domenica 19 settembre 2021

San Gennaro / St. Januarius

Sopra: la facciata enorme del Duomo di Napoli.
Sotto: Cartolina storica dalla mia collezione personale. Notate i due campanili, che non furono mai costruiti. Anche senza di loro, la facciata è piuttosto imponente!
   Above: the enormous façade of Naples Cathedral.
Below: Historic postcard from my personal collection. Note the two bell towers, which were never built. Even without them, the façade is pretty imposing!
Oggi è la festa di San Gennaro, patrono di Napoli. Lui è così amato a Napoli che la cattedrale è popolarmente conosciuta come il Duomo di San Gennaro – anche se non è questo il suo nome! (In realtà si chiama la Cattedrale dell’Assunta.) 

Non è esagerato dire che questa è una delle cattedrali più grandiose e artistiche del mondo. Molte delle cappelle laterali sono, di per sé, magnifici santuari.

Vidi il Duomo per la prima volta nel gennaio 2001. Fu memorabile come la passeggiata che portò ad essa. Ricordate che questo “turista” di Boston era abituato a chiese molto più piccole, molto più nuove e (ovviamente) molto meno ornate.

La camminata iniziò alla Basilica di Santa Chiara e alla Chiesa del Gesù Nuovo – due grandissime chiese, una accanto all’altra. Di Santa Chiara mi ricordo l’interno vasto ma spoglio, cosparso di piccoli resti di affreschi trecenteschi, in contrasto con l’interno riccamente ornato del Gesù Nuovo. Poi arrivai alla Piazza San Domenico Maggiore, di cui ricordo bene l’obelisco (ma non mi ricordo il più grande obelisco dell’Immacolata davanti al Gesù Nuovo). Della magnifica Chiesa di San Domenico Maggiore m’impressionò il soffitto a cassettoni. Che chiesa magnifica! Ognuna di queste tre chiese supererebbe la maggior parte delle cattedrali del Nord America.

Da San Domenico mi diressi ad est su Spaccanapoli, la strada dove fu inventata la pizza... e una pizza mangiai! Da lì proseguì per Spaccanapoli e svoltai a sinistra in Via Duomo. Le chiese sembravano diventare sempre più grandi ... fino a quando ... arrivai al Duomo.

Mi cadde la mascella.

Una struttura mastodontica. Ogni cappella laterale mi sembrava in sé una grande chiesa. Ricordo la più grande di queste cappelle, la Cappella Reale del Tesoro di San Gennaro – così grande che ha la sua cupola! Ricordo anche un’altra cappella laterale, che di per sé è considerata una basilica: la Basilica di Santa Restituita, edificata nel quarto (!) secolo. Mi ricordo anche la cripta, completamente ricoperta di marmo (impressionante però non all’altezza della stupenda cripta del duomo salernitano). 

Non credo ci sia un altro duomo che possa reggere il paragonare con quello di Napoli. Con la chiesa principale, la basilica del IV secolo, la cappella gotica, la cripta rinascimentale, e la ricchezza di decorazioni barocche, questo massiccio edificio eclissa quasi tutte le altre cattedrali del mondo.

A noi americani oggi può sembrare strano portare il nome del mese di gennaio (come agli italiani sembra strano chiamare una femmina Giugno!). Ma Gennaro è uno dei nomi più popolari in Campania. Mio padre si chiamava Gennaro. Prese il nome dallo zio paterno Gennaro, molto amato da mio nonno e che oggi ha molti discendenti sia in Europa che in America.
   Today is the feast day of St. Januarius, the patron saint of Naples. He is so beloved in Naples that the Cathedral is popularly known as St. Januarius Cathedral – even though that is not its name! (It is actually called the Cathedral of the Assumption.)

It is no exaggeration to say that this is one of the grandest and most artistic cathedrals in the world. Several of the side chapels are, in themselves, magnificent sanctuaries.

I first saw the Cathedral in January 2001. It was as memorable as the walk that led up to it. Remember that this “tourist” from Boston was accustomed to churches that were much smaller, much newer, and (obviously) much less ornate.

The walk began at the Basilica di Santa Chiara and the Chiesa di Gesù Nuovo – two huge churches, one next to the other. I remember Santa Chiara’s vast but stark interior, dotted with small remnants of 14th-century frescoes, in contrast to the ornate interior of Gesù Nuovo. Then I reached Piazza San Domenico Maggiore, whose obelisk I remember well (but I don’t remember the larger obelisk of the Immaculate, in front of Gesù Nuovo). Inside the magnificent Church of San Domenico Maggiore, I remember the impression that the coffered ceiling made upon me. What a magnificent church! Any of these three churches would surpass most of the cathedrals in North America.

From San Domenico I headed east on Spaccanapoli, the street where pizza was invented ... and I ate a pizza! From there, I continued on Spaccanapoli and took a left on Via Duomo. The churches seemed to get bigger and bigger ... until ... I arrived at the Duomo.

My jaw dropped.

A colossal structure. Every side chapel seemed like a large church in itself. I remember the largest of these chapels, the Royal Chapel of the Treasure of St. Januarius – so large that it has its own cupola! I also remember another side chapel, which in itself is considered a basilica: the Basilica of St. Restituita, built in the fourth (!) century. I also remember the crypt, completely covered with marble (impressive, but not on the level of the stupendous crypt of the Duomo in Salerno).

I don’t think you can compare any other cathedral to that of Naples. With the main church, the fourth-century basilica, the Gothic chapel, the Renaissance crypt, and an abundance of Baroque decoration, this massive edifice eclipses most any other cathedral in the world.

To us Americans today it may seem strange to name a boy after the month of January (as Italians think it’s strange to name a girl June!). But Gennaro is one of the most popular names in Campania. My father was named Gennaro. He was named after his paternal uncle Gennaro, who was very beloved by my grandfather and who has many descendants today in Europe and in America.
Cupola della Cappella Reale di S. Gennaro
The dome of the Royal Chapel of St. Januarius
Il cancello della Cappella Reale di San Gennaro. Riuscite a credere che questa sia solo una cappella laterale?!
The gate of the Royal Chapel of St. Januarius. Can you believe that this is just a side chapel?!
O che questa sia solo una cappella laterale? La Basilica di Santa Restituita fu edificata nel quarto (!) secolo.
Or that this is just a side chapel?! The Basilica of St. Restituita was built in the fourth (!) century.

venerdì 17 settembre 2021

Timpano d' 'o Vesuvio

Alcune ricette classiche, come l’Amatriciana, hanno un procedimento ben definito; se non viene seguito, il piatto semplicemente non è autentico. Altri piatti, come gli Spaghetti Caruso, possono fare riferimento a diverse ricette differenti e non correlate, e per nessuna di esse esiste una versione autentica (una con i fegatini, una con le zucchine, una con la besciamella...).

Timpano d’ ’o Vesuvio rientra nella seconda categoria.

Ho cercato tra molte ricette. Ciascuna di loro era differente. Alcune usavano l’impasto della pizza. Altre usavano la pasta frolla. Alcune avevano un “cratere” in alto. Altre non avevano un’apertura. Alcune erano solide come un frittata di pasta e venivano servite a fette pulite. Altre non includevano uova o altri ingredienti leganti e il contenuto sfuso veniva scavato con un cucchiaio da portata. Alcune contenevano verdure. Altre no. Alcune contenevano gli spaghetti o i bucatini. Altri contenevano pasta corta. Tutte queste ricette diversissime erano tutte chiamate “Timpano d’ ’o Vesuvio.”

Avevano qualcosa in comune? Be’, tutte erano coperte da una crosta superiore (o l’impasto per pizza o la pasta frolla). E tutte contenevano i ripieni che vi aspettereste di vedere in una pasta al forno nel Sud Italia. Onestamente, questi erano gli unici due denominatori comuni. 

Pertanto non ho esitato a creare il mio proprio tributo a questo amato vulcano. Volevo che fosse tre cose: terroso, focoso e fumoso. Per la terra, i portobellini (cremini). Per il fuoco, la carne delle salsicce piccanti. Per il fumo, la pancetta affumicata.

INGREDIENTI PER DUE “VULCANI”

PER IL SUGO
2 scatole (1600 g) di pomodori pelati italiani, passati
EVO (non troppo)
2 strisce di pancetta affumicata, tagliate a quadretti con le forbici
450 g della carne di salsiccia piccante (senza budello)
1/2 cipolla piccola, tritata
2 spicchi d’aglio, affettati
sale & pepe
basilico fresco (aggiunto solo alla fine)
6 portobellini (cremini), affettati (saltati separatamente nel burro, sale e pepe, aggiunti al sugo solo alla fine)

PER IL RIPIENO
1 kg di bucatini o perciatelli
1 kg di ricotta
4 grandi uova
pecorino, grattugiato fresco
un po’ di scamorza grattugiata
noce moscata, grattugiata fresca
prezzemolo, tritato fresco
sale & pepe

PER LA CROSTA
Per ciascun timpano, un gran disco di pasta frolla per il fondo, un disco più grande di pasta frolla per la superficie (quindi 4 dischi).

