domenica 29 agosto 2021

'O pagnottiello! (Panini napoletani)

Una delle mie foodblogger preferite è Antonietta Polcaro. Be’, ne sono un po’ di parte, perché Antonietta ha vissuto gran parte della sua vita a Montefalcione, paese dei miei antenati. Ogni tanto fa la sua comparsa in cucina il cognato Angelo (che vive ancora a Montefalcione). Spesso propongono ricette che erano molto conosciute ai miei nonni, bisnonni, trisnonni ...

La ricetta che oggi ha attirato la mia attenzione non è irpina ma napoletana. (Napoli è solo un’ora a ovest di Avellino.) Il panino napoletano – altrimenti noto come ’o pagnottiello – è una delle glorie della cucina napoletana: cibo inventato dalla gente comune che non poteva permettersi di buttare nulla via. Non è forse vero che i piatti più grandi e “di alta classe” di oggi sono quelli inventati dai nostri poveri antenati analfabeti?
   One of my favorite foodbloggers is Antonietta Polcaro. Of course, I am a little biased, because Antonietta has lived most of her life in Montefalcione, the town of my ancestors. Every so often, her brother-in-law Angelo (who still lives in Montefalcione) makes an appearance in the kitchen. Often they offer recipes that were well-known to my grandparents, great-grandparents, great-great-grandparents ...

The recipe that grabbed my attention today was not Avellinese but Neapolitan. (Naples is only an hour west of Avellino.) The panino napoletano – otherwise known as ’o pagnottiello – is one of the glories of Neapolitan cuisine: food invented by the common folk who could not afford to throw anything away. Is it not true that the greatest and most “high-class” dishes of today are the ones invented by our impoverished, illiterate ancestors?
’O Pagnottiello (Panini Napoletani)
Neapolitan sandwiches

Ricetta dal blog Il mondo di Antonietta Polcaro, tradotta in inglese da Leonardo Ciampa.
Recipe from the blog Il mondo di Antonietta Polcaro, translated into English by Leonardo Ciampa.


This recipe is very similar to the casatiello: a dough, similar to pizza dough, stuffed with all the good things. The Neapolitan sandwich, in large or small format, can be served for various different types of occasions.

The recipe is not mine. The story of how I came into possession of it I tell in the video.

It is an excellent dough: double rising, very little yeast, spread without a rolling pin, baked at a very high temperature.

Pasquale, my virtual friend, makes pizzas and more. He knows what he’s doing! He sent me several photos of his recipes.

In the dough of the sandwiches he advised me not to replace the oil with lard. I agreed: in this way the recipe is even more “summery” [i.e. “lighter”].

In this regard, I did some research and read that lard can be used in the dough, as well as in the casatiello dough. However, the amount of yeast must be increased significantly.

Ingredients for approx. 20-24 sandwiches:
For the dough:
1 kg flour*
500-520 ml of water [i.e., half a litre, or somewhat more]
5 g fresh yeast**
25 g salt
50 g extra-virgin olive oil

For the filling:
400 g cold cuts
(e.g., prosciutto, salame napoletano, pancetta)
500 g mixed cheeses
(e.g., regular or smoked scamorza, mild provolone)
100 g pecorino and grated parmigiano
pepper
hard boiled eggs, cut into small pieces

* You can use stronger 00 flour, 0 flour, or if you want, also type 1 or 2 flour (but you’d have to increase the ratio of water a little).

** Instead of fresh yeast, you can use 2 g of dry yeast. Or you can use 200 g of sourdough starter [a.k.a. “mother”].

The coldcuts for the filling are just a suggestion. You can use whatever charcuterie you like best.

Preparation:
Work the dough until it becomes smooth and homogeneous.

In a planetary mixer, put all the flour in the bowl and add more than half of the water in which you have already have dissolved the yeast. Knead a little with the hook. Then add the rest of the water in which you have already dissolved the salt. Knead until the gluten network is firm, then add the oil gradually.

Divide the dough into two loaves of equal weight (so it will be easier to roll out without a rolling pin). Let rise in lightly greased bowls until doubled in volume (about 3 hours).

Roll out each piece into a rectangle, possibly without using a rolling pin. Top with the filling, roll up loosely. Cut sandwiches of approx. 7 cm in width. Lay them on a baking sheet covered with parchment paper. Cover with plastic wrap and let it rise for an hour.

Preheat a very hot oven (250° C [480° F]), preferably ventilated. Brush the top of the sandwiches with egg yolk. Bake for about 20 minutes.

