Stavo in Bénin. Ho lavorato là cinque anni, ma col tempo ho dovuto scegliere fra l’idea di fare la cooperante a vita e quella di mettere su famiglia. Ho scelto la seconda, e ho cambiato occupazione.
Ho trovato lavoro nel commerciale estero di un’azienda di vino, altra eccellenza del mio territorio. Poi sono rimasta incinta e purtroppo non mi hanno rinnovato il contratto.
Il primo anno di vita di mia figlia ho fatto la mamma a tempo pieno, poi ho cominciato a lavorare per un’altra azienda vinicola, e nel frattempo ho aperto il blog.
Qualche mese dopo, all’inizio del 2014, ho perso il lavoro e ho deciso di dedicarmi a tempo pieno alla mia nuova attività, che continuo a fare a tempo pieno.
LC: Wow! Sto ripetendo troppo la parola “interessante.” Ma la tua vita è stata veramente interessante! Cinque anni in Bénin? 99% delle persone che conosco non hanno mai sentito nominare Bénin, me incluso! Indirettamente hai risposto a una delle più grandi domande che avevo: parli francese? Intuisco bene che per cinque anni parlavi SOLO francese?
SC: Sì, parlavo francese e un po’ di fulfulde, la lingua degli allevatori. Poche cose, come il saluto (che comunque è lunghissimo) o i complimenti per il cibo e il formaggio che mi offrivano.
In realtà, comunque, non sono cresciuta perfettamente bilingue.
L’ho migliorato molto là il francese. Anche perché facevo da interprete ai miei colleghi.
LC: Avevi colleghi italiani lì in Africa? Colleghi dalla stessa ditta?
SC: Sì, eravamo una squadra. I più fissi eravamo io e un mio collega. A volte stavo anche sola.
Avevamo una piccola squadra locale.
Avevamo un appartamento affittato nella cittadina più vicina ai villaggi.
LC: Meno male che potevi parlare ragusano con i colleghi, invece di parlare francese tutta la giornata. Mi ricordo il mio primo viaggio in Italia 25 anni fa. Stavo con una famiglia che con me parlava 75% napoletano, 25% italiano, e 0% inglese.
SC: Sì, infatti nei viaggi all’estero si torna col dialetto rafforzato. Ci sono stranieri che fanno morire dalle risate, perché non te lo aspetti. Ma anch’io creo un po’ st’effetto, mi vedi biondina e francesina, poi parlo e …
LC: Esatto! Anch’io dico faccio così, dicendo le cose “apparentemente innocenti,” mente so ESATTAMENTE cosa sto dicendo. Ieri sera, io e un’amica abbiamo cenato in un ristorante gestito da un fiorentino. Alla fine della cena gli ho detto che vorrei ’na tazzulell’ ’e caffè. Ai fiorentini si deve parlare così ogni tanto. Ti pare? È buono per loro.
SC: LOL.
LC: Tu come “biondina e francesina” probabilmente sembri straniera ovunque vai. Hai i capelli tipicamente siciliani: lunghi, ricci, folti … ma biondi.
SC: Ti assicuro che fuori contesto non se lo aspettano! Ho partecipato a diverse summer school internazionali, dove c’erano un sacco di ragazze dell’est. Quando è arrivato il mio turno nelle presentazioni, mi è bastato dire “Buongiorno, sono Stéphanie…” per sentire dal fondo della sala: “Miiii chissà cosa nostra è!”. Il gruppo di siculi che mi aveva inizialmente scambiata per polacca, mi ha riconosciuta alla prima parola pronunciata!!!
LC: Ma poiché sei un mix etnico e sei stata in paesi diversi, la tua cucina è una meravigliosa combinazione di ricette tradizionali e creazioni innovative.
SC: Sì, mi sento molto internazionale. Poi mia mamma ha pure sangue belga, polacco e russo.
LC: Internazionale, ma ti senti tranquilla a casa, a Ragusa? O hai sempre lo wanderlust? Vuoi sempre scappare?
SC: Ho questo tumulto interiore, ma da quando sono mamma sono più calma. La mia professione riesce ad appagare la mia parte selvaggia. Mi permette di viaggiare, di avere sempre uno sguardo fuori.
LC: È stato difficile monetizzare la tua attività? Degli chef online ci sono tanti Pinchi Pallino. Ma guadagnarsene …
SC: All’inizio sì: i blog giallozafferano sono già ottimizzati per farti guadagnare, ma ovviamente i primi mesi si parlava di poche decine di euro… Con la perseveranza e l’impegno sono riuscita a “tirarci su lo stipendio”! Ho lavorato moltissimo sul mio brand e ora lavoro molto in collaborazione con aziende, soprattutto del mio territorio. Partecipo ad eventi sulle eccellenze italiane e alle volte tengo dei corsi legati all’essere foodblogger e alla gestione delle foto e delle immagini nel web.