PROCEDURA

Per il sugo: soffriggete l’olio, la pancetta, l’aglio e la cipolla. Aggiungete la carne della salsiccia, mescolando continuamente. Quando la maggior parte del colore rosa è sparita, aggiungete i pomodori, lavando le scatole con acqua o con vino rosso. Fate cuocere per diverse ore. Aggiungete il basilico e i funghi solo alla fine.

Per il ripieno: unite tutti gli ingredienti del ripieno tranne i bucatini.

Per la pasta frolla: utilizzate la tua ricetta preferita. (Per una maggiore autenticità, usate lo strutto di maiale casereccio invece del burro.) Usate le tortiere rotonde al diametro di 23 cm. Posizionate il disco più piccolo d’impasto sul fondo. Fate un buco al centro del disco più grande.

Cercate di avere tutto quanto sopra pronto per il montaggio quando i bucatini sono pronti.

Per i bucatini: In una pentola capiente fate bollire abbondante acqua salata. Quando raggiunge il bollore, aggiungete i bucatini, mescolate bene e, quando riprende il bollore, fate cuocere per solo cinque minuti. Scolate e sciacquate immediatamente con acqua fredda per un paio di minuti. (N.B.: normalmente non sciacquerei MAI la pasta. Lo faccio solo per la pasta al forno o per le lasagne.) Scolate, mettete in una grande ciotola o pentola, e subitissimo mescolate con uno o due mestoli di sugo (cosicché i bucatini non si attacchino).

Ai bucatini, mettete il composto di ricotta e abbastanza sugo per creare un bel colore rosa. Mescolate bene. Riempite le tortiere, facendo una cupola o “montagna.” Completate con una mestolata di sugo al centro. Coprite con il disco più grande. Sigillate bene il perimetro! Infornate a 190° per c.60 minuti o fino a quando la crosta sarà dorata e il ripieno inizierà a bollire leggermente. Sfornate, lasciate riposare per 15 minuti, versate un po’ di sugo caldo sul cratere per una presentazione drammatica, poi affettate e servite! (Dovrebbe essere rimasto molto sugo, da servire sopra le fette.)
   Some classic recipes, such as Amatriciana, have a very clearly defined procedure; if it is not followed, the dish is simply not authentic. Other dishes, such as Spaghetti Caruso, can refer to several different and unrelated recipes, and there is no authentic version for any of them (one with chicken livers, one with zucchini, one with béchamel...).

Timpano d’ ’o Vesuvio falls into the latter category.

I searched through many recipes. Every one of them was different. Some used pizza dough. Others used pie crust. Some had a “crater” at the top. Others didn’t have a hole. Some were solid like a pasta pie, and were served in clean slices. Others did not include eggs or any other binding ingredient, and the loose contents were scooped out with a serving spoon. Some contained vegetables. Others did not. Some contained spaghetti or bucatini. Others contained short pasta. All of these very different recipes were all called “Timpano d’ ’o Vesuvio.”

Did they have anything in common? Well, all of them were covered by a top crust (either pizza dough or pie crust). And all of them contained fillings that you would expect to see in a baked pasta in Southern Italy. Honestly, these were the only two common denominators.

Therefore I felt no hesitation to create my own tribute to this beloved volcano. I wanted it to be three things: earthy, fiery, and smoky. For the earth, baby bella mushrooms. For the fire, hot sausage meat. For the smoke, bacon.

INGREDIENTS FOR TWO “VOLCANOES”

FOR THE SUGO
2 cans (1600 g) Italian peeled tomatoes, puréed
EVOO (not too much)
2 strips bacon, cut in squares with scissors
1 lb (450 g) hot sausage meat (without casings)
1/2 small onion, chopped
2 garlic cloves, sliced
salt & pepper
fresh basil (added only at the end)
6 baby bellas, sliced (sautéed separately in butter, salt, and pepper, added to the sugo only at the end)

FOR THE FILLING
2 lbs bucatini or perciatelli
2 lbs ricotta
4 eggs
pecorino, freshly grated
a little shredded scamorza
nutmeg, freshly grated
parsley, freshly chopped
salt & pepper

FOR THE PIE CRUST
For each timpano, one large disk of dough for the bottom, one larger disk of dough for the top (therefore 4 disks).

PROCEDURE

For the sugo: sauté the oil, bacon, garlic, and onion. Add the sausage meat, stirring constantly. When most of the pink color has gone away, add the tomatoes, washing the cans either with water or red wine. Cook for several hours. Add the basil and mushrooms only at the end.

For the filling: combine all of the filling ingredients except the pasta.

For the pie crust: use your favorite recipe. (For more authenticity, use homemade pork lard instead of butter.) Use round pie pans 9” in diameter. Place the smaller disk of dough on the bottom. Cut a hole in the middle of the larger disk.

Try to have all of the above ready for assembly when the pasta is ready.

For the pasta: In a large pot, boil abundant salted water. When it reaches a boil, add the pasta, stir well, and when it returns to a boil, cook for ONLY five minutes (NOT the cooking time suggested on the box). Strain, and immediately rinse with cold water for a couple of minutes. (Note: normally I would NEVER rinse pasta. I do it only for baked pasta or lasagne.) Strain, put in a large bowl or pot, and immediately mix with one or two ladles of sauce (so that the bucatini do not stick together).

Into the bucatini, put the ricotta mixture, and enough sauce to create a nice pink color. Stir well. Fill the pie pans, making a dome or “mountain.” Top with one ladle full of sauce in the middle. Cover with the larger disk. Seal the perimeter well! Bake at 375° for c.60 minutes or until the crust is golden brown and the filling starts to bubble somewhat. Remove from oven, let set for 15 minutes, poor a little hot sugo over the crater for a dramatic presentation, then slice, and serve! (There should be plenty of sauce left over, to serve on top of the slices.)
Cartolina dalla mia collezione personale. Postcard from my personal collection.

giovedì 16 settembre 2021

PUCCINI

È molto facile dire: “Verdi era più grande di Puccini.” È altrettanto facile dire: “Brahms non era tanto grande come Beethoven e Bach.” Ma la musica di Brahms era amata e custodita forse anche di più degli altri due B; parlava più direttamente al cuore. Lo stesso si può dire per la musica di Puccini, la più lirica, la più romantica, la più sensuale e (francamente) probabilmente la più bella musica mai scritta.

Ma nella mia vita, Puccini era qualcosa in più. La sua musica era quasi contemporanea! Mio nonno paterno nacque nel 1890 (lo stesso anno di Gigli). Otello aveva solo tre anni. Falstaff non era ancora stata scritta. E Puccini, uno dei ragazzini del quartiere, era ancora sconosciuto! Il suo primo successo, Manon Lescaut, non sarebbe stata scritta prima di altri tre anni.

Anche il mio più giovane progenitore, mia nonna materna, nacque prima della Rondine, prima del Trittico, prima della Turandot. Aïda aveva solo 43 anni (la stessa età di Evita). Rigoletto aveva solo 63 anni (la stessa età di The Music Man). I brani di successo di queste opere verdiane venivano suonati a casa di mia nonna, sul “grafofono” di famiglia. Lei conosceva “La donna è mobile” e “Questa o quella” e “Celeste Aïda” come noi conosciamo le canzoni di Frank Sinatra. E questo era Verdi. Puccini era CONTEMPORANEO. Letteralmente: mia nonna aveva già dieci anni quando lui morì. (Mio nonno paterno era un uomo di 34 anni con quattro figli.)

Decenni dopo, i suoni dell’opera italiana riempivano la casa di mia nonna il sabato, per accompagnarla a stirare e ad altri lavori domestici. Quasi invariabilmente, il compositore era Puccini. La Bohème di Beecham (con De Los Angeles e Bjoerling), la Tosca di Leinsdorf (con Milanov e Bjoerling) e la Butterfly di De Fabritiis (con Dal Monte e Gigli) erano dischi spesso ascoltati a casa sua. E dopo, lei li regalò a me ...