Foto: www.antoniettapolcaro.it

martedì 24 agosto 2021

La storia inverosimile della parmigiana di pollo / The improbable history of chicken parmigiana

Palermo, un dettaglio dei famosi Quattro Canti. Da notare le persiane in legno, dette parmiciane nella lingua siciliana. (Foto: Wikipedia).
Palermo, a detail of the famous Quattro Canti.  Note the wooden shutters, called persiane in Italian, parmiciane in Sicilian. (Photo: Wikipedia)
La storia inverosimile della parmigiana di pollo
di Leonardo Ciampa

L’immensa popolarità della parmigiana di pollo (“Chicken parm”) negli Stati Uniti è pienamente giustificata. È uno dei piatti più deliziosi e uno dei miei preferiti personali. In un momento in cui cerco il “comfort food”, questo è il piatto a cui mi rivolgo più spesso di qualsiasi altro. E io dubito che perfino il gourmet italiano più snob possa trovare un legittimo difetto nella troika di una buona cotoletta impanata, una buona salsa e un buon formaggio.

Ma dove nacque questo piatto? La storia è molto interessante e molto complessa.

Una cosa che sappiamo con certezza concreta è che la preparazione che oggi chiamiamo “parmigiana” è originaria della Sicilia. La stratificazione delle melanzane con salsa di pomodoro e formaggio non ha niente, assolutamente niente, a che fare con Parma o con il formaggio parmigiano. Nientissimo. In Italia le finestre hanno spesso le persiane in legno. La parola siciliana per persiana è parmiciana. Così, quando i siciliani impilavano strati di melanzane, salsa e formaggio, la chiamavano parmiciana. Durante l’occupazione borbonica dell’Italia meridionale (1735-1861), nel Regno delle Due Sicilie, i napoletani corruppero la parola parmiciana in parmisciana. Ulteriori corruzioni lo portarono in parmigiana.

In questo periodo furono pubblicati in Italia due libri di cucina molto importanti: Il cuoco galante (1773) di Corrado e Cucina teorico-pratica (1837) di Cavalcanti. Cavalcanti diede la prima ricetta conosciuta della “Molignane a la parmisciana”: fette di melanzane fritte (ma non impanate) e condite con formaggio grattugiato, foglie di basilico e ragù oppure salsa di pomodoro senza carne. Corrado diede ricette di vari piatti che chiamò “parmegiana”. L’unica cosa che queste diverse ricette hanno in comune è che includono il formaggio parmigiano. Altrimenti, i piatti sono completamente diversi. E nessuno di loro ha niente a che fare con la procedura “parmigiana” di oggi.

Ma non è la fine della storia ... A pagina 36 si legge un’affascinante ricetta. In questa ricetta Corrado lessa le orecchie di vitello, le scola e le passa nella farina, poi nell’uovo, poi in un impasto di pangrattato e parmigiano. (Niente salsa, niente stratificazione.)

Cotte lesse le Orecchie del Vitello, e fatte poi freddare, s’infarinano, si tuffino nelle uova, e nel pane e parmegiano grattato s’involtino: e così in istrutto si friggono per servirle calde con petrosemolo intorno.

Ah! Questa è la prima apparizione nota in un libro di cucina non solo di vitello fritto e impanato, ma è il primo esempio conosciuto del procedimento farina-uova-pangrattato. Oggi i francesi sono famosi per questo procedimento. Tuttavia la sua prima apparizione non fu in un libro di cucina francese, ma in uno italiano!

Ma come siamo passati dalla parmigiana di melanzane non impanata alla parmigiana di vitello impanata?

Ci voleva un po’ prima che il vitello trovasse la strada per la Sicilia. Storicamente i siciliani mangiavano così poca carne che, fino all’anno 1500 circa, non c’era alcuna parola in lingua siciliana per carne commestibile. È vero questo – la parola proprio non esisteva! Le parole càmmaru, scàmmaru e cammaràrisi – e infatti le parole napoletane càmmaro, scàmmaro e cammarà – non risalgono a più del 1500.