LC: Si vede quanto lavoro hai fatto. Mica è una cosa “automatica” creare un canale redditizio. Ci vuole una certa perseveranza. Sei una persona perseverante?
SC: Direi di sì. Molto tenace e determinata. Altrimenti avrei lasciato perdere.
LC: Dicci qualcosa dell’Arancinario. |
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I was staying in Benin. I worked there for five years, but over time I had to choose between the idea of becoming a lifelong worker and starting a family. I chose the latter, and I changed jobs.
I found a job in the foreign sales department of a wine company (another product in which my hometown has achieved excellence). However then I got pregnant, and unfortunately they didn’t renew my contract.
The first year of my daughter’s life I was a full-time mother, then I started working for another winery, and in the meantime I started the blog.
A few months later, at the beginning of 2014, I lost my job and decided to dedicate myself full time to my new business, which I continue to do full time.
LC: Wow! I’m repeating the word “interesting” too much. But your life has been really interesting! Five years in Benin? 99% of the people I know have never heard of Benin, myself included! You indirectly answered one of the biggest questions I had: do you speak French? Do I understand correctly that for five years you spoke ONLY French?
SC: Yes, I spoke French and a little Fulfulde, the language of the breeders. In Fulfulde I learned a few things, like the greeting (which in any case is very long) or the compliments for the food and cheese that I was offered. In reality, however, I did not grow up perfectly bilingual. I improved my French a lot there. Also because I was an interpreter for my colleagues.
LC: Did you have Italian colleagues there in Africa? Colleagues from the same company?
SC: Yes, we were a team. The most permanent ones were me and a colleague of mine. Sometimes I was even alone. We had a small local team. We had a rented apartment in the town closest to the villages.
LC: Luckily you could speak the Ragusa dialect with your colleagues, instead of speaking French all day. I remember my first trip to Italy 25 years ago. I was staying with a family that with me spoke 75% Neapolitan, 25% Italian, and 0% English.
SC: Yes, in fact when traveling abroad you return with a reinforced dialect. There are strangers who make people die laughing, because they don’t expect it. I also create a bit of this effect. They see me as “blonde and French-looking.” But then I start talking and …
LC: Exactly! I also do this, saying the “seemingly innocent” things while I know EXACTLY what I’m saying. Last night, a friend and I had dinner in a restaurant run by a Florentine. At the end of the dinner I told him I would like ’na tazzulell’ ’e caffè [“a little cup of coffee,” in the Neapolitan dialect!]. To the Florentines we must speak this way every now and then. Don’t you think? It’s good for them.
SC: LOL.
LC: Your being “blonde and French-looking,” probably you look foreign wherever you go. You have typically Sicilian hair: long, curly, thick … but blonde.
SC: I assure you that out of context they don’t expect it! I attended several international summer schools, where there were a lot of girls from the east. When my turn came in the introductions, all I had to do was say, “Good morning, I’m Stéphanie ...” and I’d hear from the back of the room: “Damn, who knows if she’s part of the Mafia!” The group of Sicilians who had initially mistaken me for a Pole, all I had to do was say one word and they knew I was one of them!
LC: But since you are an ethnic mix and have been to different countries, your cuisine is a wonderful combination of traditional recipes and innovative creations.
SC: Yes, I feel very international. Then again, my mother also has Belgian, Polish and Russian blood.
LC: International, but do you feel comfortable at home in Ragusa? Or do you always feel wanderlust? Do you always want to escape?
SC: I have this inner turmoil, but since becoming a mother I have been calmer. My profession manages to satisfy my wild side. It allows me to travel, to always have a glimpse of the outside.
LC: Was it difficult to monetize your business? There are so many Joe Schmoes cooking online. But to actually earn money from it …
SC: At first, yes: the Giallozafferano blogs are already optimized to make you earn money. But the first few months, obviously we’re talking about only a couple of dozen euros … With perseverance and commitment I managed to “raise our salary”! I have worked a lot on my brand, and now I work a lot in collaboration with companies, especially in my area. I participate in events about Italian excellence, and sometimes I hold courses related to being a foodblogger and managing photos and images on the web.
LC: One can see much work you have done. It is not an “automatic” thing to create a profitable channel. It takes some perseverance. Are you a perseverant person?
SC: I would say yes. Very tenacious and determined. Otherwise I would have given up.
LC: Tell us something about Arancinario. |