Le piaceva la frase “Mario! Mario! Mario!” che inizia il Duetto d’Amore dal Iº atto di Tosca (senza dubbio in parte perché il nome di suo padre era Mario). Qui presento il duetto nella sua interezza, dalla stessa registrazione di Leinsdorf che suonava così spesso.
   It’s very easy to say, “Verdi was greater than Puccini.” It’s just as easy to say, “Brahms wasn’t as great as Beethoven and Bach.” But Brahms’s music was loved and cherished perhaps even more than the other two Bs; it spoke more directly to the heart. The same can be said for the music of Puccini, the most lyrical, most romantic, most sensual, and (frankly) probably the most beautiful music ever written.

But in my life, Puccini was something more. His music was almost contemporary! My paternal grandfather was born in 1890 (the same year as Gigli). Otello was only three years old. Falstaff had not yet been written. And Puccini, one of the young kids on the block, was still unknown! His first hit, Manon Lescaut, would not be written for another three years.

Even my youngest grandparent, my maternal grandmother, was born before La rondine, before The Triptych, before Turandot. Aïda was only 43 years old (the same age as Evita). Rigoletto was only 63 years old (the same age as The Music Man). The hit tunes of these Verdian operas were played in my grandmother’s home, on the family “graphophone.” She knew “La donna è mobile” and “Questa o quella” and “Celeste Aïda” the way we know the songs of Frank Sinatra. And that was Verdi. Puccini was CONTEMPORARY. Literally: my grandmother was already ten years old when he died. (My paternal grandfather was a man of 34 with four children.)

Decades later, the sounds of Italian opera filled my grandmother’s home on Saturdays, to accompany her ironing and other housework. Almost invariably, the composer was Puccini. The Beecham Bohème (with De Los Angeles and Bjoerling), the Leinsdorf Tosca (with Milanov and Bjoerling), and the De Fabritiis Butterfly (with Dal Monte and Gigli) were oft-played records in her home. And she later gave them to me...

She liked the phrase “Mario! Mario! Mario!” which begins the Love Duet from Act I of Tosca (no doubt in part because her father’s name was Mario). Here I present the duet in its entirety, from the same recording by Leinsdorf that she played so often.

domenica 12 settembre 2021

La chiesa che costruì Sant’Orione / The church that Saint Orione built

Cartolina storica del Santuario di Tortona (dalla mia collezione personale)
Historic postcard of the Santuario in Tortona (from my personal collection)

La chiesa che costruì Sant’Orione
di Leonardo Ciampa

Ultimo aggiornamento: 29 dicembre 2021

Io sono nato nel 1971 e ho vissuto nel quartiere Orient Heights di East Boston, a meno di un chilom
etro dalla “Don Orione Home” (la casa di riposo fondata dagli Orionini nel 1951) e la statua della Madonna, alta più di 11 metri, dallo scultore ebreo-italo Arrigo Minerbi (1881-1960). Realizzata nel 1954, era una copia della statua che Minerbi aveva costruito l’anno precedente a Monte Mario, Roma. Il complesso era la sede nazionale dell’ordine orionino, i Figli della Divina Provvidenza.

Quasi fin dall’inizio, la mia vita si è legata in un modo o nell’altro alla Don Orione.

  

The church that Saint Orione built
by Leonardo Ciampa

Latest update: 29 December 2021

I was born in 1971 and lived in the Orient Heights neighborhood of East Boston, less than a kilometer from the Don Orione Home (founded by the Orionine fathers in 1951) and the 35-foot-high Madonna statue by the Jewish-Italian sculptor Arrigo Minerbi (1881-1960). Made in 1954, it was a copy of the statue that Minerbi had built the previous year in Monte Mario, Rome. The complex was the national headquarters of the Orionine Order, the Sons of the Divine Providence.

Almost from the beginning, my life was linked to the Don Orione in one way or another. 

Arrivo della statua della Madonna (1 maggio 1954). Fino agli anni ’70 si trovava ancora davanti alla Home; non era ancora stato spostata dall’altra parte della strada. (foto: donorione.org) Arrival of the Madonna statue (1 May 1954). As recently as the 1970s it was still located in front of the Home; it had not yet been moved across the street. (photo: donorione.org)
La statua nella sua posizione attuale, dall’altra parte della strada. Questa foto fu scattata nel giorno della dedicazione del Santuario, situato sotto la piazza (29 novembre 1987). Io ci fui in quel giorno: fui l’organista per la dedicazione. (foto: donorione.org) The statue in its current location, across the street.  This photo was taken on the day of the dedication of the Santuario, located below the piazza (29 November 1987). I was there that day; I was the organist for the dedication. (photo: donorione.org)

Nel 1976, quando avevo cinque anni, mia nonna paterna divenne residente della Home. Visse lì per cinque anni fino alla sua morte nel 1981, quando io avevo 10 anni. La Home aveva una sala ricevimenti al terzo piano (chiamato il quarto piano in America) dove, per il compleanno di mia nonna, si riuniva tutta la famiglia. (Intendiamoci, mio padre era uno dei nove figli!) Dopo la festa, assistevamo alla Messa nella Cappella Papa San Pio X alla Home. (Non sapevo che la Cappella fosse intitolata a Papa San Pio X, o che un giorno vi sarebbe stata fatta musica molto interessante...)

Circa cinque anni dopo, mio nonno materno si unì a due suoi amici che cantavano nel “Madonna Choir,” un coro amatoriale diretto da un notevole sacerdote di nome Don Antonio Simioni, FDP (1912-1996). Il nonno mi parlava costantemente del coro, in particolare del suo direttore. Nel frattempo, a mia insaputa, parlava di me al direttore.

Si dava il caso che Padre Antonio cercasse un organista accompagnatore. Il suo attuale accompagnatore era Don Gino Marchesani (nato nel 1928 – mentre scrivo, ancora in vita all’età di 92 anni), che aveva per un lavoro molto impegnativo a 50 chilometri di distanza, direttore di un programma per giovani disabili intellettivi presso la Don Orione Home nel quartiere Bradford di Haverhill.

Nonno mi fece assistere alla Messa per la festa di Don Orione il 15 marzo 1987, presso la suddetta cappella. (Il gran Santuario sotterraneo dall’altra parte della strada non era ancora completato.) Il coro cantò, Padre Antonio diresse e Padre Gino suonò. (La musica comprendeva anche l’Inno al Beato Luigi Orione, che lo stesso Padre Antonio aveva composto.) Successivamente salii in cantoria per incontrare Padre Antonio. Mi sedetti all’organo, e Padre Antonio mi posò davanti due pagine di musica, una delle quali era il suo arrangiamento dell’Alleluia di Perosi. Suonai tutt’e due correttamente a prima vista. Vedo ancora la fronte corrugata e il cenno di approvazione di Padre Antonio. Il lavoro ero mio! Avevo 16 anni, ero ancora al secondo anno del liceo, e non parlavo nemmeno una parola né di italiano né di dialetto. Padre Antonio aveva 75 anni e non parlava quasi inglese. Ci siamo trovati perfettamente.

  

In 1976, when I was five, my paternal grandmother became a resident in the Home. She lived there for five years until her death in 1981, when I was 10. The Home had a function hall on the fourth floor where, on my grandmother’s birthday, the whole family would gather. (Mind you, my father was one of nine children!) After the party, we would attend Mass in the Home’s Chapel. (Little did I know that the Chapel was named for Pope St. Pius X, or that much interesting music would someday be made there ...)

About five years later, my maternal grandfather joined two of his friends who were singing in the “Madonna Choir,” an amateur choir led by a remarkable priest named Don Antonio Simioni, FDP (1912-1996). Grandpa was constantly telling me about the choir, especially its director. Meanwhile, unbeknownst to me, he was also telling Padre Antonio about me.

It so happened Padre Antonio was looking for an organ accompanist. His current accompanist was Don Gino Marchesani (born 1928 – at this writing, still alive at age 92). But Padre Gino had a very challenging job 50 kilometers away, director of a program for intellectually disabled youth at the Don Orione Home in the Bradford neighborhood of Haverhill.

Grandpa arranged for me to attend the Mass for the Feast of Don Orione on March 15, 1987, at the abovementioned chapel. (The large underground Santuary across the street was not yet completed.) The choir sang, Padre Antonio conducted, and Padre Gino played. (The music included the “Hymn to Blessed Luigi Orione,” which Padre Antonio himself composed.) Afterwards I went up to the loft to meet Padre Antonio. I sat at the organ, and Padre Antonio placed in front of me two pages of music, the second being his arrangement of Perosi’s Alleluia. Both I played correctly at first sight. I can still see Padre Antonio’s furrowed brow and nod of approval. So I had the job! I was 16, still a sophomore in high school, and didn’t speak one single word of Italian or any dialect thereof. Padre Antonio was 75 and spoke almost no English. We got along perfectly.