La Sicilia alla fine scoprì il vitello. Le “cotolette alla palermitana” sono cotolette di vitello impanate. Comunque il pangrattato viene attaccato alla carne non con l’uovo ma con l’olio d’oliva. E le cotolette sono cotte in forno, non fritte. D’altronde, il pangrattato in senso generale ha un posto più prominente nella cucina siciliana che non in quella milanese, o addirittura napoletana. Originari della Sicilia sono i famosi spaghetti con la mollica di pane o gli ancora più famosi anelli di calamari impanati. Quindi, è ovvio che la Sicilia ci portò l’amore per i cibi impanati e che Napoli (non la Francia) ci portò la procedura farina-uovo-pangrattato. E mentre ci possono essere dubbi sulla provenienza della “parmigiana,” non c’è dubbio che Napoli ci abbia portato la “pizzaiola,” l’irresistibile abitudine di condire la carne con salsa e formaggio.

Ma perché tutti i libri e i sito web presumono che le cotolette di vitello discendano da Milano o da Vienna? Sicuramente la Cotoletta alla Milanese e la Wiener Schnitzel hanno molto in comune. Entrambe sono composte da carne di vitello. Entrambe utilizzano il procedimento farina-uovo-pangrattato. Entrambe sono fritte. Tuttavia, c’era pochissima immigrazione negli Stati Uniti da Vienna o da Milano. Come sarebbero arrivate qui entrambe le ricette? Possiamo eliminare Vienna: gli storici sono tutti d’accordo sul fatto che le cotolette di vitello impanate viaggiassero da Milano a Vienna, non viceversa.

Esistevano infatti a Milano secoli prima che gli Asburgo li scoprissero. Ci sono in realtà due cotolette alla milanese distinte. C’è la buonissima braciola di vitello, un taglio di carne più spesso, con l’osso. Poi c’è quello che viene chiamato “orecchia d’elefante,” una cotoletta disossata che viene battute fino a renderla sottile. Ovviamente la Wiener Schnitzel è una discendente della seconda.

Se è vero che a Milano le cotolette di vitello impanate esistano da secoli (forse fin dal Medioevo), non c’è una spiegazione plausibile perché la parmigiana di vitello sia arrivata negli Stati Uniti da Milano. Infatti, a meno che qualcuno non scopra una ricetta farina-uovo-pangrattato in un ricettario milanese precedente a Corrado, l’unica conclusione che possiamo trarre è che i milanesi hanno imparato a fare le loro cotolette dai napoletani.

Infatti, non capita spesso che la cucina milanese e quella napoletana vengano citate nella stessa frase! Comunque questa è la transizione perfetta verso lo straordinario racconto di un piatto che si chiama “Cotolette alla Napoletana,” che (inverosimilmente) nacque in Argentina (!) e (ancora più inverosimilmente) fu chiamato “Milanese alla Napoletana”!

Secondo la leggenda argentina, negli anni Quaranta nel quartiere Palermo di Buenos Aires, il Ristorante Nápoli era posseduto e gestito da tale Jorge La Grotta. Un giorno, un cliente abituale entrò e ordinò la sua solita milanesa. Il cuoco, però, aveva terminato il suo turno e a provvedere fu un suo aiutante. Quest’aiutante aveva più entusiasmo che talento; bruciò un lato della cotoletta.

Per rimediare al pasticcio decise di coprire la “ferita” con pomodoro, prosciutto e mozzarella, per poi passarla nel forno al fine di cuocere e fondere gli ingredienti “intrusi.”

Il racconto narra che la novità piacque all’avventore e divenne una specialità del Ristorante Nápoli. Le fu dato il nome “Milanesa a la Nápoli.” Divenne il fiore all’occhiello del ristorante che a fine anni ’40, inizio anni ’50 fu il piatto più amato e richiesto. La popolarità del piatto si diffuse in tutta l’Argentina e il nome fu corrotto in “Milanese alla Napoletana”. (Questo aveva quasi senso, siccome la combinazione di salsa e formaggio ricordava una pizza.)

Ora per la parte più inverosimile della storia: questa ricetta arrivò a Napoli e si affermò come un piatto popolare di nome “Cotoletta alla Napoletana”!

Qui negli Stati Uniti, la parmigiana di vitello è ancora consumata in America con una certa frequenza. Comunque, è facile capire le ragioni per cui il pollo è diventato più popolare: la ragione finanziaria, la ragione dietetica e l’opposizione alla crudeltà sugli animali.

Mi piace mangiare la parmigiana di pollo in un cuzzutiello, stile napoletano. Per essere chiari, a Napoli non si fa: laggiù ’o cuzzutiello si riempie con le polpette e il sugo di pummarola. Però riempito con la parmigiano di pollo, credimi è stupendo! In America ’o cuzzitiello non esiste proprio. Si usa il panino “sottomarino,” un panino cilindrico diviso longitudinalmente. A Boston questo pane si chiama “spuckie” (pronunciato “spachi”), da “spaccatella”.

