Wedding Tarantella che, onestamente, non so come si chiami in italiano. (A volte si chiama Tarantella Nr. 1. Ma in ogni caso, questa tarantella fu scritta da quel magnifico compositore, il compositore più bravo e brillante della storia: Signor Anonimo!) Quindi, non si può fare la semplice asserzione che la cultura italiana si sia diluita in America. Sì, Caruso, Gigli e Schipa erano sostituiti da Frank Sinatra, Dean Martin and Tony Bennett. Ma mi domando in quante case in Italia, negli anni 70, si tirava fuori una fisarmonica o una chitarra dopo il pranzo e ci si metteva a cantare Torna a Surriento. Certe cose morirono qua in America, ma certe altre cose sopravvissero. | I was born in 1971. An "in-between moment" in the timeline of Italian-American culture. Caruso had been dead for 50 years, Gigli for 14, Schipa for 5. But I was born a year before the release of the abominable film The Godfather. That revolting film is a summary of every Italian-American stereotype. What's worse, it's a glorification of those stereotypes. Rather than denounce the film, Italian-Americans wanted more of them. A genre was born. An Italian who enjoys watching these films is like a Jew who enjoys reading Mein Kampf. I have some good memories of New York's Little Italy, but the following memory I would not call good. One evening, a friend of a friend said to me, "You have to visit such-and-such café. They play Dean Martin; there are photos of Marlon Brando and Al Pacino on the wall; the air is filled with smoke; the place is so Italian!" I have some infinitely sweeter memories — memories of the "in-between moment" — that I would like to share with you now. I am just old enough to remember the remnants of the tradition of making music at home, a custom that died after the 70s. It would be a birthday or another holiday. Dinner was over. An accordion, a guitar, or both would appear. And there would be a few songs. The repertoire was small. Torna a Surriento, Uhé Marì, Volare, Mala Femmena — always those four. If there were only four songs, it would be those four. They were sung in the original language. Even though I didn't speak a word of Italian before age 16, I still remember certain "sounds." For example, in Sorrento, in the phrase, "guarda gua’ chistu ciardino," I heard "gua’ chistu ciar-" as "guachi stuciar." For a kid who spoke only English at home, it was a very strange language indeed. Other than those four songs, everyone knew ’O sole mio, Funiculì funiculà, C’è la luna, Vieni sul mar, and Santa Lucia. They knew in English pieces like Dicitencello vuje ("Just say I love her"), Mattinata ("You're breaking my heart") and Musetta's Waltz ("Don't you know"). But no one knew how to play songs of that complexity. However, two instrumental numbers that everyone knew were Tra veglia e sonno and the famous "Wedding tarantella" which, to be honest, I don't know what it's called in Italian. (Sometimes it's called "Tarantella No. 1." But in any case, this tarantella was written by that magnificent composer, the most able and brilliant composer in history: Mr. Anonymous!) Thus, you cannot make the simple statement that Italian culture was diluted in America. Yes, Caruso, Gigli, and Schipa were replaced by Frank Sinatra, Dean Martin, and Tony Bennett. But I wonder in how many homes in Italy, in the 70s, people pulled out an accordion or a guitar after dinner and started singing Torna a Surriento. Certain things died here, but certain other things survived. |
Nessun commento:
Posta un commento