Don Antonio Simioni, FDP (1912-1996)

Il 29 novembre di quell’anno fu dedicato il grande Santuario sotterraneo “Madonna Regina dell’Universo,” con una Messa celebrata dal Cardinale Bernard Law. Padre Antonio diresse il coro, il quartetto d’archi, due voci soliste e il sottoscritto all’organo.

Padre Antonio fu un rimarchevole compositore e direttore autodidatta. Scrisse musica con una bellissima calligrafia e scrisse molte melodie sacre, ma non sapeva comporre armonie. Quindi il mercoledì dopo la scuola, andavo a East Boston e lavoravamo insieme, armonizzando i suoi inni. Poi alle ore 18 cenavo con i sacerdoti – la mia primissima esperienza di un vero pasto italiano, con primo, secondo, ecc.! A cena ogni settimana c’erano Don Rocco Crescenzi (1916-2011, fondatore della Home), Don Lorenzo Tosatto (1936-2017), Don Angelo Falardi (1957-1997), Padre John Kilmartin (1960-2010, che veniva dal Regno Unito ma parlava perfettamente l’italiano), e naturalmente Padre Antonio. E dopo cena alle 19:30 c’era la prova del coro.

Intanto, per poter comunicare con Padre Antonio, mi misi a prendere lezioni di italiano. Come ho detto non sapevo parlare una sola parola. Dovetti cominciare dall’inizio – “Ciao, come stai?” C’era un errore linguistico che Padre Antonio non dimenticava mai. In inglese, glasses è la parola sia per “bicchieri” che per “occhiali.” Un giorno parlai degli occhiali come “bicchieri.” Padre Antonio pensava che fosse troppo divertente! Ogni tanto indicava gli occhiali e diceva: “Bicchieri!”

   On November 29 of that year, the large underground Shrine “Madonna Queen of the Universe” was dedicated at a Mass celebrated by Cardinal Bernard Law. Padre Antonio conducted the choir, string quartet, two vocal soloists, and myself at the organ.

Padre Antonio was a remarkable self-taught composer and conductor. He wrote music with beautiful penmanship, and he wrote many sacred melodies, but could not compose harmonies. So on Wednesdays after school, I went to East Boston and we worked together, harmonizing his hymns. Then at 6 p.m., I had dinner with the priests – my very first experience of a real Italian meal, with the primo, secondo, etc.! At dinner every week was Don Rocco Crescenzi (1916-2011, founder of the Home), Don Lorenzo Tosatto (1936-2017), Don Angelo Falardi (1957-1997), Fr. John Kilmartin (1960-2010, who was from the UK but spoke Italian perfectly), and of course Padre Antonio. And after dinner at 7:30 p.m. was the choir rehearsal.

Meanwhile, so that I could communicate with Padre Antonio, I started taking Italian lessons. As I mentioned I didn’t speak a single word. I had to start from the very beginning – “Ciao, come stai?” There was one linguistic blunder that Padre Antonio never forgot. In English, “glasses” is the word for both bicchieri (drinking glasses) and occhiali (reading glasses). One day I referred to eyeglasses as “bicchieri.” Padre Antonio thought that was incredibly funny! Every so often he would point to his eyeglasses and say, “Bicchieri!”
Don Lorenzo Perosi & San Luigi Orione. Nati lo stesso anno, e a pochi chilometri di distanza, erano cari amici. La foto fu scattata in agosto 1931 a Tortona, al tempo della dedicazione del Santuario. Questa cartolina mi fu data da Don Giuseppe Vallauri, FDP (1945-2020).
Don Lorenzo Perosi & St. Luigi Orione. Born the same year, and only a few kilometers apart, they were dear friends. The photo was taken in August 1931 in Tortona, at the time of the dedication of the Santuario. This postcard was given to me by Don Giuseppe Vallauri, FDP (1945-2020).

L’argomento di conversazione preferito di Padre Antonio era un compositore nato lo stesso anno di Don Orione e a pochi chilometri di distanza: Don Lorenzo Perosi. Perosi, Perosi, Perosi. Per Padre Antonio, Perosi era Bach, Mozart e Beethoven, tutti racchiusi in uno. E vi immaginate che Padre Antonio è nato 40 anni dopo la nascita di Perosi e morto 40 anni dopo la sua morte?!

Un giorno Padre Antonio mi fece un regalo: una cassetta (le ricordate?) della Missa Secunda Pontificalis di Perosi, con il Coro Vallicelliano, diretto da Don Antonio Sartori (1924-1964) con il maestro Giuseppe Agostini (1930-2020) all’organo della Basilica di Santa Francesca di Roma. Al primo eleison, avevo le farfalle nello stomaco. Adesso anch’io ero agganciato su Perosi.

Ora che ero un “convertito,” Padre Antonio mi dava diverse registrazioni e spartiti della musica di Perosi. È difficile enfatizzare eccessivamente quanto fossero rari. Il nome di Perosi era praticamente sconosciuto in America. E questo accadeva decenni prima che la musica potesse essere facilmente scaricata da Internet.

Comunque non potete immaginare quanto famoso era stato questo Perosi una volta. Non sarebbe un’esagerazione dire che, per un breve periodo (fine degli anni 1890, inizi del 1900), la sua fama internazionale era l’equivalente di qualcuno come Justin Bieber. Perosi fu l’unico membro della Giovane Scuola (Puccini, Mascagni, Leoncavallo et al.) che non compose opere. Dopo la prima del 1901 del Mosè di Perosi, con Toscanini sul podio, Mascagni disse, “Se questo comincia a scrivere opere siamo fritti.” Puccini non aveva meno ammirazione: “Il Maestro Perosi è un genio autentico ed originale della musica italiana, ed io, come l’amico Mascagni, non solo non abbiamo nulla da dire né da criticare, ma molto da ammirare e sotto certi aspetti quel cervellaccio supera noi.”

Di queste registrazioni rarissime che Padre Antonio mi regalò, una delle più interessanti fu anche la più nuova: una cassetta di una registrazione dal vivo, appena effettuata nel Santuario di Nostra Signora della Guardia a Tortona il 10 maggio 1987. Si legge:

Lorenzo Perosi
Concerto nazionale perosiano
e Convegno Scholae Cantorum
“Canti per la Messa”

Don Luigi Sessa (1927-2001) diresse 1700 (!!!) cantanti, con il maestro Attilio Baronti (1950-1993) all’organo.

Fu in quel momento che venni a capire che questo Santuario di Tortona fosse come il “Vaticano” dell’ordine orionino. Se solo avessi fatto più domande a Padre Antonio su questa chiesa che il futuro santo aveva costruito! (Ma con il mio italiano limitato, come avrei potuto?) Seppi solo dopo la sua morte che lui conosceva personalmente Don Orione e per diversi anni. Padre Antonio rimase orfano all’età di 5 anni – sua madre morì dieci giorni dopo la sua nascita; suo padre morì nella prima guerra mondiale. Come sappiamo, Don Orione aveva fondato molti orfanotrofi – incluso quello in cui si trovava piccolo Antonio. Don Orione, infatti, era stato molto influente nel discernimento di Padre Antonio di entrare nel sacerdozio. Padre Antonio doveva certamente essere presente alla dedicazione del Santuario nell’agosto 1931. Lo stesso Don Orione l’aveva chiamato a fare l’assistentato nel seminario di Tortona (1929-1931). Avrebbe iniziato un nuovo assistentato a Genova nel 1931, ma non riesco a immaginare che se ne sia andato prima della dedicazione! Anche se fosse stato a Genova, non sarebbe tornato – se non per stare con Don Orione, per ascoltare Don Perosi dirigere il coro, e suo fratello Cardinale Carlo Perosi celebrare la Messa?! (Qualcuno che sappiamo che ci sia stato Don Rocco Crescenzi. Ne parleremo più avanti.)

  

Padre Antonio’s favorite topic of conversation was a composer born the same year as Don Orione and only a few kilometers away: Don Lorenzo Perosi. Perosi, Perosi, Perosi. For Padre Antonio, Perosi was Bach, Mozart, and Beethoven all wrapped into one. And can you imagine that Padre Antonio (1912-1996) was born 40 years after Perosi’s birth and died 40 years after his death?!

One day, Padre Antonio gave me a gift: a cassette tape (remember those?) of Perosi’s Missa Secunda Pontificalis, with the Coro Vallicelliano, directed by Don Antonio Sartori (1924-1964) with maestro Giuseppe Agostini (1930-2020) at the organ of the Basilica of Santa Francesca in Rome. By the first eleison, I had butterflies in my stomach. Now I too was hooked on Perosi.

Now that I was a “convert,” Padre Antonio gave me several recordings and scores of Perosi’s music. It’s difficult to overemphasize how rare these were. The name Perosi was virtually unknown in America. And this was decades before music could be easily downloaded from the Internet.