In ogni caso, io certamente non condono l’abitudine americana di servire la parmigiana (o la marsala, o la piccata) sopra un letto di pasta. Chiunque abbia pensato a quella stupidaggine, non posso dirvi.
   The improbable history of chicken parmigiana
by Leonardo Ciampa

The immense popularity of Chicken parmigiana (“Chicken parm”) in the United States is fully justified. It is one of the most delicious dishes, and one of my personal favorites. In a moment when I am seeking “comfort food,” this is the dish to which I turn more often than any other. And I doubt that even the snobbiest Italian gourmet could find legitimate fault with the troika of a good breaded cutlet topped, a good sauce, and good cheese.

But where on earth did this dish originate? The history is very interesting, and very complex.

One thing we know with concrete certainty is that the preparation which we today call “parmigiana” originated in Sicily. Layering eggplant with tomato sauce and cheese has nothing – absolutely nothing – to do with Parma or Parmesan cheese. NOTHING. In Italy, windows often have wooden shutters called persiane. The Sicilian word for persiana is parmiciana. Thus, when Sicilians stacked layers of eggplant, sauce, and cheese, they called it “parmiciana.” During the French occupation of Southern Italy (1735-1861), in the Kingdom of the Two Sicilies, the Neapolitans corrupted the word “parmiciana” to “parmisciana.” Future corruptions brought it to “parmigiana.”

There were two very important cookbooks published in Italy during this era: Corrado’s Il cuoco galante (1773) and Cavalcanti’s Cucina teorico-pratica (1837). Cavalcanti gives the first known recipe for “Eggplant parmisciana”: slices of eggplant, fried (but not breaded) and layered with grated cheese, basil leaves, and either a meat ragù or a meatless tomato sauce. Corrado gives recipes for various dishes that he calls “parmegiana.” The only thing any of them have in common is that they include parmesan cheese. Otherwise, the dishes are completely different. And none of them has anything to do today’s parmigiana.

But that’s not the end of the story … On page 36 there is a fascinating recipe. In this recipe, Corrado boils veal’s ears, drains them, and dips them in flour, then egg, then a mixture of breadcrumbs and parmesan cheese. (No sauce, no layering.)

Veal ears cooked, drained, and then cooled, floured, dipped in egg, and rolled in bread and grated Parmegiano; they are fried in lard and served hot, garnished with parsley.

Aha! This is the first known appearance in a cookbook not only of fried and breaded veal, but it is the first known example of the flour-egg-breadcrumb procedure. Today the French are famous for this procedure. However its first appearance was not in a French cookbook, but in an Italian one!

However, how did we get from unbreaded eggplant parm to the breaded veal parm?

It took a while for veal to find its way to Sicily. Historically the Sicilians ate so little meat that, until around the year 1500, there was no word in the Sicilian language for edible meat. This is true – the word literally didn’t exist! The words càmmaru (edible meat), scàmmaru (food without meat) e cammaràrisi (to eat meat) – as well as the Neapolitan equivalents càmmaro, scàmmaro and cammarà – do not date back further than 1500.

Sicily eventually discovered veal. Cotolette alla Palermitana are breaded veal cutlets. However, the breadcrumbs are stuck to the meat not with egg but with olive oil. And the cutlets are baked, not fried. Then again, breadcrumbs in a general sense are featured more prominently in Sicilian cuisine than than of Milan, or even of Naples. The famous spaghetti with breadcrumbs, or the even-more-famous breaded calamari rings, both originated in Sicily. Thus, it stands to reason that Sicily brought us the love of breaded foods, and Naples (not France) brought us the flour-egg-breadcrumb procedure. And while there may be doubts about the provenance of “parmigiana,” there is zero doubt that Naples brought us “pizzaiola,” the irresistible procedure of topping meat with sauce and cheese.

But why do all the books and website assume that veal cutlets descended from either Milan or Vienna? Certainly Cotoletta alla Milanese and Wiener Schnitzel do have much in common. Both consist of veal. Both use the flour-egg-breadcrumb procedure. Both are fried. However, there was very little immigration to the United States from either Vienna or Milan. How would either recipe have arrived here? We can eliminate Vienna: historians all agree that breaded veal cutlets traveled from Milan to Vienna, not the other way around.