However you can
’t imagine how famous Perosi had once been. It would not be an exaggeration to say that, for a brief period (late 1890s, early 1900s), his international fame was the equivalent of someone like Justin Bieber. Perosi was the only member of the Young School (Puccini, Mascagni, Leoncavallo, et al.) who did not compose operas. After the 1901 premiere of Perosi’s Moses, with Toscanini on the podium, Mascagni said, “If this guy starts writing operas, we’re fried.” Puccini had no less admiration: “Maestro Perosi is an authentic and original genius of Italian music, and I, like my friend Mascagni, have not only nothing to criticize but much to admire.  In certain ways that cervellaccio [crazy genius] is greater than us.”

Of these very rare recordings that Padre Antonio gave me, one of the most interesting was also the newest: a cassette of a live recording that had just been made in the Santuario di Nostra Signora della Guardia in Tortona on May 10, 1987. It read:

Lorenzo Perosi

Concerto nazionale perosiano
e Convegno Scholae Cantorum
“Canti per la Messa”

Don Luigi Sessa (1927-2001) directed 1700 (!!!) singers, with maestro Attilio Baronti (1950-1993) at the organ.

I was at that moment that I came to understand that this Santuario in Tortona was like the “Vatican” of Don Orione’s order. If only I had asked Padre Antonio more questions about this church that the future saint built! (But with my limited Italian, how could I have?) I didn’t find out until after his death that he knew Don Orione personally and for quite a few years. Padre Antonio was orphaned at age 5 – his mother died 10 days after his birth; his father died five years later in World War I.  As we know, Don Orione founded many orphanages – including the one in which little Antonio ended up. In fact, Don Orione was very influential in Padre Antonio’s discernment to enter the priesthood. Padre Antonio must certainly have been present at the dedication of the Santuario in August, 1931. Don Orione himself had called him to do an assistantship at the seminary in Tortona (1929-1931). He would start a new assistanceship in Genoa in 1931, but I can’t imagine he left before the dedication! Even if he was in Genoa, would he not have returned – if not to be with Don Orione, to hear Don Perosi conduct the choir, and his brother Cardinal Carlo Perosi celebrate the Mass?! (Someone who we know was there was Don Rocco Crescenzi. More about that later.)

La Madonna Choir, dopo l’ultima esibizione sotto la bacchetta di Padre Antonio, per la Festa dell’Assunta (15 agosto 1988). A sinistra di Padre Antonio è Franca Montemurro. A sinistra di lei, il gentiluomo con i baffi è il mio caro nonno Leonardo (“Tony”) Maggio (1910-1995). All’estrema destra è Mario Montemurro. (fotografo ignoto)
The Madonna Choir, after the last performance under the baton of Padre Antonio, for the Feast of the Assumption (15 August 1988). Left of Padre Antonio is Franca Montemurro. Left of her, the gentleman with the mustache is my dear grandfather Leonardo (“Tony”) Maggio (1910-1995). At the extreme right is Mario Montemurro. (photographer unknown)

L’ultima esibizione del Madonna Choir sotto la direzione di Padre Antonio fu per la Festa dell’Assunta, il 15 agosto 1988. Grazie a Dio una bella foto ricorda quell’occasione.

La progettazione della foto fu voluta, poiché il mese successivo – settembre 1988 – Padre Antonio fu trasferito al Santuario di Pompei (trasferimento che lui non aveva richiesto). Fu un giorno triste della mia vita che ricordo come fosse ieri. Devo aver previsto che sarebbero state scattate delle foto; portai all’aeroporto una bacchetta e una copia di una Messa di Perosi, con la quale Padre Antonio bonariamente posò!

  

The last performance of the Madonna Choir under Padre Antonio’s direction was for the Feast of the Assumption, August 15, 1988. Thank God for a beautiful photo which memorializes the occasion.

Planning the photo was intentional, for the following month – September 1988 – Padre Antonio was transferred to the Santuario in Pompeii (a transfer that he did not request). It was a sad day in my life which I remember like it was yesterday. I must have predicted that photos would be taken; I brought a baton and a copy of a Perosi Mass to the airport, with which Padre Antonio dutifully posed!  

L’addio all’aeroporto di Boston (settembre 1988). A sinistra è Don Rocco Crescenzi (fondatore della Don Orione di Boston). L’uomo nell’ultima fila a destra è Don Lorenzo Tosatto. (fotografo ignoto)
Saying farewell at Logan Airport (September, 1988).  At left is Don Rocco Crescenzi (founder of the Don Orione in East Boston). The man in the back row on the right is Don Lorenzo Tosatto. (photographer unknown)

Per i successivi sette anni rimanemmo in contatto regolare per telefono e per posta. Ogni giorno di festa ricevevo un biglietto. Ogni Natale e Pasqua alle 6 del mattino ricevevo una telefonata. Nel frattempo, continuai a studiare l’italiano. Il mio amore per la cultura italiana continuò a crescere. Le cose “bollirono fuori della pentola” nel settembre 1994, quando fui assunto dal Conservatorio di Boston come Pianista Accompagnatore e Assistente Didattico della novantenne Dottoressa Iride Pilla (1904-1997). “Miss Pilla” (come tutti la chiamavano) aveva avuto una carriera storica sia come soprano operistico che come maestra di canto. Parlava con fluidità assoluta tre lingue: inglese, italiano e napoletano.


Dopo alcuni mesi di lavoro con lei, l’unica cosa che mi veniva in mente era di andare in Italia. A parte la musica, l’Italia era l’unica cosa che avevo in mente. Ero ossessionato.

Il problema era che non ne avevo alcun programma. Volevo solo comprare un biglietto e partire, e basta. Pensavo a Firenze. Dopotutto, conoscevo molte delle opere d’arte lì. (Purtroppo non conoscevo nessun essere umano lì.)

La mancanza di un programma fece allarmare un po’ Padre Antonio. Mi telefonò e disse: “Conosco una famiglia, vicino a Pompei. È una buona famiglia. Il figlio è un tenore. Penso che voi due potreste andare d’accordo.” Il loro cognome era Schettino.

Poche settimane prima della mia partenza, il mio amatissimo nonno morì, dopo una brevissima battaglia contro il cancro. Telefonai a Padre Antonio e mi sciolsi in lacrime. “Coraggio!” lui mi disse.

Pieno di tristezza per mio nonno ma di eccitazione per il viaggio, il 6 agosto 1995, arrivai all’aeroporto di Napoli e per la primissima volta misi piede in terra italiana. E la primissima faccia familiare che vidi fu il volto sorridente di Padre Antonio Simioni! Gli Schettino ci portarono alla loro bella casa a Sant’Antonio Abate, a meno di 14 miglia in linea d’aria dalla bocca del Vesuvio. La mia “residenza” in Italia durò solo sei settimane, ma il viaggio innescò una catena di eventi che cambiarono il corso della mia vita e della mia carriera.

  

For the next seven years we remained in regular contact by phone and mail. Every holiday I received a card. Every Christmas and Easter at 6 a.m. I received a telephone call. Meanwhile, I continued studying Italian. My love for Italian culture continued to grow. Things came to a head in September 1994, when I was hired by the Boston Conservatory to be the piano accompanist and teaching assistant of the 90-year-old Dr. Iride Pilla (1904-1997). Miss Pilla had had a storied carrier as a soprano and voice teacher. She was categorically fluent in three languages: English, Italian, and Neapolitan.

After a few months of working with her, the only thing I could possibly think of was to go to Italy. Other than music, Italy was the only thing on my mind. I was obsessed.

The problem was that I had no plan whatsoever. I was just going to buy a ticket and go, and that was it. I was thinking of Florence. After all, I knew about many of the artworks there. (Unfortunately, I didn’t know any people there.)

My lack of a plan startled Padre Antonio a little bit. He telephoned me and said, “I know a family, near Pompeii. They are a good family. The son is a tenor. I think you would get along well with him.” Their name was Schettino.

A few weeks before my departure, my beloved grandfather died after a short bout with cancer. I called Padre Antonio and dissolved into tears. “Coraggio!” he said.

Filled with sadness over my grandfather but excitement about the trip, on August 6, 1995, I arrived at the Naples Airport, and I set foot on Italian soil for the very first time. And the very first familiar face that I saw was the smiling face of Padre Antonio Simioni! The Schettino’s brought us to their beautiful home in Sant’Antonio Abate, less than 14 miles as the crow flies from the mouth of Mount Vesuvius. My “residence” in Italy lasted only six weeks, but the trip set off a chain of events that changed the course of my life and career.