In fact, they existed in Milan centuries before the Habsburgs discovered them. There are actually two distinct Milanese cutlets. There is the delicious veal chop, a thicker cut of meat, with the bone. Then there is what is called the “orecchia d’elefante” (“elephant’s ear”), a boneless cutlet which is pounded until thin. Obviously the Wiener Schnitzel is a descendant of the latter.

While it is true that breaded veal cutlets have existed in Milan for centuries (possibly since the Middle Ages), there is no plausible explanation why veal parm would have come to the United States from Milan. In fact, unless someone discovers a flour-egg-breadcrumb recipe in a Milanese cookbook that predates Corrado, the only conclusion we can draw is that the Milanese learned to make their cutlets from the Neapolitans.

Indeed, it is not often that the cuisines of Milan and Naples are mentioned in the same sentence! However that is the perfect segue to the remarkable story of a dish called “Cotolette alla Napoletana,” (“Neapolitan cutlets”), which (improbably) originated in Argentina (!), and (even more improbably) was named “Milanese alla Napoletana”!

According to Argentine legend, in the 1940s, in the Palermo district of Buenos Aires, the Ristorante Nápoli was owned and operated by a certain Jorge La Grotta. One day, a regular customer entered and ordered his usual Milanese. The cook, however, had finished his shift. The Milanese was prepared by an underling. This underling had more enthusiasm than talent. He burned one side of the cutlet.

To remedy the “wound,” he decided to cover it with tomato sauce, ham and mozzarella, then put it in the oven for a couple of minutes, in order to blend the added ingredients.

The story goes that this new dish pleased the customer so much that it became a specialty of Nápoli Restaurant. It was called “Milanesa a la Nápoli.” It became the flagship of the restaurant and, in the late 40s, early 50s, was the most loved and requested dish. The dish’s popularity spread throughout Argentina, and the name became corrupted to “Milanese alla Napoletana.” (This almost made sense, whereas the sauce-and-cheese combination was reminiscent of a pizza.)

Now for the most improbable part of the story: this recipe found its way to Naples and established itself as a popular dish called “Cotoletta alla Napoletana”!

Here in the United States, Veal parm is still consumed in America with some frequency. However, it is easy to understand the reasons why chicken has become more popular: the financial reason, the dietary reason, and the opposition to animal cruelty.

I like to eat chicken parmigiana in a cuzzutiello, a small loaf of crusty Neapolitan bread, excavated and filled. To be clear, in Naples, they do not do this. Over there, the cuzzutiello is filled with meatballs and sauce. However, believe me that filled with chicken Parm it is stupendous! In America the cuzzutiello does not exist. We use a submarine bread roll or sub. This role is called different things in different cities. In Boston it’s called a spuckie (from the Italian word spaccatellaspaccare means to break or split open).

In any case, I certainly do not condone the American habit of serving chicken parmigiana (or Marsala, or piccata) on top of a bed of pasta. Whoever thought of that nonsense, I couldn’t tell you.

lunedì 23 agosto 2021

Barchette di melanzane / Eggplant boats

È agosto, e Internet è colmo di ricette di melanzane. L’idea delle melanzane ripiene mi è stata messa in testa dalla recente ricetta del mio amico Frank Fariello, il cui blog “Memorie di Angelina” è senza alcuno dubbio il miglior foodblog italoamericano del web. (La seguente è una ricetta diversa.)

Ingredients
  • 2 melanzane nere grandi (o 4 melanzane viola), tagliate a metà, con la pelle
  • pangrattato casereccio
  • Prosecco (oppure acqua), quanto basta per inumidire (ma non inzuppare) il pangrattato
  • pecorino, grattugiato fresco
  • salame (io salamino piccante)
  • ½ cipolla, tritata
  • 2 spicchi d’aglio, tritati
  • sale marino
  • pepe, macinato fresco
  • foglie di basilico fresco, tagliate a metà a mano (ingrediente importante!)
  • evo
Procedimento
I tempi e dosi sono impossibili da dare in questa ricetta. Quanto sono grandi le melanzane? Quanto in profondità le avete scavate? Quanto è caldo il forno? E così via.

Con un coltellino da cucina (spelucchino), scavate le melanzane, lasciando un “muro” abbastanza spesso da contenere il ripieno, ma abbastanza sottile da consentire alle “barchette” di cuocere correttamente.

Se stiate utilizzando le melanzane nere grandi, come ho fatto io, potreste voler cuocere nel forno le metà scavate su una teglia (con qualche goccia d’evo sulla teglia e sopra le melanzane) per alcuni minuti, fino a quando non diventano appassite alquanto.

Tagliate a cubetti la polpa scavata. Friggeteli in una padella capiente (idealmente di ghisa) con abbastanza evo, cipolla e aglio. (Le melanzane assorberanno molto olio.) Quando i cubetti sono traslucidi, spegnete la fiamma, mescolate con gli altri ingredienti, riempite le barchette, spruzzate un po’ più di evo sopra, e fate cuocete nel forno a 180 gradi fino a quando le barchette sono abbastanza morbide da mangiare, ma non così morbide da crollare.

Note
  • Potete omettere il salame e fare un piatto vegetariano. Oppure potete andare nella direzione opposta e aggiungere carne macinata, che faresti soffriggere con la cipolla, aglio e cubetti di melanzana).
  • Se vi piace potete condirle con un po’ di sugo sopra. Potete andare anche oltre e coronarle con mozzarella oppure scamorza. In tal caso, aggiungetela un paio di minuti prima della fine.
Per una ricetta per le barchette di zucchine, cliccate qui.

Per un’altra deliziosa ricetta con le melanzane, la famosa caponata siciliana, cliccate qui.
   It is August, and the Internet is filled with eggplant recipes. The idea for stuffed eggplant was put into my head by the recent recipe by my friend Frank Fariello, whose blog “Memorie di Angelina” is, hands down, the best Italian-American foodblog on the web. (The following is a different recipe.) 

Ingredients
  • 2 large black eggplants (or 4 violet eggplants), sliced in half (skin on)
  • homemade breadcrumbs
  • Prosecco (or water), enough to moisten (but not drown) the breadcrumbs
  • pecorino, freshly grated
  • salami (I used pepperoni)
  • ½ onion, chopped
  • 2 cloves garlic, chopped
  • sea salt
  • pepper, freshly ground
  • fresh basil leaves, ripped in half by hand (an important ingredient!)
  • extra-virgin olive oil
Procedure
Timings and quantities are impossible in this recipe. How large are the eggplants? How deeply did you excavate them? How hot is the oven? And so forth.

With a paring knife, excavate the eggplants, leaving a wall that is thick enough to hold the stuffing, but thin enough that the “boats” cook properly.

If you are using the large black eggplants, as I did, you may want to bake the excavated halves on a cookie sheet (with a few drops of oil on the pan and on top of the eggplant) for a few minutes, until they become somewhat withered.
 
Chop the excavated pulp into cubes. Fry them in a large skillet (preferably cast-iron) with enough EVOO, onion and garlic. (The eggplant will absorb a lot of oil.) When the cubes are translucent, shut off the heat, mix with the other ingredients, fill the boats, drizzle a little bit more EVOO on top, and bake at 350 degrees until the boats are soft enough to eat, but not so soft that they collapse.

Notes
  • You can omit the salami and make a vegetarian dish. Or you can go in the other direction and add ground meat, which you would sauté with the onion, garlic, and eggplant cubes).
  • If you like, you can serve topped with a little tomato sauce. You can go even further and crown it with mozzarella or scamorza. In that case, add it a couple of minutes before the end.
For a recipe for zucchini boats, click here.

For another delicious recipe with eggplant, the famous Sicilian caponata, click here.

domenica 22 agosto 2021

Sant'Agrippina di Mineo & Andrea Amici

È difficile descrivere una festa italiana agli americani, anche agli italoamericani. In Italia ogni piccolo comune ha il suo patrono. Ogni anno, nel giorno della festa di quel santo, l’intero comune diventa un’unica grande festa, un unico grande banchetto familiare. Non ve la posso descrivere; semplicemente non abbiamo equivalenti.

In una grande città statunitense come Boston non può esserci una sola festa, perché ci sono italoamericani di tanti paesi diversi, da Roma a Trapani e ovunque nel mezzo. Raramente, infatti, le feste si svolgono nel giorno della festa del santo. Ad esempio, a Boston la Festa di Sant’Agrippina di Mineo è sempre il primo weekend di agosto, non il 23 agosto.