Il Santuario di Pompei (foto: Wikipedia)
The Santuario in Pompeii (photo: Wikipedia)

Un anno dopo, ricevetti la notizia che Padre Antonio era morto a Pompei. Secondo Franca Montemurro, “È morto come lui meritava di morire: un infarto nel sonno, senza soffrire. Sono entrati nella sua stanza e lui se n’era andato.” Franca era da lungo tempo Direttrice delle Attività della Home. Lei e suo marito Mario erano stati cantanti nel Madonna Choir. Ancora più importante, erano la famiglia che Padre Antonio non aveva mai avuto. Come ricorderete, lui era rimasto orfano. Una volta lui mi disse: “Non sapevo cosa fosse la famiglia finché non sono entrato nel sacerdozio.”

Qualche anno dopo, la mia vita s’incrociò di nuovo con la Don Orione. Mia nonna materna soffriva di demenza. Nel 1999 fu iscritta ad un asilo nido per adulti al Don Orione. (Per farla accettare, le dicemmo che fosse un “lavoro.” Quando lei ci andava, credeva che “andasse al lavoro.”) Era difficile assistere al declino di una persona così intelligente e così forte. Sul lato positivo, rimasi contentissimo di rivedere Franca Montemurro!

Un anno dopo si verificò un altro “incrocio orionino” con la mia vita. Molto vicino alla Don Orione si trova la Chiesa di S. Lazzaro, costruita nel 1923. Nel 1934 (solo 11 anni dopo!), i miei nonni materni si sposarono a S. Lazzaro. Entrambi ebbero lì i loro funerali (rispettivamente nel 1995 e nel 1999). Negli anni ’90 il parroco di S. Lazzaro (ora chiamata S. Giuseppe & S. Lazzaro) fu Padre Richard P. McLaughlin (che piaceva molto ai miei nonni, così come a me). Quando Padre McLaughlin fu trasferito nel 2000, la chiesa (che era in declino) diventò una chiesa orionina. Il nuovo parroco era Padre Kilmartin, uno dei sacerdoti con cui avevo cenato i mercoledì 13 anni prima!

  

A year later, I received the news that Padre Antonio passed away in Pompeii. According to Franca Montemurro, “He died as he deserved to die: a heart attack in his sleep, without suffering. They came in his room, and he had gone.” Franca was the long-time Director of Activities at the Home. Franca and her husband Mario had been singers in the Madonna Choir. More importantly, they were the family that Padre Antonio never had. As you recall, he had been an orphan. He said to me once, “I didn’t know what family was until I entered the priesthood.”

A few years later, my life again intersected with the Don Orione. My maternal grandmother suffered from dementia. In 1999 she was enrolled in an adult daycare program at the Don Orione. (To get her to agree to it, we told her that it was a “job.” She believed that she was “going to work.”) It was hard to witness the decline of someone so smart and so strong. On the positive side, I was very happy to see Franca Montemurro again!

A year later, the Don Orione intersected once again in my life. Very close to the Don Orione is the church of St. Lazarus, built in 1923. In 1934 (only 11 years later!), my maternal grandparents were married in St. Lazarus. Both had their funerals there (in 1995 and 1999, respectively). In the 1990s the pastor at St. Lazarus (now called St. Joseph-St. Lazarus) was Fr. Richard P. McLaughlin (whom my grandparents liked very much, as did I). When Fr. McLaughlin was transferred in the year 2000, the church (which had been declining) became a Don Orione church. The new pastor was Fr. Kilmartin, one of the priests with whom I had had Wednesday suppers 13 years previously!

Questa foto cattura il momento che vidi il Santuario di Tortona per la primissima volta (settembre 2005). Un momento emozionante!
This photo captures the moment that I saw the Santuario in Tortona for the very first time (September 2005). What an exciting moment!

Nel 2005 ero impegnato a scrivere una biografia di Perosi, la prima mai scritta in lingua inglese. Così Perosi e Don Orione mi stavano molto in mente quel settembre. Feci una tournée di concerti d’organo in Italia e Austria. I primi due concerti furono a Pralungo (provincia di Biella) e Bischofshofen (stato di Salisburgo). Tortona non era di passaggio tra quelle due città! Comunque dovevo (DOVEVO) assolutamente vederlo. Implorai Prof. Siegbert Kuhn, il mio manager-autista-amico, di fare una deviazione. Quando ci arrivammo il sole era quasi tramontato. Ma era già abbastanza buio che la statua della Madonna fosse illuminata. Che emozione vedere finalmente la chiesa che Don Orione aveva fatto costruire! Tuttavia, era troppo tardi per poter entrare.

Quel dicembre mi trasferii ad Orient Heights, dopo 31 anni che non ci vivevo. La mia casa era a soli 5 minuti a piedi dal Santuario della Madonna! Ogni giorno vedevo la statua della Madonna. Ero così felice di essere lì che spesso suonavo messe gratuitamente nella Cappella, solo per il piacere di farlo! La maggior parte delle messe erano celebrate da Padre Gino, ma a volte celebrava Padre Rocco. Dopo la messa chiacchieravo con il celebrante, a volte davanti a caffè e biscotti. Era in queste conversazioni che seppi tante cose su Don Orione e Padre Antonio.

Padre Rocco era stato un fattorino di Don Orione. Si legge che il Santuario fu “costruito da preti e giovani chierici.” Il quindicenne Padre Rocco fu uno di quei giovani chierici. Mi raccontò di dover portare dei mattoni. Ed era raggiante quando diceva di esser stato presente alla dedicazione. “Sono stato sveglio per 36 ore di fila!”, mi raccontò. (O magari ne furono 40?) Padre Rocco ricordava gli “occhi penetranti” di Don Orione. “Sentivo di dover dire la verità, perché se non l’avessi fatto, lui l’avrebbe saputo.”

Padre Gino aveva conosciuto Padre Antonio all’inizio degli anni Quaranta, quando Padre Antonio era rettore di San Michele a Tortona (1941-1947). Il giovane Padre Gino cantava spesso nei cori sotto la direzione di Padre Antonio al Santuario. (Ancora un altro collegamento al Santuario!)

  

In 2005 I was busily writing a biography of Perosi, the first one ever written in the English language. Thus Perosi and Don Orione were much on my mind that September. I made an organ concert tour of Italy and Austria. The first two concerts were in Pralungo (province of Biella) and Bischofshofen (state of Salzburg). Tortona was not on the way between those two cities! However I absolutelyhad to (HAD TO) see it. I begged Prof. Siegbert Kuhn, my manager-chauffeur-friend, to make a detour. By the time we got there the sun had almost gone down. But it was dark enough that the Madonna statue was illuminated. What a thrill to finally see the church that Don Orione built! However, it was too late to be able to enter.

That December I moved back to Orient Heights, after not having lived there for 31 years. My house was only a 5-minute walk from the Madonna Shrine! Every day I saw the Madonna statue. I was so happy to be there that I often played Masses for free in the Chapel, just for the pleasure of it! Most of the Masses were said by Padre Gino, but sometimes Padre Rocco celebrated. After Mass I would chat with the celebrant, sometimes over coffee and cookies. It was in these conversations that I learned so much about Don Orione and Padre Antonio.

Padre Rocco had been an errand boy for Don Orione. We read that the Santuario was “built by priests and young clerics.” The 15-year-old Padre Rocco was one of those young clerics. He told me about having to carry bricks. And he glowed when he talked about being present at the dedication. “I was awake for 36 hours straight!”, he told me. (Or maybe it was 40?) Padre Rocco remembered Don Orione’s “penetrating eyes.” “I felt I had to tell the truth, because if I didn’t, he would have known.”

Padre Gino knew Padre Antonio back in the early 1940s, when Padre Antonio was rector of St. Michael’s in Tortona (1941-1947). The young Padre Gino often sang in choirs under Padre Antonio’s direction at the Santuario. (Yet another connection to the Santuario!)

La cassetta vera e propria che Padre Antonio mi regalò nel 1987.
The actual cassette that Padre Antonio gave me in 1987.
Con il maestro Arturo Sacchetti alla sua casa a Santhià (VC) (settembre 2005). With Maestro Arturo Sacchetti at his home in Santhià (province of Vercelli) (September 2005).

Riuscite a immaginare che stavo completando una biografia di Perosi a pochi metri dal punto esatto in cui avevo ascoltato la sua musica per la primissima volta?!

La biografia si completò nel marzo 2006, in tempo per il 50° anniversario della morte di Perosi. Per il libro intervistai diverse persone, tra cui Arcangelo Paglialunga (1920-2011), giornalista vaticanista che conosceva Perosi e scrisse su di lui una biografia negli anni Cinquanta, quando il compositore era ancora in vita. Tuttavia il perosiano più importante che conobbi e con cui diventai amico fu il maestro Arturo Sacchetti, il massimo esperto mondiale della musica di Perosi. Per una coincidenza incredibile, lui abitava solo 30 chilometri da una delle tappe della mia tournee!