Per caso, il mio carissimo amico, il meraviglioso compositore Andrea Amici, si trovava ieri a Mineo, pochi giorni prima della festa di Sant’Agrippina. Immagina il mio stupore quando ieri lui mi ha inviato una foto di se stesso, a Mineo, davanti alla Chiesa di Sant’Agrippina! Me l’ha mandato perché si ricordava che mia nonna materna era di quel comune. Quello che lui non sapeva era che quella chiesa era la parrocchia dei miei antenati! È la chiesa dove mia bisnonna, Emanuela Spitalieri, fu battezzata nel 1888 e sposata nel 1906. Ma perché Andrea era lì, in quella chiesa? Il Lydian Ensemble ha eseguito due sue composizioni originali, Belliniana e Mine Eyes unto the Hills, più vari suoi arrangiamenti di musiche di Ennio Morricone e Astor Piazzolla. Tutto questo, in un concerto ieri sera, in QUELLA chiesa!

Per gli immigrati mineoli, come mia nonna, la festa di Sant’Agrippina a Boston era un evento annuale bene amato. Io da bambino, crescendo, sentivo spesso pronunciare il nome di Sant’Agrippina. (Come nota a margine, a Mineo i nomi dati "Agrippino" e "Agrippina" erano comuni quanto "Giovanni" e "Maria"!)

Condivido con voi la composizione di Andrea Amici, "Belliniani", che i miei avi connazionali hanno avuto il piacere di ascoltare ieri sera.
   It’s difficult to describe an Italian feast to Americans – even to Italian-Americans. In Italy, every small town has its patron saint. Every year, on the feast day of that saint, the entire town becomes one big party, one big family banquet. I cannot describe it to you; we simply have no equivalent.

In a big American city like Boston, there cannot be only one feast, because there are Italian-Americans from so many different towns, from Rome to Trapani and everywhere in between. In fact, the feasts rarely take place on the actual feast day of the saint. For instance, in Boston the Feast of St. Agrippina of Mineo is always the first weekend in August, not August 23.

By chance, my dear friend, the wonderful composer Andrea Amici, found himself in Mineo yesterday, a few days before St. Agrippina’s Feast. Imagine my astonishment when yesterday he sent me a photo of himself, in Mineo, standing in front of the Church of Sant’Agrippina! He sent it to me because he remembered that my maternal grandmother was from that town. What he did not know was that that church was my ancestors’ parish! It is where my great-grandmother, Emanuela Spitalieri, was baptized in 1888 and married in 1906. And why was Andrea there, in that church? The Lydian Ensemble performed two of his original compositions, Belliniana and Mine Eyes unto the Hills, plus various of his arrangements of music by Ennio Morricone and Astor Piazzolla. All this, in a concert last night, in THAT church!

For the Mineo immigrants, like my grandmother, St. Agrippina’s Feast in Boston was a beloved annual event. As a child growing up, I heard St. Agrippina’s name mentioned often. (As a side note, in Mineo the given names "Agrippino" and "Agrippina" were as common as "John" and "Mary"!)

I share with you Andrea Amici’s composition, "Belliniani," which my ancestral compatriots had the pleasure of hearing last night.
Photo: Andrea Amici (21 August 2021)
Andrea Amici, davanti alla Chiesa di Sant’Agrippina di Mineo (21 August 2021)
Photo: Andrea Amici (21 August 2021)

domenica 15 agosto 2021

Boston & Montefalcione

Care lettrici e cari lettori:

Stamattina su Facebook, sulla pagina “Old School Boston” (“Boston di vecchia scuola”), mi è saltata all’occhio questa bellissima foto del North End (la “Piccola Italia” di Boston). È una foto abastanza antica – non anticissima, perché Polcari’s Coffee è lì solo dal 1931. Non dovrei usare la parola “solo”: Polcari è il negozio più antico del North End che si trova nella sua posizione originale e che serve il suo originale scopo. In effetti, a parte il pavimento più nuovo (in legno, come l’originale) e il soffitto ribassato (che copre l’originale soffitto di latta vittoriana), il negozio sembra quasi esattamente come nel 1931! Il fondatore, Antonio Polcaro (sic) nacque a Montefalcione (città natale dei Ciampa) nel 1897. Arrivò a Boston (non Ellis Island) nel 1913, all’età di 16.

Nella foto c’è anche un altro bellissimo e storico sito: Martignetti Liquors. Fondata da Carminantonio Martignetti (1897-1975) da Montefalcione, Martignetti Liquors si trasferì da Via Salem a Via Cross e diventò un’enoteca molto grande e importante. Oggi Martignetti Companies è uno dei piu grandi distributori di vini. Carminantonio arrivò a Boston (non Ellis Island) nel 1914, all’età di 17. Sposò Carolina (nata Martignetti) di Montefalcione nel 1923.  Fondò Martignetti Liquors nel 1933, lo stesso anno dell’abrogazione della Prohibition.

Il nipote di Carminantonio (figlio del fratello Alessandro), Beniamino Martignetti (1928-2015) emigrò a Boston nel 1956 e fondò Martignetti Enterprises, azienda specializzata nella lavorazione della pietra.

Beniamino Martignetti e sua moglie Elena Iantosca (montefalcionese anche lei) non dimenticarono la loro chiesa parrocchiale, S. Leonardo di Porto Maurizio a Boston, di cui divennero uno dei maggiori benefattori. (Donarono la recinzione in ferro battuto fuori dal Giardino di Pace di S. Leonardo, visto da milioni di turisti che percorrono lo storico “Freedom Trail” di Boston.)

Chissà se questi Martignetti siano i miei consanguineo (se vada abbastanza indietro). Per secoli, c’erano a Montefalcione così tanti matrimoni misti tra i Ciampa e i Martignetti che nell’albero genealogico i due clan sono impossibili da districare. (Mio bisnonno Giovanni Ciampa era figlio di Serafina Martignetti, che era figlia di Giuseppina Ciampa, che era figlia di Anna Martignetti... Mia prozia Rosa Ciampa sposò suo cugino di secondo grado Federigo Ciampa ... E così via. )

Una foto così meravigliosa per sorridermi questa soleggiata mattina domenicale! Buona domenica e buon ferragosto!

Aggiornato il 17 agosto 2021. Fonti: EllisIsland.org, FamilySearch.org, antenati.san.beniculturali.it, gli archivi del Boston Globe e il libro Leading Americans of Italian Descent in Massachusetts (1946).
   Dear readers,

This morning on Facebook, on the page “Old School Boston,” this beautiful photo of the North End (Boston’s Little Italy) jumped out at me. It is an old photo – not ancient, because Polcari’s Coffee is there only since 1931. I should not use the word “only”: Polcari’s is the oldest store in the North End that is in its original location and that serves its original purpose. Indeed, other than the newer floor (wooden, like the original) and the lowered ceiling (which covers the original Victorian tin ceiling), the store looks almost exactly as it did in 1931! The store’s founder, Anthony Polcari, was born Antonio Polcaro in Montefalcione (the Ciampas’ hometown) in 1897. He arrived in Boston (not Ellis Island) in 1913, at age 16.

Also in the photo is another beautiful and historic site: Martignetti Liquors. Founded by Carminantonio Martignetti (1897-1975) from Montefalcione, Martignetti Liquors moved from Salem St. to Cross St. and became a very large and important wine store. Today Martignetti Companies is one of the largest wine distributors. Carminantonio arrived in Boston (not Ellis Island) in 1914, at age 17. He married Carolina (née Martignetti) from Montefalcione in 1923. He founded Martignetti Liquors in 1933, the same year that Prohibition was repealed.

Carminantonio’s nephew (son of his brother Alessandro), Beniamino Martignetti (1928-2015) emigrated to Boston in 1956 and founded Martignetti Enterprises, a company specializing in stonemasonry.

Beniamino Martignetti and his wife Elena (née Iantosca, also from Montefalcione) did not forget their parish church, St. Leonard of Port Maurice in Boston, of whom they became one of the largest benefactors. (They donated the wrought-iron fence outside the St. Leonard’s Peace Garden, seen by millions of tourists who walk Boston’s historic “Freedom Trail.”)

Who knows if these Martignettis are blood relatives of mine (if you go back far enough). For centuries, there was so much intermarriage between the Ciampas and the Martignettis in Montefalcione that in the family tree the two clans are impossible to disentangle. (My great-grandfather Giovanni Ciampa was the son of Serafina Martignetti, who was the daughter of Giuseppina Ciampa, who was the daughter of Anna Martignetti ... My great-aunt Rosa Ciampa married her second cousin Federigo Martignetti ... And so it goes.)

Such a wonderful photo to smile upon me this sunny Sunday morning! Buona domenica e buon ferragosto!

Updated 17 August 2021. Sources: EllisIsland.org, FamilySearch.org, antenati.san.beniculturali.it, the Boston Globe Archives, and the book Leading Americans of Italian Descent in Massachusetts (1946).

CARUSIANA