Per intercessione del Sacchetti, ebbi l’indescrivibile onore di suonare in concerto al Festival Perosiano 2007 a Tortona, proprio nella cattedrale dove Perosi era organista (e suo padre prima di lui). V
idi la tomba marmorea di Perosi, nella navata del Duomo. In più, entrai proprio nella stanza, dietro la cantoria, dove a volte dormiva Don Orione da giovane! 

Gli organizzatori del Festival in quel periodo erano il dott. Giorgio Gatti e il Cav. Uff. Luciano Carniglia. Quando domandai loro della registrazione del 1987 con 1700 cantanti, Carniglia non solo ne era a conoscenza: era stato lui a produrla! L’aveva fatto in collaborazione con il recentemente scomparso Don Giuseppe Scappini (1921-2006), che era stato direttore musicale della Cattedrale sia direttore fondatore del “Corale San Luigi Orione,” residente al Santuario. Carniglia mi regalò una versione in CD della cassetta che mi aveva tanto entusiasmato 20 anni prima.

(Devo anche ricordare che Don Scappini era la forza dietro il restauro di qualità museale dell’organo del Duomo. Purtroppo morì prima che potessi incontrarlo.)

  

Can you imagine that I was completing a Perosi biography mere meters from the exact spot where I first heard his music?!

The biography was completed in March 2006, in time for the 50th anniversary of Perosi’s death. I interviewed several people for the book, including Arcangelo Paglialunga (1920-2011), a Vatican journalist who knew Perosi and wrote a biography on him the 1950s, while the composer was still alive. However the most important Perosian who I met and befriended was Arturo Sacchetti. Sacchetti was and is the world’s leading expert on Perosi’s music. By an amazing coincidence, he lived less than 19 miles from one of the stops on my tour!

Through Sacchetti’s intercession, I had the indescribable honor of playing a concert in the Festival Perosiano 2007 in Tortona, in the very cathedral where Perosi was organist (and his father before him). 
I saw Perosi’s marble tomb, in the nave of the Cathedral. As an added bonus, I entered the very room, behind the choir loft, where Don Orione sometimes slept as a youth! 

The organizers of the Festival at that time were Dr. Giorgio Gatti and Cav. Uff. Luciano Carniglia. When I asked them about the 1987 recording with 1700 singers, Carniglia not only knew about it – he was the one who produced it! It was in collaboration with the recently deceased Don Giuseppe Scappini (1921-2006). Don Giuseppe was both music director of the Cathedral and founding director of the “Corale San Luigi Orione,” in residence at the Santuario. Carniglia gave me a CD version of the cassette which had so thrilled me 20 years before. 

(I must also mention that Don Scappini was the force behind the museum-quality restoration of the Cathedral organ. Alas, he passed away before I could meet him.)

Il momento che vidi il Santuario per la prima volta alla luce del giorno (novembre 2007).
The moment that I saw the Santuario for the first time in daylight (November 2007).

Essendo a Tortona, ebbi finalmente l’opportunità di visitare il Santuario! E c’era un’ora che sapevo per certo sarebbe stato aperto: domenica mattina. Come descrivere l’emozione di assistere alla Messa nella chiesa i cui mattoni erano stati portati dal futuro Sant’Orione e Padre Rocco? La chiesa dedicata dal cardinale Perosi con il fratello a dirigere il coro? La chiesa dove dirigeva Padre Antonio e cantava Padre Gino? La chiesa dove una volta risuonarono le voci di 1700 cantori? Seduto all’organo Mascioni quella mattina fu Don Serafino Tosatto (1929-2020), che per coincidenza era cugino di Padre Lorenzo Tosatto ad East Boston. La personalità vivace e l’esecuzione forte di Don Serafino smentivono i suoi 78 anni.

L’anno 2022 segnerà il 150° anniversario della nascita sia di Don Perosi che di Sant’Orione. E in data 19 agosto 2022, IO CI SARÒ! S
eduto all’organo! Un sogno diventerà realtà.

  

Being in Tortona, I finally had the opportunity to visit the Santuario! And there was one time I knew for sure that it would be open: Sunday morning. How do I describe the thrill of attending Mass in the church whose bricks had been carried by the future Saint Orione and Padre Rocco? The church dedicated by Cardinal Perosi with his brother directing the choir? The church where Padre Antonio conducted and Padre Gino sang? The church where 1700 singers’ voices once resounded? Seated at the Mascioni organ that morning was Don Serafino Tosatto (1929-2020), who coincidentally was a cousin of Padre Lorenzo Tosatto in East Boston. Don Serafino’s sprightly personality and strong playing belied his 78 years.

The year 2022 will mark the 150th anniversary of the births of both Don Perosi and Saint Orione. And on August 19, 2022, I WILL BE THERE! Seated at the organ!  A dream will come true.


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Foto dal sito web del Santuario (www.madonnadellaguardiatortona.it)
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Foto dal sito web del Santuario (www.madonnadellaguardiatortona.it)
Photo from the Santuario website (www.madonnadellaguardiatortona.it)

lunedì 6 settembre 2021

Spaghetti 'ncastagnati! / Fried spaghetti!

Tutte le foto in questo post appaiono per gentile concessione di Salvatore Candia.
All of the photos in this post appear courtesy of Salvatore Candia.
La domenica è il giorno della nostalgia. Alcune generazioni fa, nella casa italoamericana, la domenica aveva un aspetto “religioso” che non aveva nulla a che fare con la chiesa.

Durante gli anni di Ellis Island, riuscite a immaginare il viaggio dal paesino al porto (p.e. dalle montagne irpine a Napoli, oppure dalla Sicilia centrale a Palermo)? Era già un viaggio pieno di sfide! Poi 13 giorni sull’Atlantico. Poi Ellis Island. Poi, il viaggio verso la destinazione finale, che sia Brooklyn o New Jersey o Pennsylvania o (nel caso degli avi miei) Boston.

Poi arrivarono ... ma dove arrivarono? Terra di strane lingue, grandi pregiudizi e inverni epici.

Ma poi venne la domenica!

Essendo Boston una delle città più puritane degli Stati Uniti, di recente, nel 1980, era tutto chiuso la domenica. Tutto. Pertanto la domenica, dopo la Messa, arrivò il rito che era ritenuto ancora più sacrosanto: il sugo domenicale (una combinazione del ragù napoletano e del sugo con le polpette – un sugo di pomodoro con tutte le carni E ANCHE le polpette!). Due generazioni fa, non si poteva trovare una casa italoamericana dove questo non fosse nel menu di pranzo.

Dopo un banchetto del genere, cosa c’era nel menu di cena?

Come ho detto tante volte in queste pagine, Le più grandi ricette della storia sono state inventate dai contadini che non buttavano via il cibo. La domenica è spesso il giorno in cui io, in preda alla nostalgia, cerco ricette del genere.

Il più grande problema di Facebook è anche la sua più grande risorsa. Facebook è il luogo dove la gente comune ha un pulpito immeritato. Un idiota senza due cellule cerebrali collegate è improvvisamente un esperto di virologia e geopolitica. COMUNQUE, la gente comune può anche raccontarci come cucinavano mamma e nonna e bisnonna! Informazioni inestimabili che non potete trovare nei ricettari fancy! E a differenza del commento politico, il commento gastronomico è affascinante! “Ah sì, mia nonna faceva anche quello. Ma invece di olio usava lo strutto ...”

E così era ieri, domenica, che mi sono imbattuto in questa foto di un signore siciliano di nome Salvatore Candia. In precedenza avrei detto che la più grande ricetta per la pasta avanzata fosse la Frittata di Spaghetti (in Sicilia Pasta a frocia, a Napoli Frittata ’e maccarune, in Irpinia Pastiere). Ma ho un nuovo preferito! In effetti, questa ricetta sostituisce le uova con il pangrattato. Da notare che i siciliani, che erano poveri e mangiavano pochissima carne, erano i maestri dell’utilizzazione del pane raffermo. Se mi chiedeste di scegliere tra il Filet mignon e gli Spaghetti con pangrattato alla siciliana, sapreste quale sceglierò!

Nei commenti al post di Salvatore è nata una vivace discussione su come chiamare questo piatto. “Spaghetti fritti” è stato ritenuto possibile. La “Pasta a frocia” è stata ritenuta scorretta (per la mancanza di uova). E poi ho scoperto una nuova meravigliosa parola siciliana: ’ncastagnata. Deriva dal verbo siciliano ’ncastagnari: far cuocere qualcosa in maniera che l’esterno assume una coloritura quasi bruciacchiata e una consistenza croccante.

Quindi, “Pasta ’ncastagnata” significa pasta che viene fritta fino a formare una crosticina croccante. (L’equivalente napoletana è “Pasta arruscata.”) Nota bene: Questa crosta non si può formare in una padella di acciaio inossidabile. Usate la ghisa!

Di tutti i commenti, quello che mi ha fatto più piacere è stato quel di una donna siciliana, che ha scritto che da bambina li mangiava spesso la domenica sera, aggiungendo: “Ero più impaziente per gli spaghetti fritti della cena che per gli spaghetti freschi del pranzo!”

Sono stata travolta da questa ricetta, che ho fatto ieri a pranzo... e ancora a cena! Ecco come l’ho preparato. Ho preso diverse fette di pane multicereali fresco. (Non usare lo schifoso pane bianco americano.) Nel robot da cucina ho macinato il pane, il pecorino, sale, pepe e uno spicchio d’aglio. Non ho dovuto bagnare il pane nel latte (o nel prosecco) perché era fresco. Tuttavia poiché era asciutto ho aggiunto dell’olio extravergine di oliva. In una ciotola l’ho amalgamato bene con gli spaghetti avanzati che ovviamente erano ricoperti di sugo. Comunque una volta aggiunta alla padella in ghisa (NON inox), non l’ho mescolata più. Ho abbrustolito la parte inferiore sopra il fornello e la parte superiore sotto il grill (come se stessi facendo una frittata).

Come statunitense, ho mangiato delle bistecche spettacolari nella mia vita. Nessuna di loro era deliziosa come questo piatto.

Come potete immaginare, sono stato molto grato a Salvatore per questa ricetta storica. Ero curioso di saperne di più su di lui, soprattutto perché proviene dalla bella e storicamente importante città di Trapani (non lontana da Salemi, da cui proveniva la famiglia di mio nonno materno).

Salvatore è il titolare di una pensione che porta il suo nome, il B&B Candia a Trapani.

LC: Raccontaci un po’ della tua famiglia.

SC: Mio nonno paterno emigrò in America primi novecento. Quando tornò a Trapani aprì una taverna che chiamavano la Taverna di Boss, perché lui era stato in America.

LC: Dove sei nato e come ti sei interessato alla cucina?

SC: Nato a Trapani ho avuto 16 negozi di abbigliamento dai 16 anni ai 50. Da sette anni mi dedico alla cucina e alla pittura. I quadri del B&B sono miei.

LC: Trapani è così storica e bella! Cosa diresti ai turisti che non ci sono mai stati?

SC: Città a misura d’uomo tranquilla. Con la montagna di Erice sopra le isole Egadi di fianco una campagna meravigliosa e un centro storico stupendo con tanto barocco e liberty nei palazzi e nelle chiese facile da girare a piedi il mare bello sotto casa. È una costa meraviglia da Trapani a San Vito lo Capo. Le saline. Il cibo.

LC: Wow.

SC: E dimentico qualcosa.

LC: Sì?

SC: Si vede che sono innamorato della mia Trapani.

LC: Sì, si vede!


La B&B Residenza Candia si trova in Via G. Errante, 38, 91100 Trapani TP, Italy.
Telefono: +39 0923 549026
Email: s.candia@alice.it
Facebook: https://www.facebook.com/bb-Residenza-Candia-176344129086907
   Sunday is the day of nostalgia. Several generations ago, in the Italian-American home, Sundays had a “religious” aspect that had nothing to do with the church.

During the Ellis Island Years, can you possibly imagine the journey from the small town to the port (e.g. from the Avellinese mountains to Naples, or from central Sicily to Palermo)? That was already a trek! Then 13 days on the Atlantic. Then Ellis Island. Then, the journey to your final destination, be it Brooklyn or New Jersey or Pennsylvania or (in the case of my ancestors) Boston.

Then they arrived ... but where did they arrive? A land of strange languages, great prejudices, and epic winters.

But then came Sunday!

Boston being one of the most puritanical cities in the US, as recently as 1980 everything was closed on Sundays. Everything. So on Sunday, after Mass, came the ritual that was held even more sacrosanct: the Sunday sauce (a combination of the Neapolitan ragù and the sauce with meatballs – a tomato sauce with all of the meats AND meatballs!). Two generations ago, you could not find an Italian-American home where this was not on the menu.

After a feast like that, what was on the menu for dinner?

As I have said many times in these pages: The greatest recipes in history were invented by peasants who would not throw food away. Sunday is often the day that, gripped by nostalgia, I search for such recipes.

Facebook’s biggest problem is its greatest asset. Facebook is the place where the common person has an underserved pulpit. A moron without two connected braincells is suddenly is an expert in virology and geopolitics. HOWEVER, the common person can also tell us how his mother and grandmother and great-grandmother cooked! Priceless information that you cannot find in the fancy cookbooks! And unlike political commentary, gastronomic commentary is fascinating! “Oh yes, my grandmother also made that. But instead of oil she used lard ...”

And so it was yesterday, Sunday, that I stumbled upon this photo by a Sicilian gentleman named Salvatore Candia. Previously I would have said that the greatest recipe for leftover pasta was the Spaghetti Frittata (in Sicily Pasta a Frocia, in Naples Frittata ’e Maccarune, in Avellino Pastiere). But I have a new favorite! In effect, this recipe replaces the eggs with breadcrumbs. Note that the Sicilians, who were poor and ate almost no meat, were the masters of using stale bread. If you give me the choice between Filet mignon and Sicilian-style Spaghetti with bread crumbs, you know which one I will chose!

In the commentary to Salvatore’s post came a lively discussion of what to call this dish. Spaghetti fritti was deemed possible. Pasta a frocia was deemed incorrect (because of the lack of eggs). And then I discovered a wonderful new Sicilian word: ’ncastagnata. It derives from the Sicilian verb ’ncastagnari: to cook something in a way that the outside assumes an almost a charred color and a crispy texture.

Thus, Pasta ’ncastagnata means pasta that is fried to form a crunchy crust. (The Neapolitan equivalent is Pasta arruscata.) Please note: This crust cannot be formed in a stainless steel pan. Use cast iron!

Of all of the comments, the one that gave me the greatest pleasure was by a Sicilian woman, who wrote that she ate this often as a child on Sunday evenings, adding, “I looked forward to the fried leftover spaghetti in the evening more than I looked forward to the fresh spaghetti in the afternoon!”

I was swept away by this recipe, which I made yesterday for lunch ... and again for dinner! Here is how I made it. I took several slices of fresh multigrain bread. (Don’t use lousy American white bread.) In the food processor I ground up the bread, pecorino, salt, pepper, and a garlic clove. I did not have to soak the bread in milk (or prosecco) because it was fresh. However because it was dry I added some extra-virgin olive oil. In a bowl I mixed it well with the leftover spaghetti which obviously were coated with sugo. However once adding it to the cast-iron pan (not stainless steel), I did not mix it further. I browned the bottom on top of the stove, and browned the top under the broiler (as if I were making a frittata).

As an American, I have eaten some spectacular steaks in my lifetime. None of them was as delicious as this dish.

As you can imagine, I was very grateful to Salvatore for this historic recipe. I was curious to know more about him, especially since he comes from the beautiful and historically important city of Trapani (not far from Salemi, where my maternal grandfather’s family was from).

Salvatore is the owner of a pensione that bears his name, the B & B Candia in Trapani.

LC: Tell us a little about your family.

SC: My paternal grandfather emigrated to America in the early twentieth century. When he returned to Trapani he opened a tavern they called
La Taverna di Boss, because he had been in America.

LC: Where were you born and how did you become interested in cooking?

SC: I was born in Trapani. I had 16 clothing stores from ages 16 to 50. For seven years I have been dedicating myself to cooking and painting. The paintings in the B&B are all mine.

LC: Trapani is so historic and beautiful! What would you say to tourists who have never been there?

SC: A quiet city on a human scale. With the mountain of Erice above the Egadi islands alongside a wonderful countryside and a wonderful old town with a lot of Baroque and Art Nouveau in the palaces and churches, it is easy to walk around the beautiful sea below the house. It is a marvelous coast from Trapani to San Vito lo Capo. The salt flats. The food.

LC: Wow.

SC: And I forgot something.

LC: Yes?

SC: You can see that I am in love with my Trapani.

LC: Yes, it shows!

The B&B Residenza Candia is located on Via G. Errante, 38, 91100 Trapani TP, Italy.
Phone: +39 0923 549026
Email: s.candia@alice.it
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